Prendete il senso di gioiosa violenza di una graphic novel, aggiungete sequenze action da far invidia a John McClane e abilità da assassino da far impallidire Bryan Mills, spolverate il tutto con una buona dose di ironia e un’abbondante manciata di classe inglese, ed ecco a voi la ricetta, vincente su tutta la linea, di Kingsman: Secret Service.
Il nuovo film diretto da Matthew Vaughn si ispira all’omonima graphic novel e risente in ogni momento della sua origine da fumetto, ricordando moltissimo per ritmi e qualità della violenza il precedente adattamento del regista, Kick Ass. In questo caso Vaughn si sposta dalle strade degli Stati Uniti e va a ficcare il naso a Londra, muovendosi con agilità tra i quartieri poveri della città e la celebre sartoria Kingsman, dove per secoli i più potenti e ricchi lord del Regno Unito hanno acquistato i loro abiti su misura.
Protagonista della storia è Colin Firth, in un’inedita ed efficacissima versione super spia. Il suo compito è quello di reclutare un nuovo giovane membro del Secret Service, e le sue speranze sono riposte in Eggsy, scapestrato ragazzaccio con un grande potenziale.
Il regista conferma la sua grandissima abilità nello gestire ritmi, ironia e scene d’azione, anche complesse, con grande intelligenza; conduce per tutta la prima parte del film un racconto coinvolgente, con momenti eccellenti da un punto di vista dell’azione e della capacità di muovere la macchina da presa nel mezzo di mischie tra delinquenti, spie e letali guerrieri assoldati dai ‘cattivi’, per poi esplodere in un’ultima parte di racconto governata dalla più felice anarchia, facendo letteralmente esplodere la testa dello spettatore abbagliato e frastornato dall’assurdità e dalla bellezza delle scene che si susseguono sullo schermo.

Crogiolandosi tra tantissime citazioni che spaziano da James Bond a Stanley Kubrick, Kingsman: Secret Service intrattiene con grande intelligenza e testimonia il talento di Matthew Vaughn nel condurre un racconto che possa essere divertente ed emozionante, senza scadere nella demenzialità da cinefumetto cui siamo fin troppo abituati. A fine visione ne vorrete ancora.


