Posh: recensione del film con Sam Claflin e Douglas Booth

Posh recensione film

Basato sulla fortunata opera teatrale scritta e portata in scena da Laura Wade nel 2010, Posh si presenta come un trattato mirabilmente preciso e graffiante sul tema del fascino esercitato dal potere e dall’aspirazione sociale, parabola ascendente a cui si può giungere attraverso l’affiliazione cameratesca tanto comune negli ambienti scolastici dei dining-club anglosassoni e fondata sui miti delle congreghe esoteriche e segrete di fine XVII secolo. Pur facendo i conti con un latente e ben visibile sostrato teatrale che si palesa soprattutto nella parte centrale della lunga scena simbolica del banchetto, il film riesce ad uscire intelligentemente dalle briglie della finzione da palcoscenico e adattarsi ad una narrazione frizzante e dinamica tipicamente cinematografica, grazie anche alla sceneggiatura serrata e ritmica adattata dalla stessa autrice.

 

Posh, la trama

In Posh dieci giovani studenti di Oxford provieniti da differenti estrazioni sociali, ma col comune obbiettivo di raggiungere fama e notorietà, vengono ammessi al prestigioso Riot Club, congrega segreta fondata nel 1776 dedita ai piaceri e al libertinaggio e che ha visto nelle sue fila future personalità del mondo della politica e della finanza. In occasione di una cena inaugurale durante la quale il gruppo si lascia andare a divertimenti sfrenati, i ragazzi si rendono responsabili di un evento terribile che rischia di compromettere le loro carriere e le loro vite. Due sono le possibilità: trovare un capro espiatorio oppure tenere segreto l’accaduto.

Posh recensione

Alla guida della pellicola troviamo Lone Scherfig di An Education, la quale riesce a rendere alla perfezione il ritratto di una giovane aspirante classe dirigente che trova nei rituali iniziatici un motivo di divertimento ma anche di abbandono delle proprie inibizioni, che si auto-conduce verso una colpa di gruppo che diviene simbolo di un male gratuito, un male fatto solo per noia. Il ritmo del film segue l’evoluzione psicologica dei personaggi senza mai cadere in fallo e stregando con il solo potere delle parole, di cui il lungo dialogo del banchetto risulta un perfetto esempio, una lezione di cinema fatto di parole più che di azioni. La narrazione si suddivide in tre sezioni distinte: l’iniziazione al club, una sequenza dalle tinte grottesche in cui i ragazzi paiono i protagonisti-fantoccio di una sit-com da teenager; la cena, in cui i giovani subiscono una rapida inversione degna di Funny Games e dei drughi di Arancia meccanica; il day-after dove le conseguenze conducono ad un epilogo tragico e fosco non privo di un’aberrante morale.

Posh recensione

Una regia misurata e puntuale, resa perfetta anche grazie alla fotografia ricercata di Sebastian Blenkov e ad un cast di giovani stelle già note al grande pubblico, tra cui si notano Max Irons, Douglas Booth, Hollyday Granger e Sam Claflin. Questi giovani sono disposti a tutto pur di raggiungere i loro obbiettivi. Sono disposti a tutto per entrare nel club.

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RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Cinefilos.it
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Matteo Vergani
Laureato in Linguaggi dei Media all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, studiato regia a indirizzo horror e fantasy presso l'Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma. Appassionato del cinema di genere e delle forme sperimentali, sviluppa un grande interesse per le pratiche di restauro audiovisivo, per il cinema muto e le correnti surrealiste, oltre che per la storia del cinema, della radio e della televisione.
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