Le Week-end: recensione del film con Jim Broadbent

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Roger Michell, regista di Le Week-end, è un esperto di commedie romantiche: è infatti dietro la macchina da presa anche in Notting Hill, la commedia romantica anni ’90 con protagonisti Hugh Grant e Julia Roberts. In quel caso, la storia ruotava attorno alla favola di Cenerentola al maschile; il bel Hugh, libraio dell’elegante quartiere di Londra si innamora, e fa innamorare, una grande star del cinema americano, con l’arma più semplice: essere se stesso.

 

In Le Week-end Meg e Nick sono una coppia inglese, per il loro trentesimo anniversario di matrimonio decidono di attraversare La Manica e passare un week-end nella città dell’amore: Parigi, per fare un salto nel passato della loro giovinezza, che sia di auspicio per il futuro.

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Nella storia di Meg e Nick invece la situazione è ben diversa: la coppia è solida, forse un po’ stanca, ne ha passate molte, tra cui il ’68 di cui, nel corso del film, finisce per rinnovare i fasti di anarchia e libertà, ma è arrivata ad un punto di svolta: i figli (finalmente) se ne sono andati di casa, e ora inizia la seconda fase della loro vita.

Le Week-end

Tutti e due hanno appena vissuto un cambiamento di carriera, e il viaggio, inizialmente una scusa per ricordare i bei tempi andati, si trasformerà in un tentativo di rottura dei canoni di alcuni stereotipi sull’amore, soprattutto quello da una certa età in poi, e quello del comportamento maturo. I due infatti non sembrano voler rinunciare alla vita così come se la ricordano, e ne ripercorrono alcuni episodi e alcune scene iconiche che, si intuisce, ha segnato la loro giovinezza, come il balletto di Band à part, film di Jean-Luc Godard che ispirò anche Quentin Tarantino.

Molto del peso del film è sulle spalle, solide, di Jim Broadbent, il contraltare maschile di Judy Dench, imponente attore inglese multifacce, che riesce ad essere un uomo passionale, fragile, deciso e innamorato e farci immedesimare perfettamente nei sentimenti del suo Nick, nella sua voglia di stabilità degli affetti, che Meg (Lindsay Duncan) sottovaluta un po’.

A completare il terzetto si unisce anche Jeff Goldblum, che quest’anno è ritornato in grande forma sugli schermi con questo film e l’ultima fatica di Wes Anderson, Grand Budapest Hotel. Questo film probabilmente segue il successo del film di Anderson, e sfrutta l’immagine meravigliosa, inequivocabile, di Parigi, a cui sono dedicate molte sequenze panoramiche che ne rivelano l’assoluto fascino, e l’aria di una commedia sofisticata, che a tratti ricorda Woody Allen degli anni ’70, ma senza il suo cinismo.

Alice Vivona
Alice Vivona
Laureata in filmologia all'universitá Roma Tre con una tesi sul cinema afroamericano. Si guadagna il pane facendo la video editor, ma ama scrivere dei film che vede, anche su superficialia.tumblr.com Scrive per cinefilos da Settembre 2010

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