La carriera di Zucchero Sugar Fornaciari – pseudonimo di Adelmo Fornaciari – ha fatto da spartiacque tra la musica italiana: c’è solo un dopo Zucchero ed è impossibile stabilirne un prima. Una carriera caratterizzata dall’umiltà e dell’incertezza di non essere mai abbastanza e che viene celebrata nel film documentario – diretto da Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano – attraverso le sue parole e quelle di colleghi e amici come Bono, Sting, Brian May, Paul Young, Andrea Bocelli, Salmo, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Roberto Baggio, Jack Savoretti, Don Was, Randy Jackson e Corrado Rustici.
Un viaggio dell’anima che, grazie a immagini provenienti dagli archivi privati di Zucchero e dal “World Wild Tour”, il suo ultimo e trionfale tour mondiale, va oltre il ritratto di un musicista di successo arrivando fin dentro i dubbi e le fragilità dell’uomo. Zucchero Sugar Fornaciari sarà al cinema il 23, 24 e 25 distribuito da Adler Entertainment.
Zucchero Sugar Fornaciari, la trama
La vita di Zucchero raccontata nel documentario prende vita in modo non lineare, come se fosse un concertino jazz, di quelli che ascolti per strada. Ti lasci trasportare dal ritmo, anche se ogni strumento suona una melodia diversa dall’altra. Il cantante di Roncocesi ha fatto della musica la sua vita e la stessa musica lo ha salvato, come dice lui “prendendomi per i capelli”. La lotta per uscire dalla depressione, il divorzio e tour mondiali sold-out in tutto il mondo tra capitali europee, Nord America, Stati Uniti e anche l’Oceania.
È proprio un viaggio a 360° nella sua musica, nei suoi ricordi, nelle sue influenze musicali visto non solo con gli occhi di Zucchero stesso ma di tutte le persone che ha toccato. Da Bono, con il quale ha scritto diversi pezzi, ad Andrea Bocelli che afferma come la sua carriera sia iniziata grazie a lui. Una vita dedicata alla musica e con la musica, ed è quello che ha voluto dare del suo World Wild Tour 2022-2023 riuscendo a girare per il mondo espandendo così il suo successo.
La “voce della tribolazione” come la chiama De Gregori, amico che ha collaborato a Diamante – pezzo dedicato alla nonna che portava questo nome. Sì perché Zucchero è cresciuto in mezzo alla fattoria dei nonni e soprattutto con la nonna passava molto tempo. La vanga, le radici e un cappello e ci troviamo nella Roncocesi degli anni ’50, una città che non è una metropoli e vive solo di quello che ha. Ma Roncocesi per un bambino nato in quegli anni ha tutto ciò che si desidera e se quel bambino è il futuro Zucchero Fornaciari l’essenziale è un organo nella chiesa di fronte casa.
Tra l’Emilia e il West
Tra l’Emilia e il West cantava Guccini che usa queste parole per descrivere i viaggi musicali, spirituali e fisici di Zucchero all’interno del film documentario. L’aria di Roncocesi così triste e malinconica lo porteranno in seguito a ricercare questo stesso blues altrove, in America dove si radicata la sua anima capace di mettere insieme l’energia afroamericana e la liricità italiana. Un artista a tutto tondo che cade, e fa fatica ad alzarsi perché come dice Salmo: “Questo è il peso del successo”.
La depressione durata dall’89 al ’95 e che coincide banalmente anche con il periodo di massimo splendore dell’artista che in quegli anni accompagnava Eric Clapton ai concerti. Zucchero racconta dei suoi attacchi di panico e della sua vita nella sua Lunisiana Soul, il luogo che lo ha salvato. Un’oasi in mezzo al nulla, nella cornice naturalistica della Toscana incontaminata. Lì si trova Zucchero Sugar Fornaciari e se tendete l’orecchio al vostro passaggio potrete sentire una chitarra strimpellata.