Nymphomaniac Vol I: recensione del film di Lars Von Trier

Nymphomaniac Vol. 1

Nel film Nymphomaniac Vol I n una fredda sera d’inverno un signore affascinante e scapolo, Seligman (Stellan Skarsgård), trova Joe (Charlotte Gainsbourg) in un vicolo. La donna è stata chiaramente vittima di un’aggressione. La porta a casa dove cura le sue ferite e le chiede di raccontagli la sua storia. La storia di una ninfomane.

 

Nymphomaniac Vol I, versione censurata e tagliata dallo stesso Lars Von Trier, mostra cinque degli otto capitoli di cui è composto il progetto del film al completo, e si articola su due linee temporali. Quella presente, in cui avviene l’incontro tra Joe e Seligman, e quella del ricordo, in cui avviene l’analisi. Nelle loro conversazioni si privilegia soprattutto lo spirito punitivo di Joe, ancorata più all’idea di sé, con l’intento di stupire e farsi giudicare anche per il modo in cui vengono riportati i fatti, mentre la controparte, Seligman, risulterà passiva, ponderante e meditabonda in maniera irrealistica, e proporrà il gioco di associazioni di cui il film fa la sua struttura portante, spaziando soprattutto tra i trattati di Freud – in evidenza L’Io e L’Es – ma anche basandosi su studi del comportamento animale, parallelismi con la polifonia di Bach e la sequenza di Fibonacci.

Questo contraddittorio sul tema arriva allo spettatore, ma le numerose metafore e il riconoscibilissimo stile di regia di Von Trier declinano il tutto in un contrasto netto, in cui si distinguono i repentini cambi di registro, dall’ilarità al dramma, non consentendo così le sfumature che un tema come la ninfomania richiederebbe. Una dualità che il perfetto montaggio di Molly Malane Stensgaard convalida ed evidenzia nei due minuti di nero iniziale attraverso il rumore e il suono, mai così in contrapposizione in un film del regista danese, che marca il solo punto di contatto tra queste due persone, la solitudine.

In questa prima parte emerge la giovane Joe, interpretata da Stacy Martin, una ragazza che considera questa liberazione sessuale come una violazione degli stereotipi sociali dettati dalla famiglia. Molto importante anche il personaggio di un inedito Shia LaBeouf, vero filo conduttore dell’adolescenza della ninfomane fino al passaggio all’età adulta. Ma l’esibizione più drammatica, che è risultata anche la più ironica, è da attribuire ad Uma Thurman.

Nymphomaniac Vol I rispecchia completamente lo stile estetico di Von Trier, ancora un po’ affezionato alle sue origini, in cui emerge una buona storia, ma in cui il senso di inadeguatezza è evidente, nel momento in cui mette in secondo piano la provocazione e lo scandalo così tanto inneggiato. Il film però non riesce comunque a immergerci nella continuità visiva, lasciando che la storia sia troppo logica e poco dedita al coinvolgimento emotivo.

- Pubblicità -