La Screen Gems ha ufficialmente mandato in produzione il quarto episodio di Underworld. A prendere parte al film ci sarà Michael Ealy visto in Tv nella serie Californication in cui interpreta Ben.
Bradley Cooper vuole diventare cattivo!
Bradley Cooper vorrebbe lavorare con il regista di Moulin Rouge! A quanto pare la star di Una Notte da Leoni ha manifestato in una recente intervista un grande interesse per il ruolo di Tom Buchanam, il “cattivo” de Il grande Gatsby che Baz Luhrmann comincerà a dirigere da agosto 2011.
Dylan Dog: recensione del film con Brandon Ruth
No Pulse? No problem! Niente battito? Nessun problema! Così recita il biglietto da visita di Dylan Dog. Se avete a che fare con situazione che hanno dello straordinario, chiamate lui: l’Indagatore dell’Incubo. Arriva al cinema questo 16 marzo, dopo anni di gestazione e di pre-produzione, Dylan Dog, basato sull’omonima serie a fumetti ideata da Tiziano Sclavi, il fumetto più venduto di sempre in Italia e famosissimo anche all’estero.
E mai come questa volta la situazione è delicata: come approcciarsi ad un fumetto così complesso e così amato? Come dare corpo ad un personaggio che prima di diventare di carta, era già di ‘carne’ (le fattezze di Dylan sono dichiaratamente ispirate a quelle di Rupert Everett)? Ci ha pensato l’americano Kevin Munroe, che a detta sua, ha cercato di trasportare al cinema il mood del personaggio senza volerne fare una sua copia, perché “cinema e fumetto sono linguaggi diversi”.
Dylan Dog, il film
Ma andiamo con ordine: in questo episodio cinematografico, Dylan ha abbandonato le sue vie oscure per dedicarsi a casi più tranquilli, come questioni di corna e frodi assicurative. A riportarlo nel mondo degli incubi arriva Elizabeth, giovane e bella cliente che chiede aiuto per cercare l’assassino di suo padre. Inizia così per Dylan la discesa agli inferi, dove rincontrerà tutti i suoi amici/nemici: i vampiri e i licantropi che si contendono il dominio di una uggiosa e notturna New Orleans.
E’ chiaro dall’inizio, ma già si era detto, che non ci sarebbero stati proprio tutti: manca Groucho, il maggiolone è nero e non siamo nella vecchia Europa, a Londra, il protagonista non sembra affatto tormentato, né magrolino, non ci sono incubi ma solo mostri reali. Insomma, l’obbiettivo di Munroe, cioè quello di riportare almeno l’atmosfera del fumetto al cinema, sembra essere stato mancato. A ben vedere per buona parte questo ‘fallimento’ è da imputare alla brutta scelta del protagonista: erano in pochi e vedere bene il ragazzone tutto muscoli Brandon Ruth nel ruolo di Dylan, e il risultato finale non ha smentito le aspettative. Per lo più mono espressivo il giovane Brandon non risulta assolutamente credibile in un ruolo così profondo, e non vogliamo qui dire che sia proprio incapace, ma forse non era proprio adatto a questa interpretazione.
Insomma l’Italia sarà un territorio accidentato dove questa pellicola, distribuita in 300 copie, cercherà di farsi strada, principalmente per colpa, o per merito, della grande passioni che lega milioni di lettori a questa figura così ambigua. Ma si sa che gli americani vogliono arrivare a tutti, e realizzando alcuni progetti, rischiano di lasciarsi alle spalle tanti piccoli dettagli, che per i puristi sono fondamentali.
Restano tuttavia le piccole citazioni filologiche come i modi di dire del nostro (l’espressione ‘Giuda ballerino’ su tutte) e gli omaggi al creatore Sclavi, il cui nome è usato per identificare uno dei decani dormienti della setta di vampiri dominante, e all’editore Bonelli, che invece diventa un vecchissimo vampiro che aiuta Dylan nella sua indagine. Quello che però lascia ancora più perplessi della mancanza di fedeltà al fumetto, che potrebbe anche essere ammessa in un cine-fumetto made in USA, è la confusione con cui la trama viene dispiegata e frammentata attraverso piccoli tasselli che a fatica, nel finale, trovano il loro posto e danno una coerenza stentata alla storia.
Preso per un film indipendente dal fumetto, Dylan Dog potrebbe anche risultare godibile, non troppo orrorifico e condito di tanti piccoli dettagli da zombie-comedy che lo rendono felicemente grottesco, tanto da poter addirittura sperare in un buon risultato in giro per il mondo che possa far pensare ad uno o più sequel. Non si sa poi il pubblico italiano come la prenderà, ma personalmente in questo, se non c’è battito (ritmo nel film) allora il problema c’è, eccome!
Bertolucci girerà in 3D
“In autunno girerò un nuovo film, sono alla vigilia di un periodo eccitante pieno di discese nelle gallerie e nella miniera della creatività. Lo voglio fare in 3D perché mi piace l’idea di sedermi sul tappeto volante che offre questa tecnologia“, lo dichiara Bernardo Bertolucci in un’intervista che è tra i contenuti extra del DVD Novecento in Hd che esce in questi giorni proprio mentre il regista compie 70 anni, e il suo capolavoro ne festeggia 35.
Box Office ITA 14/03/2011
Rango conquista la vetta della classifica italiana, seguito da Il rito. La vita facile scende al terzo posto, mentre le altre new entry ottengono risultati affatto soddisfacenti.
Come prevedibile, Rango debutta al primo posto del botteghino italiano, raccogliendo 1,9 milioni di euro: un risultato molto positivo, a cui bisogna aggiungere il passaparola che potrà recare beneficio alla pellicola d’animazione.
Segue Il
rito, che ottiene 1,2 milioni e il secondo posto: un
inizio incoraggiante per una pellicola horror.
Chiude il terzetto del podio La vita
facile, che perde pochissimo rispetto alla scorsa
settimana e incassa altri 755.000 euro sfiorando i 2 milioni
complessivi.
Il discorso del re conferma il quarto posto e l’ottima tenuta: il film Premio Oscar si è rivelato un successo nel nostro Paese come oltreoceano, e ha raccolto altri 672.000 euro alla sua settima settimana di sfruttamento in Italia, giungendo a ben 7,1 milioni totali.
Chi invece sta confermando una performance disastrosa è Manuale d’amore 3, che scende in quinta posizione con altri 666.000 euro, arrivando a quota 6,2 milioni.
Il cigno
nero, altra pellicola vittoriosa dell’ultima stagione
di premi, raccoglie altri 661.000 euro e supera i 5 milioni
complessivi.
The Fighter ottiene altri 575.000 euro e
giunge a 1,6 milioni dopo due settimane di sfruttamento.
I ragazzi stanno bene esordisce all’ottavo posto con 416.000 euro: non male per il film indipendente, molto apprezzato per le interpretazioni dei protagonisti, e uscito in notevole ritardo da noi. Si può tuttavia sperare in un buon passaparola.
Piranha 3D scende al nono posto con altri 350.000 euro per 1,2 milioni totali.
Chiude la top10 la delusione del week end, ovvero Tutti al mare: il film debutta infatti con soltanto 313.000 euro nonostante il battage mediatico.
