Presentato all’ultimo Festival di Venezia nella sezione Giornate degli Autori, arriva al cinema il 29 settembre Indivisibili, l’ultimo film di Edoardo De Angelis.

 

Fermatevi un attimo a pensare alla vostra vita, alle libertà, all’autonomia che pian piano, crescendo, avete conquistato. Riaprendo gli occhi voltatevi poi lentamente e immaginate di avere un’altra persona “attaccata” al vostro corpo, un gemello siamese costretto a condividere ogni cosa, nel bene e nel male. Tutto ciò che vi rende liberi lo perdete di colpo e siete costretti a rivedere priorità e obiettivi; sarà difficile (se non impossibile) amare, ballare, correre, saltare, persino camminare se non lo si fa all’unisono con l’altra metà di noi stessi. Daisy e Viola sono insieme dalla nascita, unite all’altezza del bacino da un lembo di pelle e capillari, e lo sono in una terra dimenticata da Dio e i Santi, Castelvolturno. In questo luogo simbolico, che nelle immagini chirurgiche ed estetiche di Edoardo De Angelis appare devastato e distrutto (contrasto di luci e ombre, di vita e disperazione), la scienza somiglia a un’utopia, la superstizione a un segno divino. Mai nessuno si è adoperato per cercare di donare una vita normale “a ‘ste ddoje criature”, al contrario la loro situazione e il loro talento vengono sfruttati per lucrare (e ingozzare le slot machine nei bar).

Indivisibili a Roma: Edoardo De Angelis racconta i suoi gemelli siamesi

Perché nulla su questa terra martoriata vuole davvero cambiare, ci si è abituati allo sporco, alla fogna, e nella fogna si vuole restare. Soltanto Daisy e la gemella Viola in un momento ben preciso, quando capiscono che il cambiamento non è così lontano, prendono la vita a quattro mani e tentano di sovvertire “tutt’ cos’ “. Nei loro occhi di strada, così “antichi” da ricordare il neorealismo italiano, nella loro voce d’usignolo, vi è l’urlo strozzato e disperato della gente che tutti i giorni si ribella, sogna una resurrezione del corpo e dell’anima, e che non sempre è forte abbastanza da sopravvivere.

Indivisibili

Indivisibili è proprio questo, un ritratto d’autore che implora aiuto, che va alla ricerca della bellezza, della speranza e del talento nelle pieghe più remote dello sporco, del nero più nero. Una regia e una scrittura così profonde, studiate, ma allo stesso tempo ruvide e graffianti, non si vedevano – almeno nel panorama italiano – da tanto tempo. Ogni elemento è incastrato a dovere, ogni scena rappresenta un determinato simbolo e ha uno specifico significato. Anche quando il racconto si fa più fantasioso, surreale, e invoca l’aiuto del cielo, non perde mai la rotta, non abbassa mai le vele. Questo anche grazie agli ottimi interpreti (Marianna e Angela Fontana, Antonia Truppo, Massimiliano Rossi, Toni Laudadio), strappati con forza alla terra e al sangue, e alla colonna sonora da pelle d’oca di Enzo Avitabile: bussa sulle botti di vino, scomoda la tradizione più solenne, accompagna con la poesia l’altra poesia delle immagini.

Dopo Indivisibili, si esce dalla sala con lo stomaco e l’anima sottosopra, convinti che un cambiamento radicale sia possibile. C’è da soffrire, da farsi male, da collezionare cicatrici, ma è possibile.

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