Festa di Roma 2015: Angry Indian Goddesses recensione del film di Pan Nalin

Sorprendere. Divertire. Scuotere. Tre cose che raramente riescono a trovare un giusto equilibrio in un unico film. Pan Nalin, con l’opera presentata alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma, ci riesce.

 

Con il pretesto delle sue prossime nozze, Frieda (Sarah-Jane Dias) invita le amiche al suo addio al nubilato che si protrarrà per giorni, tra divertimento, struggimento, passione, incertezze e solidarietà. Una festa di emozioni che si avvierà verso un finale tragico, che punta il riflettore sulla fatica di far trionfare la giustizia, in un mondo in cui la tradizione non riesce a cedere il passo alla modernità.

Angry Indian GoddessesAngry Indian Goddesses è, per linguaggio, forse il film più sorprendente tra quelli visti finora nell’ambito della festa. Dall’inizio scoppiettante, in cui si ironizza sul cinema di Bollywood utilizzando uno stile fumettistico, si passa al registro di commedia brillante per acquistare, gradualmente, un tono più serio, che si risolve nel tragico.

Un mutare continuo di tono che non disturba, anzi ci coinvolge sempre più, di minuto in minuto. Sono tanti i temi importanti toccati dalla pellicola: dalla discriminazione della donna sull’ambiente di lavoro, alla lotta eterna per vedere l’avverarsi dei propri sogni, alla libertà di vivere la propria sessualità, alla difficoltà di conciliare la cura della famiglia con la carriera. Temi universali che diventano più forti se inseriti nel contesto indiano, in cui spesso le donne sono colpevolizzate anche quando si abusa di loro. Incriminate per la loro bellezza, per la loro sensualità, per la libertà dell’individuo che a loro viene spesso negata in nome di una certa decenza le cui regole risiedono in una tradizione superata, che non ha più alcun valore per la generazione di queste donne. Grintose, forti, libere dal senso di colpa che, involontariamente, spesso si insidia nella mente di chi ha ricevuto una certa educazione ricevuta o vissuto nell’esempio dato dalla società civile, le donne di Nalin non si abbandonano mai al vittimismo.

Il merito maggiore del film risiede forse proprio in questo: non c’è un momento in cui si provi compassione per le protagoniste, perché l’ultima cosa che queste “Dee furiose” farebbero, è compiangersi e rinnegare la loro dignità di donne. Così viene voglia di alzare la testa insieme a loro, di testimoniare con il proprio corpo che la violenza è solo violenza e la libertà l’espressione è un diritto inalienabile dell’essere umano.

Elettrizzante e toccante, il film trova risoluzione in un finale che lascia scossi nel profondo. In un clima leggero e festoso, si abbatte improvvisamente la tragedia, inaspettata proprio perché ci sembra che nessuno possa arrestare questa forza della natura che è la vitalità delle nostre Dee. Lo stomaco si stringe, la voglia di giustizia si fa più violenta. Un film imperdibile.

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