Da segnalare infine i pessimi risultati di altre new entry, come Holy Water (64.000 euro), che esordisce al diciottesimo posto, o Gangor (17.000 euro), che non ottiene neppure il piazzamento nella top20. Quest’ultimo film, in particolare, è stato vittima di una pessima distribuzione, avendo debuttato in soli 13 schermi dopo l’ottima impressione suscitata all’ultimo Festival di Roma.
Hereafter ritirato dai cinema giapponesi
Hereafter, il film di Clint Eastwood che ricrea drammaticamente uno tsunami, è stato ritirato dai cinema giapponesi dopo la tragedia che ha colpito la Nazione del Pacifico in questi ultimi giorni, stando a quanto riporta l’Associated Press.
Satoru Otani, delegato della Warner Entertainment Japan Inc., ha giustificato l’evento dichiarando le immagini non appropriate in seguito allo tsunami di venerdì scorso. Il film, ultima opera di Eastwood e che vede trai protagonisti Matt Damon, è uscito in Giappone il mese scorso in circa 180 copie.
Fonte: Imdb
Cinema e Architettura, in cattedra Agata De Laurentiis
L’ISAD – Istituto Superiore di Architettura e Design presenta un corso su Cinema e Architettura in 10 lezioni tenute da Agata De Laurentiis.
Nuovo personaggio per Cars2: tutto tricolore!
Per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Disney.Pixar presenta un bolide tricolore tra i nuovi protagonisti di Cars 2. E’ italiano e si chiama Francesco Bernoulli …
Box Office USA 14 marzo 2011
Le uscite attese per questa settimana fanno piazza pulita nella classifica del botteghino USA. Il film catastrofico World invasion: Battle Los Angeles esordisce infatti in prima posizione, con un incasso di 36 milioni di dollari. Il film, l’ennesima invasione aliena sul nostro pianeta, punta molto sul cast di nomi eccellenti: Aaron Eckhart e Michelle Rodriguez tra tutti.
Le Cronache di Narnia: il Viaggio del Veliero
Le cronache di Narnia: Il viaggio del veliero è il film del 2010 diretto da Michael Apted e con protagonisti nel cast Ben Barnes, Georgie Henley, Skandar Keynes, Tilda Swinton, William Moseley e Anne Poppewell.
La trama: Peter e Susan sono in Asia con i genitori, mentre Edmund e Lucy si trovano a dover passare un periodo a Cambridge con l’odioso e supponente cugino Eustace. Un giorno, dopo una lite, vengono risucchiati con lui di nuovo a Narnia, dove incontrano di nuovo i loro amici, a cominciare dal principe Caspian e dal topino moschettiere Reepicheep, mentre il cugino rimane stravolto da quel mondo per lui folle in cui si trova.
Stavolta bisogna contrastare mercanti di schiavi, ma anche un male che arriva da un’isola misteriosa, che farà confrontare tutti, Edmund e Lucy in testa, con le loro paure e i loro desideri più segreti. Ma anche per loro è arrivato il momento di dire poi addio a Narnia, non prima di aver salutato Aslan, mentre Eustace ha scoperto un nuovo mondo, fatto di fantasia, al quale rimarrà fedele.
Le Cronache di Narnia: il Viaggio del Veliero, il film
Terzo capitolo di Narnia che si sviluppa su due piani, da un lato esaltando l’avventura, con suggestioni che vanno dalle Mille e una notte ai romanzi di avventura marinaresca passando per le leggende nordiche e le fiabe, dall’altro racconta un viaggio interiore, nelle paure ma anche nella capacità di cambiare e di ritrovare il sense of wonder e la fantasia che la vita vorrebbe soffocare, fin da quando si è giovani, all’epoca di Cs. Lewis come oggi.
Il terzo capitolo della saga di Narnia è uscito anche in 3D ma per fortuna risulta godibilissimo anche in formato normale, non sacrificando tutta la trama allo strabordare dallo schermo delle immagini, rischio ormai concreto di un modo reinventato dal passato di fare cinema che vorrebbe comandare ormai nel genere fantastico. Infatti ci si trova di fronte ad un’avventura capace di appassionare, ben equilibrata tra azione e introspezione, avventura e viaggio dentro di sé, mentre Narnia prende l’aspetto ormai del luogo perduto dell’infanzia, dell’Isola che non c’è, con un finale di stacco definitivo dagli amici e dai luoghi struggente come ogni addio che si rispetti.
La ricerca di sé, il miglioramento non dimenticando la dimensione spirituale, il non dimenticare i sogni dell’età giovane anche se inevitabilmente bisogna crescere e distaccarsene, sono i temi fondanti di un film che coniuga, ancora di più che i primi due capitoli, effetti speciali ad un’atmosfera vintage, dal gusto dell’avventura vecchio stampo ai curiosi titoli di coda che animano i vecchi libri illustrati per ragazzi.
Una storia rivolta quindi non solo ai giovanissimi, anzi più vicina ai gusti di un pubblico più adulto, che ha voglia e nostalgia di sognare e che può trovare un alter ego in Eustace, scettico capace di meravigliarsi e sciogliersi di fronte alla fantasia. Probabile che se ci saranno prossimi capitoli sarà lui l’eroe della vicenda, come avviene nei romanzi, ma per ora tutto si conclude su una spiaggia da sogno, dove ogni protagonista va per la sua strada e incontro ad un destino che comunque non teme.
Le cronache di Narnia: Il principe Caspian
Le cronache di Narnia: Il principe Caspian è il film fantasy del 2008 diretto da Andrew Adamson con protagonisti nel cast Ben Barnes, Georgie Henley, Skandar Keynes, William Moseley, Anna Popplewell, Sergio Castellitto e Pierfrancesco Favino.
- Anno: 2008
- Regia: Andrew Adamson
- Cast: Ben Barnes, Georgie Henley, Skandar Keynes, William Moseley, Anna Popplewell, Sergio Castellitto, Pierfrancesco Favino.
Le cronache di Narnia: Il principe Caspian, la trama
I quattro fratelli Pevensie, Peter, Edmund, Susan e Lucy,
vivono a Londra, è passato un anno dalla loro avventura a Narnia,
ma, durante un bombardamento che li ha portati a rifugiarsi nella
metropolitana, vengono risucchiati di nuovo nel mondo di Narnia,
dove sono passati secoli e secoli.
Oggi dominano i Telmarini, stirpe di principi non sempre buoni e giusti e il giovane principe Caspian, che potrebbe riportare pace e prosperità, è costretto a nascondersi e a fuggire perché il perfido zio lord Miraz vuole ucciderlo. I ragazzi aiuteranno il loro nuovo amico nel suo intento, riconquistandosi onori e riconoscimento in un mondo in cui ormai sono venerati da oltre mille anni come gli eroi delle leggende. Aslan non c’è più, ma forse è sempre con loro.
Le cronache di Narnia: Il principe Caspian, l’analisi
Un secondo capitolo più cupo del precedente, che mescola suggestioni shakesperiane ad intrighi di corte, introducendo nuovi personaggi, anche non solo legati solo al momento, come il giovane principe Caspian, interpretato dall’emergente Ben Barnes, che torna poi anche nel terzo capitolo.
