Mister Morgan: recensione del film con Michael Caine

Mister Morgan

Mister Morgan è un film da vedere innanzitutto per la splendida interpretazione di Michael Caine, su cui giustamente il film punta da subito. L’attore riesce a far vivere allo spettatore il dramma e la gioia di un uomo in bilico,  con misura ma al tempo stesso con grande intensità.

 

In Mister Morgan Matthew Morgan (Michael Caine) è un anziano vedovo americano a Parigi. Lì, senza sua moglie non sa più cosa fare della vita. Tutto cambia quando Matt incontra sull’autobus la giovane Pauline (Clémence Poésy). Apparentemente opposti: una vitale, attiva, generosa; l’altro taciturno, a tratti scontroso. Accomunati da una mancanza, da un vuoto da colmare. Inizia così un rapporto di profondo affetto che li porterà a ripensare le loro vite e cambiarle, coinvolgendo in questo processo anche altri componenti della famiglia di Matthew.

Lodevole l’estrema cura e delicatezza con cui si trattano i temi della vecchiaia, della morte, del lutto, della perdita della persona amata, del senso d’incompletezza e inutilità che questa lascia, dell’autodeterminazione. E il modo in cui la regista Sandra Nettelbeck (anche sceneggiatrice) sa acutamente esplorare quel delicato meccanismo grazie al quale una persona inaridita dalla solitudine può riuscire a farsi ancora sorprendere dalla vita e aver voglia di cambiare. Percorso che passa attraverso incontri significativi  e casi del destino. Qui lo fa adattando il romanzo di Françoise Dorner La douceur assassine, ma aveva mostrato quest’abilità anche in altri lavori come Ricette d’amore.

L’incedere del film (una coproduzione tedesco-belga) è lento e riflessivo, in accordo con i temi trattati e con la necessità di scavo psicologico. Una Parigi insolita, dolente e romantica, è l’ambientazione adatta. Altro punto di forza è la compresenza di dramma e commedia, in un’alternanza che stempera la gravità dei temi. Spiace però che in una costruzione che poteva essere perfetta, ci sia qualche crepa, che qualcosa sfugga al controllo: che la storia per certi versi così ben sviluppata, specie col personaggio principale, non venga ben controllata coi personaggi secondari: Pauline, su cui si vorrebbe sapere di più, Miles (Justin Kirk), figlio di Matthew, e la svolta narrativa che li riguarda presentano delle lacune. La loro storia (l’ulteriore incontro tra due solitudini che si sostengono e compensano) riecheggia in parte ciò che è già accaduto col protagonista.

I dialoghi, capaci di sorprendere nelle parti più ironiche, e con alcuni momenti di grande efficacia anche in quelle drammatiche, altrove sono più prevedibili, seppure mai sciatti. Un po’ come accade per un finale in bilico tra dramma e romanticismo. Sono questi elementi che fanno di Mister Morgan senza dubbio un buon film, ma non il folgorante capolavoro che avrebbe potuto essere.

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