Nella giornata più social della Festa di Roma arriva sul red carpet dell’Auditorium Game Therapy, l’esperimento cinematografico realizzato con alcuni degli Youtubers italiani più amati e seguiti della rete. Diretto da Ryan Travis, il film segue le vicende di Francesco e Giovanni, due ragazzi con un rapporto molto complicato con la realtà. Più che complicato però, la loro relazione con il mondo che li circonda è per lo più nulla, dal momento che i due applicano tutto il loro notevole ingegno nei video game, l’unica cosa che li coinvolge e li interessa. Il mondo reale per loro non ha nessun appeal e presto, Francesco, il più radicale trai due, trova un modo per rendere i suoi pomeriggi di gioco più che reali. Comincia così per i due un viaggio surreale in una modalità di gioco immersiva, alla Matrix, dove la coscienza del giocatore sente e vive tutte le emozioni e le avventure del suo avatar.
Un esperimento che si
pone in una via di mezzo tra Matrix,
Tron, un pizzico di
Trascendence e tanto romanticismo
spicciolo e colorito sono i principali ingredienti che lavorano
alla base di una storia banale, scontata, potremo osare offensiva
nei confronti dei tanti autori che non riescono a trovare lo spazio
e i soldi che il cinema necessita.
Fotografato da Mike Ozier e con il commento musicale di Pivio e Aldo De Scalzi che consegnano alla pellicola i suoi due pregi più grandi, Game Therapy si perde nei meandri del citazionismo più sfacciato, basandosi su una sceneggiatura scritta a troppe mani che scivola su ogni luogo comune che poteva evitare, parlando di tutto e contemporaneamente di niente, senza approfondire nessun tema in particolare, mettendo in gioco, in un momento sociale e culturale davvero sterile, la questione della vita reale contro la vita virtuale senza prendere una posizione ma giocando a nascondino. Soprattutto prendendosi eccessivamente sul serio.
Lontano dagli intenti didattici, il film vuole essere un passatempo, a nulla può l’entusiasmo dei giovani protagonisti che sono senza dubbio in gamba nel loro settore, Youtube, ma che non sono né attori né sceneggiatori, né possono sostenere, almeno per il momento (chissà in futuro) un film completamente sulle loro spalle.
Saranno invece contenti i fan, i follower, come si chiamano ora, coloro che seguono questi giovani pieni di voglia di fare, ma la magia del cinema non c’è, e nemmeno quella dei videogiochi. C’è la voglia di autoreferenzialità, il protagonismo, la stessa mania da social, comunissima oggi trai giovani, che fa avere loro successo in rete.
Ma non c’è cinema, quello è un’altra cosa.