Il tema della religiosità sparisce di fronte all’avventura, al gusto dell’intrigo, alla dualità tra realtà e fiaba, alle battaglie, sempre molto simili a quelle de Il signore degli anelli ma per ragioni di target decisamente meno cruente nei loro effetti devastanti: Adamson lima alcuni difetti e lungaggini del primo capitolo, ottenendo un film decisamente più piacevole, capace di interessare i più giovani ma di piacere anche agli adulti, che notano comunque i riferimenti letterari e avventurosi.
Stavolta è il gusto dell’avventura ad avere il sopravvento,
in una storia che fa da tramite tra un primo capitolo e i
successivi, e che spesso potrebbe essere l’anello debole di una
saga (come in fondo è successo sia a L’impero colpisce ancora che a
Le due torri) ma che funziona come insieme, risultando godibile
anche per chi non ha visto il primo capitolo. Di nuovo efficace
come la fantasia irrompe in un contesto realistico, lontano dal
mondo dei giovani occidentali ma purtroppo simile a certe realtà in
giro per il mondo dove si vive ancora oggi sotto le bombe e le
guerre, ed interessante il tema del diverso scorrimento del tempo
tra i due mondi, capace di esaltare a Narnia gli eroi provenienti
da un’altra dimensione, diventati nel frattempo leggenda.
Tra castelli degni del miglior romanzo gotico, battaglie, effetti speciali efficaci ma che non distruggono il gusto di narrare, avventura, meritano una menzione i due interpreti nostrani, un Sergio Castellitto cattivo che sembra uscito dal Medio Evo reale, e un Pierfrancesco Favino efficace ma dubbioso braccio destro pronto alla redenzione. Di nuovo un’avventura fantasy che non dimentica di strizzare l’occhio sia alla cultura alta che all’intrattenimento, con un risultato equilibrato tra le due esigenze e superiore a quello del primo film, cosa che non è di tutti.
Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l’armadio
Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l’armadio è il film del 2005 diretto da Andrew Adamson e con protagonisti nel cast James Mc Avoy, Tilda Swinton, Georgie Henley, Skandar Keynes, William Moseley, Anna Popplewell, Jim Broadbent, Liam Neeson e Omar Sharif (voce di Aslan in inglese e in italiano).
Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l’armadio, la trama
Gran Bretagna 1940: i quattro fratelli Peter, Edmund, Susan e Lucy devono lasciare Londra, come tanti altri bambini, e andare a vivere come sfollati nella casa di campagna di un eccentrico professore. Un giorno Lucy scopre in una stanza un vecchio armadio, e nascondendoci dentro si trova catapultata nel mondo di Narnia, terra oppressa da una crudele regina, in cui vengono catapultati anche sua sorella e i suoi fratelli. Con l’aiuto del saggio leone Aslan e delle creature presenti a Narnia, tra animali parlanti, centauri e fauni, riusciranno a sconfiggere la regina e a diventare loro stessi re e regine, governando per anni e anni con saggezza… finché non troveranno un giorno la strada dell’armadio, ritrovandosi bambini.
Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l’armadio, il film
La saga di Narnia, scritta da CS Lewis, amico personale di Tolkien e professore ad Oxford, è considerata un classico della letteratura britannica per bambini e ragazzi, anche se forse può sembrare oggi un po’ datata a causa della forte presenza del messaggio religioso come sottinteso alla vicenda, vista come metafora della Redenzione prima che come avventura fantasy in un universo da fiaba parallelo.
Andrew Adamson adatta il primo romanzo di Narnia, cercando di rendere la vicenda più snella dalle implicazioni religiose, concedendo spazio alla spettacolarità degli effetti speciali che non soverchiano però la trama, costruendo un’avventura che non raggiunge i livelli di successo di Harry Potter e de Il signore degli anelli , ma che rappresenta comunque una buona alternativa, anche se forse più datata, con la partenza di tutto in un’epoca storica in cui si riconoscono i nonni dei giovani spettatori che dovrebbero essere il target del film.
Con una partenza reale in una sequenza particolarmente riuscita a poco fantasy di un bombardamento che rievoca la sanguinosa Battaglia d’Inghilterra, il mondo di Narnia che irrompe da un armadio presenta in pieno un delizioso sense of wonder di fiaba, secondo la migliore tradizione favolistica anglosassone che fa entrare la fantasia dalle cose di tutti i giorni.
Le cronache di Narnia primo capitolo al cinema comunque funziona, con una sequenza tra le più angoscianti tra quelle viste nel cinema di genere negli anni, quella della morte sacrificale di Aslan (emblema, secondo l’autore, di Gesù Cristo) e con un paio di battaglie debitrici a Il signore degli anelli, senza contare il tema tipicamente da fiaba del tempo che scorre in modo diverso qui sulla Terra e là a Narnia, dove si può crescere e essere adulti per poi scoprire che sono passate poche decine di minuti.
Un film fantasy non solo per ragazzi, ma anche per chi è stato ragazzo qualche anno fa, e che ha letto i romanzi di CS Lewis: il risultato complessivo non è niente male, un blockbuster che però è debitore alla letteratura e ad una visione più intellettuale del genere fantasy.
Mark Ruffalo è il jazzista Joe Albany
Mark Ruffalo parteciperà in veste di protagonista al prossimo film dedicato alla vita e all’arte di Joe Albany, pianista jazz, dal titolo Low Down. L’attore sarà anche come produttore esecutivo della storia che verterà sul rapporto del musicista con Amy, la figlia undicenne.
Jennifer Lawrence in Hunger Games
Dopo la nomination all’Oscar per Un gelido inverno, uno dei migliori film della stagione, Jennifer Lawrence potrebbe essere la protagonista di Hunger Games, film di fantascienza basato sul romanzo di Suzanne Collins.
Tantissime immagini da Tree of Life
Kinopoisk.ru ha pubblicato moltissime immagini di produzione (circa 70) tratte dal prossimo film di Terrence Malick, Tree of Life, in uscita il 27 maggio negli USA.
Le foto, tutte inedite, mostrano i protagonisti nelle scene del film: Sean Penn, Brad Pitt e Jessica Chastain. Clikka sulla foto per vederle tutte:
Ricordiamo che dopo il trailer presentato a dicembre alle Giornate Professionali del Cinema di Sorrento, del film si era visto poco e niente. Ora invece sappiamo quanto dura (2 ore e 18 minuti) e abbiamo tutte queste belle immagini per esercitare la fantasia in attesa della data d’uscita del film.
Fonte: badtaste.it
Easy Rider: recensione del film con Jack Nicholson
Easy Rider è un film drammatico del 1969, diretto e interpretato da Dennis Hopper. Gli altre due attori protagonisti sono Jack Nicholson e Peter Fonda (figlio di Henry e fratello di Jane). Pochi dialoghi e tanti paesaggi mozzafiato; il giusto mix per un film che tratta di libertà. Trattato con maestria anche lo scontro tutto fine anni ’60 tra un America bigotta e conservatrice da un lato e un America anticonformista dall’altro. Il finale drammatico è la giusta ciliegina sulla torta.
Due giovani hippy, Billy e Wyatt, girano in moto per gli States in piena libertà. Finiti in galera per aver sfilato insieme a una banda senza l’apposito permesso, conoscono un ricco giovane avvocato classico “figlio di papà”, George, che paga la cauzione anche a loro e gli danno un passaggio. I tre, desiderosi di una vita libera senza catene imposte dalla società, si scontreranno con una realtà piena di pregiudizi e balorda.
