Tár, recensione del film con Cate Blanchett

La recensione di Tàr, per la regia di Todd Field e con Cate Blanchett protagonista, presentato in concorso a Venezia 79.

TÁR

Musica, Maestro. Le mani di Lydia Tàr si preparano a orchestrare una storia sospesa tra il reale e l’immaginifico fin dal principio di Tár. Dopo anni di assenza, Todd Field affida a Cate Blanchett e al suo Tár, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, il compito di imbastire una partitura musicale in cui si confonderanno i fatti con le insinuazioni, la seduzione e l’oltraggio, e che renderà chiaro che neanche la precisione di un metronomo può scandire perfettamente il tempo di esistenze incerte. Il cast di Tàr comprende anche Noémie Merlant, Nina Hoss, Sophie Kauer, Julian Glover, Allan Corduner e Mark Strong. Tár sarà distribuito negli Stati Uniti il 7 ottobre 2022 da Focus Features.

 

Lydia Tàr: femminilità musicale

Lydia Tár ha fatto di tutto: rinomata e stimata direttrice d’orchestra e compositrice nel mondo internazionale della musica classica, si presenta come una figura femminile impavida, che protegge il valore dell’ascolto e del sapere che ha faticato a guadagnarsi in gioventù e si trova a rimproverare i giovani per la poca curiosità che dimostrano nel sondare in profondità la materia musicale. Integerrima, esigente, estremamente seducente nella gestualità e grazie al lavoro – fuori dalla scena – del reparto costumi, Lydia è la prima direttrice di un’orchestra a tutti gli effetti, che non figura semplicemente come ospite. Lydia è anche una donna amica delle donne. Ha una collaboratrice fidata, Francesca (Merlant) una compagna con cui condivide anche una figlia (Hoss) e ha fondato un programma di borse di studio per giovani ragazze che studiano in conservatorio.

Lydia Tár deve concludere e registrare la sinfonia che porterà la sua formidabile carriera a nuove vette. La ricerca della melodia perfetta, con i primi accordi e le prime intuizioni che rincorrono Lydia nei modi più disparati durante le giornate, è però ostacolata dall’unico suono persistente nel corso del film: il toc-toc che risuona sulle porte di diverse case berlinesi – non vi diremo quali Lydia abita effettivamente – ma sono tante e diversificate. Il tempo – che Lydia non sa occupare, ma delega, lascia gestire ad altri – è scandito dalle porte che la nostra protagonista decide di aprire o tenere chiuse: sono porte su esistenze femminili, porte che aprono ai fantasmi del passato, a variazioni sul tema della femminilità e con cui Lydia non ha fatto i conti del tutto.

Un’orchestra di prospettive controverse

Una Cate Blanchett in stato di grazia prende a carico con Tár un ruolo per certi versi pionieristico nel “cinema del #metoo”, in cui le caratteristiche del villain cozzano con le responsabilità e l’importanza culturale di un’eroina tanto inquietante quanto coinvolgente. Il punto di vista di Lydia è fermo, rigoroso tanto quanto la sua impostazione professionale, ma inizia a vacillare quando deve scontrarsi con l’Altro, una variabile narrativa che assume molteplici forme: un’esibizione importante, le conseguenze di un rapporto bruscamente interrotto, le prospettive che vengono scritte e cancellate sul pentagramma in un battibaleno.

Per Lydia, la fama e il successo sono assiomi inviolabili, parte fondamentale del suo hic et nunc, che ne sanciscono le velleità autoriali. Ma Lydia non sa che oggi sei icona, domani potresti diventare lo zimbello di Twitter. Le sinfonie classiche che ne incorniciano il ritratto sono vestigia di un passato di tradizioni illustri e frutto di sacrifici e talenti, ascrivibili alla scena musicale europea, totalmente avulse dal sistema di comunicazione social, in cui qualsiasi contenuto può venire modificato prima di essere divulgato, scardinando le prospettive e manipolando la verità dei fatti. Lydia abita luoghi fisici, non virtuali. Conosce il movimento della musica, ma non quello degli utenti social. Ma Lydia è Tár, icona inconoscibile e dalla bussola morale incorrotta e, come tale, deve mantenerne la reputazione. Non c’é tempo per ripensare agli errori del passato, rifuggire dal presente o cercare una soluzione a qualcosa che ormai si reputa irrecuperabile. L’icona va avanti, vive tra e negli strumenti, estensione di un corpo che, realmente, nasconde molte pieghe.

Nell’epoca dell’informazione liquida, il personaggio regredisce a persona, se viene a galla qualcosa che era stato – consapevolmente o meno – nascosto. Cosa rimane di Lydia, se Tàr non c’é più? Qual è l’orchestra di cui ci vogliamo circondare e quali sono gli strumenti che abbiamo deciso di respingere? La risposta di Lydia Tàr vi confonderà, ma Cate Blanchett vi incanterà.

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