Sole Cuore Amore: recensione del film di Daniele Vicari

Sole cuore amore

Daniele Vicari sostiene di aver voluto realizzare “un film semplice, come il verso della canzone da cui è tratto il titolo, come semplici sono le esistenze di cui racconta la storia. La vita quotidiana di milioni di persone che non hanno una vita assicurata dall’appartenenza sociale è invece molto difficile.”

 

Sole cuore amore: prime foto dal film

Lo fa con un bel piglio registico, soprattutto con un sapiente uso della camera a mano, e riesce a seguire bene le vite delle due protagoniste, aiutato sicuramente dalla loro buona interpretazione. Isabella Ragonese ed Eva Grieco si muovono bene con i caratteri dei loro personaggi, apparendo naturali e spigliate e quindi credibili. Anche Francesco montanari, nel ruolo del marito di Eli, offre una buona prova. Cosa che purtroppo non sempre avviene per i tanti personaggi di contorno, spesso ridotti a meri caratteri di servizio, quando non cadono inesorabilmente nel solito macchiettismo tipico di tanto cinema italiano. Forse è proprio la troppa “semplicità” a portare il film in quel limbo del già visto, o peggio, del televisivo.

In Sole Cuore Amore Eli e Vale sono amiche da tanto tempo, vivono nello stesso palazzo sul desolato litorale romano. Hanno fatto scelte di vita completamente diverse. Eli è trentenne, ha un marito disoccupato e quattro figli. Ogni giorno impiega due ore per andare a lavorare in un bar, dove è sfruttata ed è costretta a tollerare condizioni inumane. Non ha comunque scelta, è l’unico modo per riuscire a sostenere la sua famiglia. Lei però ha un carattere solare, il contatto con gli altri le piace ed è sempre carica di un ottimismo inaspettato. Vale invece, sua coetanea, è una danzatrice, vorrebbe fare danza come espressione, ma è costretta ad esibirsi in discoteche e night club.  A volte Vale aiuta Eli durante il giorno, accudendo i bambini e aiutandoli a studiare. Ma l’ottimismo e il buonumore non bastano da soli a far  fronte all’immane fatica e ai tanti problemi che ogni giorni si presentano, cominciando oltretutto a minare la salute di Eli.

Sono storie e difficoltà di gente comune e quindi proprio per questo Sole Cuore Amore potrebbe attecchire su quel pubblico perennemente in cerca di vicende difficili, dolorose, lacrimevoli, che nel buio di una sala gli facciano pensare “Beh, meno male, c’è chi sta peggio di me”.

È strano pensare che Sole Cuore Amore sia di quella stessa mano ispirata e coraggiosa che ha diretto Diaz, soprattutto quando il folgorante testo della canzone di Valeria Rossi arriva ( ce lo aspettavamo con timore fin dal titolo)e viene canticchiato biecamente da due ragazzini nel bar in cui la protagonista è strizzata come un limone.

Uno sguardo più personale, scelte più coraggiose e una rottura di schemi ormai imposti e obsoleti avrebbero certamente reso il film assai più interessante e avrebbe spronato lo spettatore a riflettere sulle problematiche importanti che sono alla base della storia e nelle intenzioni del regista.

Manca palesemente un’esigenza espressiva e narrativa che avrebbe fatto la differenza, e tale mancanza relega il film nel mero mestiere.

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