Il film è stato girato nel 1967 in 6 settimane ma c’è voluto un anno e mezzo per montarlo. Alcune sequenze sono girate in 16 mm e poi ingrandite e sgranate. Il soggetto della pellicola è ispirato al film italiano Il sorpasso di Dino Risi, uscito negli Stati Uniti con il titolo The Easy Life.
Col successo ottenuto per l’interpretazione nel film, Jack Nicholson decise di proseguire la carriera di attore che in quel periodo voleva abbandonare per fare il regista. Il film non si avvaleva di un vero e proprio copione: gran parte dei dialoghi sono improvvisati durante le riprese. È il primo film in cui i protagonisti fumano tranquillamente marijuana senza poi commettere atti criminali. Gli attori fumano realmente sul set, e nella scena in cui Jack Nicholson dice: con tutti gli strati sociali e ride, la risata è dovuta al fatto che era sotto l’effetto della droga e nella versione originale la frase risulta quasi uno scioglilingua.
Durante la scena nella quale Fonda piange in cimitero vicino la statua della Madonna ripete più volte delle frasi non del tutto comprensibili: “Perché mi hai lasciato solo mamma”. Sembra che quella battuta fosse stata detta casualmente durante una crisi del protagonista dovuto all’uso di LSD. La madre di Peter Fonda è realmente morta quando lui era ancora adolescente. La moto usata da Peter Fonda nel film è il modello Captain America del 1969, è stata costruita da Ben Hardy meccanico afroamericano di Los Angeles che aveva costruito il Pan di The Wild Angels (dove conobbe Peter Fonda). Hardy acquistò per 500 $ l’una quattro Hydra Glide del ’49, ’50 e ’52 a un’asta della polizia. Le chopperizzò su idea dell’attore (dalla rivista LowRide n 17, novembre 2009).
Easy rider resta alla memoria dello spettatore anche per la straordinaria colonna sonora, che ben si sposa con le sequenze spruzzanti libertà e voglia di vivere. Composta da canzoni rock del periodo fine anni sessanta, essa è diventata un disco di grande successo che si tramanda tra le generazioni. Molti dei brani della colonna sonora sono stati raccolti nell’album dei Byrds Ballad of Easy rider. Tra gli autori si ricordano: The Byrds, Hoyt Axton, Steppenwolf, Bob Dylan, Jimi Hendrix, John Keene, The Band.
Quanto ai riconoscimenti, ha vinto il premio per la miglior opera prima al 22º Festival di Cannes e ha guadagnato due nomination all’Oscar come Miglior Sceneggiatura e Miglior Attore non Protagonista. Nel 1969 è stato insignito del premio Caméra d’or al Festival di Cannes. Nel 1998 è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
The life of David Gale
The life of David Gale Regia: Alan ParkerAnno: 2003 Cast: Kevin Spacey, Kate Winslet.
Il film è avvincente, intenso, con un finale che lascia a bocca aperta. Tratta della pena di morte senza scadere in moralismi, banalità ed eroismi plateali dei protagonisti. Un Kevin Spacey enigmatico come ai tempi di “I soliti sospetti”. Senza esagerazioni, si può ritenere uno dei migliori film del decennio appena trascorso.
Un professore texano, portatore di sani principi e valori, nonché attivista contro la pena di morte nel Paese che più di tutti quelli americani la pratica, ovvero il Texas, viene incastrato da una sensuale studentessa che voleva ottenere una sufficienza nella sua materia utilizzando il suo corpo provocante. Ovviamente il professore non ci sta, dall’alto dei suoi principi, e allora la studentessa lo incastra con un finto stupro approfittando del suo stato di ebbrezza. Di qui cominceranno i guai per l’insegnante, che perderà moglie e lavoro. Ma al contempo si dedicherà anima e corpo (è proprio il caso di dirlo) a ciò in cui crede veramente: l’abolizione della pena di morte.
Il regista Alan Parker ha all’attivo 16 film, ultimo “The ice at the bottom of the world” tratto dall’omonimo romanzo di Mark Richard, uscito lo scorso anno. Tra i suoi film più noti si ricordano Fuga di mezzanotte (1977), Saranno famosi (1980), Pink Floyd – The Wall (1982), Angel Heart – Ascensore per l’inferno (1987), Evita (1996). Ha dedicato due film molto interessanti al popolo irlandese, quali Commitments (1990) e il toccante Le ceneri di Angela (1999) tratto dall’omonimo romanzo di F. McCourt.
Quanto ai due attori protagonisti, Kevin Spacey e Kate Winslet, non hanno bisogno di presentazioni. Il primo ha 52 anni e ben 44 film all’attivo come attore, ma anche 2 da regista: Insoliti criminali (1996) e Beyond the sea (2005). I quali non saranno dei capolavori ma contengono comunque ottimi spunti cinematografici. La seconda, la Winslet, quanto a numeri di film all’attivo pure non scherza, malgrado la giovane età: 35 anni e già 25 film.
L’uomo Fiammifero
L’uomo Fiammifero Di Marco Chiarini , 2009 Con Francesco Pannofino , Marco Leonzi , Greta Castagna, Tania Innamorati
Trama: Nell’agosto del 1982, Simone vive da solo col padre, dopo la morte della mamma avvenuta qualche anno prima, in una cascina nelle campagne abruzzesi: il tempo sembrerebbe non passare mai, ma per fortuna l’uomo fiammifero, di cui la madre gli ha sempre parlato, dopo tanto tempo sembra stia per tornare a realizzare i suoi sogni: aiutato dai suoi amici e dalla bella Lorenza, Simone costruirà un mondo fantastico popolato di straordinari personaggi, raccoglierà indizi e segni del passaggio del suo eroe e dovrà lottare contro il terribile Rubino, figlio del proprietario del terreno confinante che vuole dominare tutte le terre emerse e che farebbe di tutto per impedire all’uomo fiammifero di tornare…
Recensione:
Nel panorama desolante che ormai da tempo caratterizza il cinema italiano, un film come L’uomo fiammifero rappresenta quasi un piccolo miracolo; l’opera prima del regista teramano Marco Chiarini, realizzata con pochissimi mezzi solo grazie alla tenacia e alla volontà del suo creatore, ha inevitabilmente sofferto di carente distribuzione nonostante i numerosi riconoscimenti seguendo il destino di gran parte del cinema indipendente nostrano, ma questo non ha per fortuna impedito grazie a un notevole passaparola di consensi, che la sua poesia e bellezza venissero dimenticate. Nell’affrontare il tema difficile quanto inflazionato dell’elaborazione del lutto la pellicola filtra con dolcezza il dolore attraverso gli occhi di chi era bambino nel 1982, quando la creatività non era ancora frenata dalle tecnologie e la babysitter preferita dai genitori non era la playstation: per impedire che la luce sul volto della madre morta anni prima svanisca nel buio, l’undicenne Simone attende fiducioso l’arrivo dell’uomo fiammifero di cui lei gli aveva sempre raccontato, il mago che accende le stelle e che può tenere viva la fiamma del ricordo.
