Robin Hood: la spiegazione del finale del film

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Il Robin Hood (qui la recensione) del 2010 si inserisce nella lunga tradizione cinematografica dedicata al celebre fuorilegge di Sherwood, rielaborando le vicende del personaggio con un approccio più realistico e storico rispetto alle versioni classiche. Ridley Scott sceglie di concentrarsi sulle origini di Robin, esplorando il contesto sociale e politico dell’Inghilterra del XIII secolo, e mostrando come un uomo comune possa trasformarsi in leggenda. Il film privilegia così toni più gravi e drammatici rispetto alle avventure più spensierate e romanzate delle precedenti trasposizioni, restituendo un eroe complesso e moralmente consapevole.

Per Scott, Robin Hood rappresenta un’ulteriore incursione nel cinema epico e storico, seguendo le tracce di opere come Il Gladiatore e Le crociate. Russell Crowe, già protagonista del successo di Il Gladiatore, torna a interpretare un eroe fisico e carismatico, ma con sfumature più politiche e strategiche. L’attore e il regista lavorano insieme per rendere Robin Hood un personaggio più umano, mostrando non solo le abilità di combattimento, ma anche l’intelligenza e il senso di giustizia che lo contraddistinguono, elementi che consolidano il film all’interno delle rispettive carriere cinematografiche.

Il film introduce inoltre diverse novità rispetto alle versioni precedenti, come un’attenzione particolare alla formazione del mito di Robin Hood, alle origini del suo legame con Little John e ai moti sociali che lo spingono a combattere contro le ingiustizie. Temi come l’oppressione dei poveri, la corruzione del potere e la nascita di una coscienza politica sono al centro della narrazione, offrendo una prospettiva più adulta e realistica della leggenda. Nel resto dell’articolo si fornirà una spiegazione dettagliata del finale, evidenziando come Scott chiuda l’arco narrativo del personaggio e dei conflitti principali.

Robin Hood film

La trama di Robin Hood

La vicenda si svolge nel XII Secolo, quando l’Inghilterra ha invaso la Francia, per riacquistare i territori dell’Aquitania e della Normandia che gli appartengono di diritto. In questo contesto il nobile Robin Longstride desidera ardentemente tornare in patria e riconsegnare alle autorità la corona del re inglese Riccardo Cuor di Leone, valorosamente morto in battaglia. Insieme ai suoi fedeli compari Allan A’Dayle, Little John e Will Scarlet torna dunque a casa solo per vedere incoronato come nuovo re il principe Giovanni. Il nuovo sovrano, consigliato dal doppiogiochista Sir. Godfrey, si dimostra da subito tutto il contrario del precedente re.

Avido e spietato, egli getta il popolo nel più completo sbando, al limite di una guerra civile. Deciso a fare qualcosa per cambiare quella situazione, Robin si unisce ad un gruppo di ladri guidati dalla risoluta Lady Marion e da Fra Tuck. Il gruppo, che vive in gran segreto nella foresta di Sherwood, aspira a rubare ai ricchi per dare ai poveri. Con loro, Robin escogiterà un piano per destituire Giovanni come re e riportare la tranquillità a Notthingham. Il pericolo è però dietro l’angolo e fidarsi diventerà sempre più difficile in un contesto dove ognuno sembra prima di tutto pensare al proprio bene.

La spiegazione del finale di Robin Hood

Nel terzo atto di Robin Hood la tensione narrativa raggiunge il culmine con la minaccia francese e la scalata al potere di Godfrey, il traditore alleato di Re Filippo. Robin Longstride, ormai leader dei suoi compagni, guida una coalizione di baroni del Nord per opporsi all’invasione e proteggere il popolo inglese. Durante il percorso, Robin continua a impersonare Sir Robert Loxley, onorando la promessa fatta al morente cavaliere. La sua astuzia strategica e la capacità di unire uomini divisi dal conflitto politico diventano decisive, culminando in una serie di battaglie in cui l’onore e la giustizia prevalgono temporaneamente sulla corruzione e sull’inganno.

La battaglia decisiva si svolge sulla spiaggia sotto le scogliere di Dover, dove l’esercito inglese guidato da Robin affronta le truppe francesi. Nel frattempo, Robin duella con Godfrey, che tenta di uccidere Lady Marian e seminare il caos. Con abilità e precisione, Robin elimina il traditore con una freccia a distanza, interrompendo la minaccia e fermando l’invasione. Tuttavia, la vittoria sul campo non coincide con la pace politica: Re Giovanni, pur avendo inizialmente acconsentito al charter dei diritti, si rifiuta di rispettarlo e dichiara Robin fuorilegge, spingendo il protagonista e i suoi compagni a ritirarsi nella foresta di Sherwood.

Robin Hood cast

Il finale rappresenta una chiusura simbolica ma aperta, con Robin che diventa il leggendario fuorilegge di Sherwood. La narrazione mostra la nascita di una forma primordiale di resistenza popolare, in cui i diritti dei più deboli e l’equità sociale si affermano al di fuori del sistema politico corrotto. La fuga nella foresta segna non solo la sopravvivenza del protagonista, ma anche la continuazione della sua missione: proteggere gli innocenti e combattere le ingiustizie. Questo epilogo evidenzia la tensione tra legge e giustizia, tra autorità costituita e morale personale, tema centrale del film.

Il significato del finale si riflette così nella costruzione del mito di Robin Hood come simbolo di resistenza e giustizia sociale. La sua abilità strategica, la leadership e il coraggio morale culminano nel confronto con Godfrey e nell’arresto temporaneo della minaccia francese. La narrazione sottolinea come l’eroismo non si limiti al valore sul campo di battaglia, ma includa la capacità di ispirare e guidare gli altri nella lotta contro l’oppressione. La mancata firma del charter da parte di Re Giovanni e la dichiarazione di fuorilegge di Robin consolidano la tensione tra legge ingiusta e morale personale, dando profondità al personaggio.

Il film invita allora a riflettere sull’importanza della giustizia, della solidarietà e della leadership etica. Robin Hood emerge come figura capace di incarnare valori universali, tra cui il rispetto per i più deboli e l’idea che il potere debba essere esercitato con responsabilità. La foresta di Sherwood diventa simbolo di libertà, ma anche di una giustizia al di fuori delle strutture ufficiali, suggerendo che la resistenza contro l’oppressione è un dovere morale. Il film lascia dunque un messaggio di coraggio, speranza e impegno per la difesa dei principi etici, indipendentemente dalle istituzioni.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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