Le noiose giornate estive nella campagna abruzzese si trasformano così in una avventurosa caccia al tesoro , dove amici e conoscenti sono dotati di straordinari poteri: Dina Lampa, la bambina che per l’emozione scompare a intermittenza, Ocram, che parla al contrario e sa far apparire un cono alla fragola dalla bocca, Giulio Buio, che per paura di farsi fotografare vive sempre nell’ombra e ovviamente il perfido Rubino, figlio del proprietario del terreno confinante, “dominatore di tutte le terre emerse”; malinconici e bellissimi sono anche lo Zio Disco, nuovo Mastro Geppetto che parla con una voce sempre diversa attraverso il mangiadischi in una bottega dove i giocattoli si animano, l’uomo che rende fino il sale per farti rivivere un momento felice della vita solo con le sue grandi mani d’argento e infine Lorenza, la bella dagli occhi verdi, cugina del nemico, che fa battere il cuore per la prima volta di sentimenti nuovi che non si riescono a rivelare. Un mondo immaginario (che per certi versi ricorda le atmosfere dell’americano Un ponte per Terabithia di Katherine Paterson) ma che si espande in tutte le dimensioni sulla carta col tratto delicato di una matita, nei disegni di una mano infantile dalla creatività senza confini dove i maialini possono volare e le lucciole illuminare il cammino, finché il gallo che scaccia via la notte non si mette a cantare riportandoci a quella realtà da cui avevamo tanto pregato di fuggire. L’incanto sembra svanito quando il ragazzino brucia i suoi giocattoli e dice addio al sogno irrealizzabile di vedere il suo eroe e tenere così stretta l’immagine della madre, finché alla finestra inaspettatamente ecco comparire la fiammella tanto attesa : eppure, lui sceglie di non vedere e continuare a dormire, forse perché a volte è sufficiente che il sogno resti tale, un rifugio dove poter correre quando tutto va in pezzi, fuori dalla logica e dalle realtà come le fantasie dei più piccoli.
Girato con attori non professionisti che
trovano nella loro stessa spontaneità il cuore di personaggi comuni
persi nel tempo , il film si fregia però della presenza di
Francesco Pannofino che si dimostra sempre di più un attore capace
oltre che un grande doppiatore, nel ruolo del padre vedovo e
disorganizzato di Simone: duro e severo ma allo stesso tempo
complice e dal cuore d’oro, alla fine è proprio a lui che si
mostra il grande uomo fiammifero, restituendogli la fede e la
speranza perduta dopo la morte della moglie e soprattutto, la
fiducia in suo figlio. Un film insolito, fresco e di grande
semplicità, per chi non vuole o non vorrebbe mai crescere, per chi
ha cercato e cerca ancora in segreto, tracce nell’uomo fiammifero e
dei personaggi più incredibili che abitano l’infanzia, per chi è
cresciuto anche troppo e si è smarrito nella quotidianità di un
mondo frenetico e avrebbe solo bisogno di fermarsi un momento, a
guardare fuori dalla finestra, per ricordarsi del bambino che
dentro di noi, anche se a volte pensiamo di non riuscire più a
sentirlo, dorme e fa ancora sogni meravigliosi.
Nessuno mi può giudicare: recensione del film con Paola Cortellesi
Arriva nelle sale italiane Nessuno mi può giudicare la nuova commedia diretta da Massimiliano Bruno e con protagonisti assoluti Paola Cortellesi e Raoul Bova.
In Nessuno mi può giudicare Alice è una donna ricca, razzista e un po’ cafona che trascorre la sua vita organizzando feste e dando ordini al suo personale extracomunitario. Quando però il marito imprenditore muore in un incidente, lei rimasta sola con suo figlio, si troverà costretta per la prima volta nella sua vita a lavorare per pagare il debito che suo marito le ha lasciato in eredità. Venderà tutto e si trasferirà quindi nei quartieri popolari di Roma, e realizzerà che di lavori che possano fruttarle abbastanza da permetterle di pagare il debito evitando le galera e mantenere suo figlio con lei ce ne sono davvero pochi. Così deciderà suo malgrado di fare la escort. La storia in questi termini sembra sicuramente tragica, e nella sua intimità riflette una società del compromesso, la nostra purtroppo, nella quale le persone in difficoltà spesso fanno ciò che non vogliono per riuscire a cavarsela, proprio come Alice.
Ma la forza del film è proprio questa, trattare di argomenti scomodi e di forte impegno sociale con ironico divertimento, senza mai cedere al patetismo, scivolando lievemente e solo di rado nel prevedibile buonismo che è tipico e costitutivo della commedia. In Nessuno mi può giudicare si ride di gusto e con irriverente trasporto: le razze e i razzisti, i ricchi e i poveri, i raffinati e i cafoni, i politici e i loro vizietti, tutto diventa materia di uno sguardo, quello di Massimiliano Bruno alla sua opera prima al cinema, acuto ed intelligente, che lavora sulla battuta con grande cura e con un ottimo risultato. A tenere il timone è una splendida Paola Cortellesi che nei panni succinti della escort Alice rappresenta con la sua consueta ironia un personaggio che invece ha tutte le carte in regola per essere tragico. Accanto a lei Raul Bova, mai così trucido (e bello), che si cala completamente nel ruolo scomposto di Giulio, squattrinato gestore di un call centre.
Ma anche Rocco Papaleo il becero razzista, Anna Foglietta escort in carriera dal cuore d’oro, Valerio Aprea depresso di costituzione, la ‘strana coppia’ Lucia Ocone e Lillo, condomini rozzi ma dal cuore d’oro, ogni singolo personaggio è curato nei dettagli, merito di un lavoro di tornio che da spessore al film, in una commedia trascinante. E gli attori, dai più piccoli ai più grandi, danno un contributo fondamentale; Bruno si diverte e mettere ‘fuori parte’ i suoi, trasformando il bello e pulito Bova in rozzo ‘trucidone’, la divertente Cortellesi in sensuale escort (senza mai scadere nella volgarità!), la raffinata Ocone in pacchiana romanaccia, mantenendo l’armonia e l’equilibrio, senza mai uscire dalle righe e regalando larghi e abbondanti sorrisi. Nessuno mi può giudicare è un film di scrittura, fatto bene, che racconta di personaggi e di temi sociali con il gusto dolce amaro della commedia di una volta.
Concept di Syrena per I Pirati dei Caraibi 4
Comingsoon.net ha pubblicato una serie di concept per la realizzazione delle creature presenti nel prossimo Pirati dei Caraibi: Oltre i Confini del Mare; la creatura in questione è Syrena che vedremo nel film e che supponiamo metterà in difficoltà i naviganti…
Full trailer di Super 8
La Paramount Pictures ha pubblicato via Twitter l’atteso full trailer di Super 8, il nuovo film fantascientifico di J.J. Abrams prodotto assieme a Steven Spielberg.
Uscite al Cinema del 11 Marzo 2011
Il rito: dopo quattro anni di seminario Michael Kovak ha una crisi, sente che la sua fede non è così solida come dovrebbe essere per un sacerdote. Così decide di dimettersi ma improvvisamente il vescovo gli chiede di partecipare ad un corso di esorcismo che si svolge a Roma.
Incuriosito ed anche molto scettico Michael accetta e si trasferisce nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Michael non crede negli esorcismi né al fatto che il demonio possa manifestarsi nella realtà quotidiana…..ma dopo aver conosciuto Padre Lucas il giovane sacerdote si ricrederà!
Keira Knightley da voce a Trilli
Keira Knightley ha declinato il quarto episodio
di Pirati dei Caraibi, ma questo non vuol dire che non sia più
interessata ai pirati in genere! L’attrice sarà infatti la voce di
Trilli/Campanellino nel prequel di Peter Pan, intitolato Neverland
e annunciato in rete.
Uscite al Cinema del 11 Marzo 2011
Il rito: dopo quattro anni di seminario Michael Kovak ha una crisi, sente che la sua fede non è così solida come dovrebbe essere per un sacerdote. Così decide di dimettersi ma improvvisamente il vescovo gli chiede di partecipare ad un corso di esorcismo che si svolge a Roma.
Incuriosito ed anche molto scettico Michael accetta e si trasferisce nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Michael non crede negli esorcismi né al fatto che il demonio possa manifestarsi nella realtà quotidiana…..ma dopo aver conosciuto Padre Lucas il giovane sacerdote si ricrederà!
Firth e Diaz in Gambit
La CBS Films ha acquisito i diritti di distribuzione per il remake di Gambit, film del 1966 con Michael Caine e Shirley MacClaine. Il film in questione, basato su una sceneggiatura riadattata dei Fratelli Coen e diretto da Michael Hoffman, ha ora i due protagonisti: sono Colin Firth e Cameron Diaz.
Gary Oldman ammira il percorso artistico di Daniel Radcliffe
Così come i loro personaggio nella Saga di Harry Potter, pare che Daniel Radcliffe e Gary Oldman abbiamo un legame speciale nato appunto durante le riprese di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. “Per me recitare accanto a Gary nel quinto film è stato molto impegnativo, forse per un mio desiderio infantile di volerlo continuamente impressionare” ha detto ad MTV Daniel nell’estate del 2009.
Amici miei – come tutto ebbe inizio: recensione
Neri Parenti ci propone Amici miei – come tutto ebbe inizio, il prequel di un famosissimo film del compianto e di recente tragicamente scomparso, Mario Monicelli: Amici miei, del 1975. Si intitola appunto Amici miei – come tutto ebbe inizio e uscirà il prossimo 16 marzo.
Per questo lungometraggio, Parenti si affida a una squadra di attori che almeno sulla carta sono una garanzia di divertimento e spensieratezza: Christian De Sica, Michele Placido, Giorgio Panariello, Paolo Hendel e Massimo Ghini. Del resto, il film è ambizioso, perché riprende un lungometraggio di successo degli anni ’70, figlio di un grande regista che bene ha saputo raccontare l’Italia tra gli anni ’50 e gli anni ’70.
Le burla della compagnia di “toscanacci” si svolge questa volta nella Firenze della fine del 1400, alla corte di Lorenzo De’ Medici. Duccio (Michele Placido), Cecco (Giorgio Panariello), Jacopo (Paolo Hendel), Manfredo (Massimo Ghini) e Filippo (Christian De Sica) sono protagonisti di scherzi e vicende vissute nell’intento di prolungare lo stato felice della giovinezza e fuggire dalle responsabilità della vita adulta. Neanche la peste li fa desistere dalle loro “zingarate”. Anzi quella drammatica situazione pare la più fertile per agire liberi ed indisturbati e dare seguito ai loro scherzi. Una città rinchiusa e spaventata è infatti l’ideale per far cadere dei malcapitati nelle beffe ordite dai cinque amici per esorcizzare la paura della morte con la vita.
E quando, dopo l’ultima beffa ai danni del legnaiolo ed eroe del calcio in costume Alderighi (Massimo Ceccherini), sembrano scarseggiare le vittime, perché non prendere di mira a sua insaputa proprio uno di loro? È così che Cecco diventa oggetto di una memorabile bravata dei goliardici amici. Bravata in cui giocherà la sua parte anche Lorenzo il Magnifico in persona. Amici miei ha già avuto due sequel, nel 1982 e nel 1985, ritenuti minori e meno originali del primo. E questo come sarà? Non resta che andare al Cinema per scoprirlo.
Pierfrancesco Favino: fa buon brodo… e diventa star
Pierfrancesco Favino – È lui stesso a dire che il termine star evoca alla sua mente solo l’immagine del famoso brodo. E questo già la dice lunga sul suo understatement, sull’umiltà con la quale affronta il mestiere d’attore. Tuttavia, considerata la popolarità raggiunta, le collaborazioni illustri in Italia e all’estero, la versatilità che ormai tutti gli conosciamo, che lo rende capace di spaziare nei più svariati registri cinematografici e di giocare coi più disparati dialetti dello stivale, pare che l’attore romano dovrà proprio abituarsi ad essere definito star.
Tante, negli ultimi quindici anni, le pellicole cui ha dato sapore e carattere, passando con disinvoltura dalla commedia al dramma e viceversa: da L’ultimo bacio di Muccino a Romanzo criminale, da Saturno contro a Figli delle stelle. Senza dimenticare le interpretazioni televisive: dal giovane medico di Amico mio, al ciclista Gino Bartali, al sindacalista Di Vittorio. Personaggi forti e determinati i suoi, uomini tutti d’un pezzo, balordi, ma anche bravi ragazzi, uomini d’oro, o simpatiche canaglie e cinici egoisti. Ad ognuno ha saputo dare una caratterizzazione precisa, fatta di movenze, sguardi, atteggiamenti, inflessioni linguistiche, sempre perfettamente in sintonia col personaggio, tanto da renderlo fotografia vivida e spesso memorabile. Stiamo parlando di Pierfrancesco Favino.
Tutto ha inizio il 24 agosto del 1969, quando nasce in quella stessa Roma dove tutt’ora vive. Sul fatto che abbia un forte legame con la sua città sussistono pochi dubbi: si dice che ami vivere il suo quartiere – il Celio – e che non si sottragga al contatto con la gente. È proprio nella Capitale che muove i primi passi da attore, inizialmente come studente dell’Accademia d’Arte Drammatica, poi sul palco, sotto la sapiente direzione di maestri come Proietti e Ronconi. Prosegue quindi approdando alla tv – che continuerà a frequentare con una certa assiduità – nel ’91 con la partecipazione a Una questione privata di Alberto Negrin, cui segue la serie tv Amico mio (1 e 2, 1993 e 1998).
Nel frattempo, esordisce anche al cinema, con Pugili di Lino Capolcchio (1995). Due anni dopo è nel cast del film di Stefano Reali In barca a vela contromano, accanto a Valerio Mastandrea e Antonio Catania, in un piccolo ma ben caratterizzato ruolo: quello del disinvolto dottor Castrovillari. Nello stesso anno è diretto da uno dei nostri più grandi registi: Marco Bellocchio, in Il principe di Homburg. Nel 2000, non si lascia sfuggire l’occasione di farsi dirigere da Luigi Magni, che firma la sua ultima opera, La carbonara. Qui Pierfrancesco Favino recita accanto a Fabrizio Gifuni, Valerio Mastandrea e al grande Nino Manfredi. Nel 2001 lo vuole Gabriele Muccino, per la sua commedia sentimentale sui trentenni in crisi L’ultimo bacio.
Altro film sulla generazione degli “enta” è la seconda prova dietro la macchina da presa di Luciano Ligabue Da zero a dieci (2002), dove Pierfrancesco Favino interpreta Biccio. È poi scelto da Enzo Monteleone per una pellicola drammatica: veste i panni del sergente Rizzo in El Alamein – La linea del fuoco, che ricostruisce le vicende legate all’omonima battaglia, protagonisti un plotone italiano opposto alle forze inglesi in Egitto nel 1942. Per l’efficace prova d’attore non protagonista, è tra i candidati al David di Donatello.
Il 2003 lo vede partecipare alla commedia corale, esordio registico di Maria Sole Tognazzi, Passato prossimo, con Paola Cortellesi, Claudio Santamaria, Valentina Cervi. Al centro del film un gruppo di amici che si ritrovano nella casa di campagna di una di loro (Paola Cortellesi) per passare il fine settimana, ricordando il loro passato insieme e immaginando il loro futuro. Nel 2004 arriva un’altra collaborazione importante, che porterà a Pierfrancesco Favino ancora una candidatura al Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista, quella con Gianni Amelio per Le chiavi di casa, accanto a Kim Rossi Stuart. Per ora, però, non arrivano premi pesanti, come non sono ancora arrivati ruoli da protagonista. Pierfrancesco Favino è infatti considerato un buon caratterista, in grado di ricoprire brillantemente ruoli di comprimari, ma non adatto a quelli di primo piano. Tuttavia, è innegabile che anche nei più piccoli ruoli affidatigli, l’attore romano riesca sempre a fornire una caratterizzazione precisa, vivida e realistica, che lascia il segno e resta nella memoria.
Il primo a scommettere di più sulle sue doti è Michele Placido, che lo vuole per il suo Romanzo criminale (2005), tratto dall’omonima opera narrativa di Giancarlo De Cataldo, e liberamente ispirato alle vicende della Banda della Magliana. E la scommessa è senz’altro vinta. Il film è strutturato in tre episodi, che rispecchiano le fasi e i passaggi di potere all’interno del gruppo criminale. Favino è protagonista del primo episodio, nei panni del Libanese: colui a cui si deve l’idea del “salto di qualità” della banda, dalla piccola criminalità al crimine organizzato, che controlla droga e prostituzione a Roma, stringe alleanze con la mafia siciliana e con le alte sfere di un potere politico più o meno corrotto.
Il Libanese pensa in grande, si ispira agli imperatori romani e vuole ottenere con la forza un riscatto sociale che non è riuscito a guadagnare con altri mezzi. E come Giulio Cesare, finirà pugnalato per vendetta da uno degli scagnozzi che si tiene intorno, in una delle sequenze più intense del film. Pierfrancesco Favino mette al servizio del personaggio la sua fisicità imponente, qui quasi da orso (assieme all’andatura claudicante messa a punto per il personaggio), e un’espressività truce, adattissima all’occasione. Ciò non significa però che nel corso della pellicola non mostri un ampio repertorio espressivo, che spazia appunto dallo sguardo più torvo, alle lacrime, in un’interpretazione di altissimo livello. Accanto a lui, degni protagonisti degli altri due episodi della pellicola, Kim Rossi Stuart/Il Freddo, che ritrova dopo Le chiavi di casa, e Claudio Santamaria/Il Dandi, con cui aveva condiviso il set di Passato prossimo. Il film fa il pieno di riconoscimenti, collezionando sette Nastri d’Argento e dieci David di Donatello. Pierfrancesco Favino li porta a casa entrambi, il primo come Miglior Attore protagonista e il secondo come Miglior Attore non protagonista. La pellicola ottiene uno straordinario successo di pubblico e la popolarità dell’attore romano cresce vistosamente, assieme al credito accordatogli dalla critica e dagli ambienti cinematografici. Il riscontro è tale che dal film viene tratta una fortunata serie televisiva (giocata però più sulla rappresentazione di tipi umani dai modi stereotipati, che banalizzano certi tratti tipici della romanità. Nulla a che vedere con la complessità e la sapidità dei personaggi del film).
Altri affermati registi italiani vogliono Pierfrancesco Favino nei loro cast. Nel 2006 lo sceglie Giuseppe Tornatore per interpretare il ruolo di Donato Adacher ne La sconosciuta, protagonista Ksenia Rappoport. Lo stesso fa Ferzan Ozpetek che, dopo aver scelto Gassman per Il bagno turco, Accorsi e Margherita Buy per Le fate ignoranti, Barbora Bobulova per Cuore sacro, ora punta proprio su Favino per farne il personaggio cardine di quell’affresco corale su amicizia, amore e morte, che è Saturno contro (2007). Anche in questo caso, il compito non è facile: Davide è un uomo equilibrato, sicuro di sé, risolto, con una vita tranquilla, che condivide con il suo compagno Lorenzo/Luca Argentero e un nutrito gruppo di amici, per i quali è figura di riferimento. Ha un lavoro che lo soddisfa (scrive favole) e una bella casa. Questo universo quasi perfetto entra in crisi con la morte improvvisa di Lorenzo. Per buona parte del film, il personaggio si mostra forte, quasi spavaldo di fronte all’accaduto, nascondendo in qualche parte remota di sé il dolore causato dalla scomparsa del compagno. Poi, tutto emergerà, reclamando il suo spazio.
E solo dopo aver vissuto realmente il lutto e averne acquisito consapevolezza, lui e i suoi amici, colpiti anch’essi profondamente dalla perdita, potranno ricominciare a vivere.Pierfrancesco Favino convince anche nei panni dell’omosessuale alle prese con il lutto e commuove davvero nella sequenza clou del film quando, in preda a tentazioni suicide, scoppia in lacrime. Un filo di rigidità si percepisce solo in una delle prime scene, quella del bacio con Argentero, in cui certamente Ozpetek è bravo a sfruttare, volgendolo in positivo, l’imbarazzo dei due protagonisti.
Nello stesso anno, all’attore viene offerta la possibilità di partecipare con un cameo a una produzione made in USA: Una notte al museo di Shawn Levy, con Ben Stiller. Pierfrancesco Favino non si lascia scappare l’opportunità, che in seguito sfrutterà ancora con successo, riscuotendo un discreto apprezzamento oltreoceano. Il 2008, infatti, è l’anno della sua partecipazione a Le cronache di Narnia: il principe Caspian di Andrew Adamson. Ma è anche quello di Spike Lee, che lo vuole nel cast di Miracolo a Sant’Anna. Tuttavia, non dimentica l’Italia e ritrova Maria Sole Tognazzi, che lo dirige in L’uomo che ama, di nuovo accanto a Ksenia Rappoport. Nel 2009 torna a solcare l’oceano e partecipa, in un piccolo ruolo, ad Angeli e demoni di Ron Howard, tratto dal best seller di Dan Brown, protagonista Tom Hanks.
Nel 2010 torna in Italia per collaborare con un altro regista nostrano di grande sensibilità: Silvio Soldini. Pierfrancesco Favino interpreta Domenico in Cosa voglio di più, storia della travolgente passione e dell’amore clandestino tra lui, uomo sposato e con due figli, e Anna/Alba Rhorwacher, anche lei sposata, con Alessio/Giuseppe Battiston. Il loro incontro metterà tutto in discussione. Nelle difficoltà quotidiane di Domenico e Anna, anche un affresco sociale dell’Italia di oggi. Nello stesso anno, l’attore romano ritrova Lucio Pellegrini, con cui aveva collaborato nel 2005 per il documentario La vita è breve, ma la giornata è lunghissima, stavolta per la commedia Figli delle stelle. Pellegrini mette insieme un cast di tutto rispetto, che raccoglie, oltre a Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Paolo Sassanelli, Giorgio Tirabassi, Fabio Volo per raccontare la vicenda tragicomica di un gruppo di precari che per dar una svolta alle loro sorti, decidono di rapire un membro delle istituzioni, ritenute responsabili della loro condizione esistenziale: un ministro.
Sennonché, essendo alquanto maldestri, rapiscono per errore un onesto sottosegretario. Seguono grottesche ed esilaranti avventure che innescano una riflessione, seppur velata dal sorriso, sia sulla stagione del terrorismo in Italia, che sulla difficoltà delle attuali generazioni di trovare modelli di intervento e di lotta sociale diversi da quelli passati. Caustica ironia anche su alcuni vizi tipici italiani (su tutti, l’ipocrisia). Nel gruppo dei precari sfruttati, Pierfrancesco Favino è Pepe, che aspetta da anni un posto d’insegnante di educazione fisica, e intanto lavora, indignato, in un fast food. Pepe è un omone grande, grosso e capellone, ma dal cuore tenero, appassionato di indiani d’America ma con uno spassosissimo accento pseudo-ternano, che a trentotto anni vive ancora coi genitori. Completa l’affresco l’abbigliamento vintage anni ’80. Il rischio di sfociare nella macchietta comica è alto, ma l’attore romano lo schiva abilmente, regalando ancora una volta una caratterizzazione ricca di sfumature e perfettamente credibile.
Lo stesso anno, Favino
partecipa al sequel di L’ultimo bacio, Baciami ancora, accanto a
Stefano Accorsi e Vittoria Puccini, sempre per la regia di Gabriele
Muccino. Mentre il 2011 lo vede protagonista di un’altra pellicola
diretta da Lucio Pellegrini: La vita facile, dove ritrova proprio
Accorsi e Puccini per una commedia sui (tanti) vizi e le (poche)
virtù italiane, rese ancora più evidenti dalla cornice africana in
cui la vicenda è ambientata. Inoltre, lo vedremo nella prossima
fatica di Carlo Verdone Posti in piedi in Paradiso.
Un capitolo a parte, come detto all’inizio, è quello delle fiction televisive. In particolare, ricordiamo le sue interpretazioni del ciclista Gino Bartali in Gino Bartali – L’intramontabile (2006), diretto da Alberto Negrin, col quale aveva esordito in tv nel 1991. All’interpretazione di Bartali, Pierfrancesco Favino si applica, al solito, con abnegazione e meticolosità, si cimenta con l’accento toscano (come farà due anni dopo, quando interpreterà il partigiano “Farfalla” per Spike Lee). Segue una rigorosa preparazione fisico-atletica e percorre svariati chilometri su due ruote perché, dice, vuole rendersi conto di quali pensieri attraversino la mente di un ciclista mentre corre. (E la risposta è: nessun pensiero, se non la preoccupazione di riuscire ad arrivare alla fine, macinando una pedalata dopo l’altra e cercando di non farsi travolgere dalla fatica). Nel 2007 vince il premio come Miglior Attore protagonista al Roma FictionFest per la fiction tv Liberi di giocare, per la regia di Francesco Miccichè, dove recita accanto a Isabella Ferrari. Nel 2009 ottiene lo stesso riconoscimento per la sua interpretazione di Giuseppe Di Vittorio in Pane e libertà, ancora sotto la regia di Alberto Negrin. Qui veste i panni del sindacalista pugliese – ancora una volta lavora egregiamente sull’aspetto linguistico, dimostrando anche in questo grande versatilità- che promosse la coscienza di classe tra i contadini meridionali, per poi arrivare ai vertici del sindacato. Guadagna per lo stesso ruolo il Premio Internazionale Flaiano come Miglior interprete.
Solo una volta finora si è cimentato nella regia, in occasione di un video promozionale di raccolta fondi per l’Associazione Parent Project, costituita da genitori di bambini affetti dalla distrofia muscolare Duchenne, che finanzia progetti di ricerca (2008). L’attore è anche impegnato con Oxfam Italia, che opera in Africa con vari progetti.
Holy Water: recensione del film di Tom Reeve
Metti quattro amici annoiati dalla routine alle prese con una partita di viagra da occultare, e ottieni un pugno nello stomaco, o se si preferisce, un dito nell’occhio, alla cattolicissima Irlanda. Ovvero, ottieni Holy Water.
Holy Water (Acqua santa) è un film diretto da Tom Reeve, prodotto nel 2009 dalla Feature Productions e distribuito in Italia da Mediterranea a partire dal prossimo weekend. Veniamo alla trama. Quattro amici di un tranquillo paesino sulla costa Irlandese, Killcoulin’s Leap, sono profondamente annoiati dalla monotonia del loro quotidiano. C’è chi fa il postino che butta le lettere che non gli interessano; un ragazzone meccanico con poco lavoro; l’albergatore che insieme alla sorella gestisce un alberghetto perennemente semivuoto, e un giovane ragazzo che vive con i suoi e con tanta voglia di evadere da quella monotona realtà. Tutti e quattro suonano in un localino, in cui vanno a ballare vecchietti che nemmeno badano alla loro musica.
Holy Water, il film
Quando i loro problemi raggiungono l’apice, al postino viene un’idea per arricchirsi: dirottare un furgoncino che trasporta Viagra diretto all’aeroporto, direzione Stati Uniti. Dopodiché rubare le casse contenenti la magica pillola blu, per poi rivenderla ad Amsterdam. Ma i quattro sono alquanto impacciati e imbranati e il piano si complica; inoltre sulle loro tracce ci si mette pure una squadra SWAT americana dalle tecnologie avanzate e l’aspetto tipicamente severo. Decidono così di buttare i fusti in un pozzo, contenente le falde acquifere che dissetano l’intero paese. Ed ecco che il tranquillo e sonnacchioso paesino irlandese si trasforma in un’inaspettata Sodoma e Gomorra…
Terzo film per Tom Reeve, essendosi occupato, nella sua trentennale carriera, come vedremo dopo, soprattutto di produzione. In Holy water sfrutta tutte le caratteristiche tipiche irlandesi: paesaggi mozzafiato, ironia verso gli inglesi e gli americani, bigottismo cattolico, té, Guinness, paesini tranquilli immersi nel verde; contrapponendo il tutto con un inaspettato evento esterno che travolge siffatti equilibri e stereotipi. Ci aggiunge anche un classico stereotipo americano, quello degli attrezzatissimi e severissimi SWAT che si mettono sulle tracce dei ladruncoli improvvisati. Il risultato finale è un film piacevole, divertente, ma che non fa scompisciare dalle risate come forse ci si aspetta conosciuta la trama.
Tornando al regista, che dicevamo essere Tom Reeve, ha diretto solo tre film (compreso questo). I precedenti sono una commedia “Diggity – A Home at Last” (2001) e un fantasy “George and the Dragon” (2004). La sua carriera è per ora caratterizzata soprattutto per altri ruoli, principalmente come aiuto regista, ma anche come produttore di diversi film tra la fine degli anni ’80 ed inizio 2000, nonché di film per la tv e telefilm. Holy water potrebbe essere l’inizio di una brillante carriera da regista.
Stallone non dirigerà The Expendables 2
L’atteso seguito di The Expendables sta andando avanti nella
fase di produzione ma pare che Sylvester Stallone non scriverà nè
dirigerà questo secondo episodio.