La decima vittima

La decima vittima è un film del 1965 di Elio Petri con protagonisti nel cast Marcello Mastroianni e Ursula Andress.

 

Trama del film La decima vittima

In un futuro imprecisato gli uomini hanno trovato il modo di evitare guerre e violenza gratuita e indiscriminata; un fantomatico Ministero della Caccia ha ideato un sistema in cui chiunque lo voglia può essere vittima o cacciatore.

La decima vittimaAll’interno di questo circuito uccidere e commettere omicidi non è reato anzi porta a dei premi in denaro.  Per chi dovesse raggiungere l’obbiettivo della decima vittima sono garantiti un milione di dollari oltre all’illustrissimo titolo di campione decathon.

Caroline Meredith (Ursula Andress), una capacissima cacciatrice, ha da eliminare ancora l’ultima vittima prima dell’agognato bottino, peccato che quest’ultima vittima sia Marcello Poletti (Marcello Mastroianni) un’affascinante e nobile italiano che le renderà il compito alquanto arduo.

La decima vittima, la recensione

Per chi avesse un minimo di familiarità con il cinema di Elio Petri non può non convenire che questo film, La decima vittima, sia un’eccezione abbastanza peculiare nel suo solito cinema di denuncia sociale. Diretto nel 1965 prendendo spunto dal romanzo di Robert Sheckley The seventh victim, Petri ha sceneggiato questo film con l’illustre collaborazione di Ennio Flaiano e Tonino Guerra, scomparso pochi giorni fa.

La decima vittima è un film che estremizza e porta al paradosso paure e limiti di una società che, a metà degli anni ’60, stava mutando ed evolvendo lasciandosi alle spalle valori e lucchetti morali sempre meno accettati sopratutto dalla classe borghese. La violenza e la criminalità dilagante, la famiglia, la fedeltà coniugale, il rapporto con gli anziani e sopratutto l’affermazione di una febbre mediatica e commerciale che stava prendendo piede attraverso il mezzo televisivo.

Petri affronta tutti questi temi con un tono meno drammatico e realistico rispetto ad altri meravigliosi suoi capolavori come Indagine di un cittadino…, La classe operaia va in paradiso o A ciascuno il suo, ma tende per un taglio più sarcastico e satirico, quasi comico, avvalendosi della straordinaria capacità di Mastroianni ad affrontare film e sceneggiature di questo tipo.

La decima vittimaIn questa ipotetica società del “duemila” Petri immagina uomini e donne sopraffatti da un indicibile cinismo e a cui più nulla importa nella vita se non il denaro, il guadagno. Uccidere, essere un marito o una moglie fedele, rispettare gli anziani genitori e avere sinceri rapporti umani con chicchessia è assolutamente futile se non indirizzato e motivato ad un debito guadagno. Petri in questo film, che ricordiamo è girato quasi cinquant’anni fa, profetizza una società dominata dalla commercializzazione ossessiva e  indiscriminata per cui anche la morte, anche l’omicidio diventa spot, diventa prodotto.

Come detto Marcello Mastroianni, qui con un’ insolita capigliatura ossigenata, veste con disinvoltura i panni di un uomo annoiato e disilluso dalla vita, un uomo che non crede più nell’amore e nelle donne, un uomo cui unico interesse è sopravvivere con un minimo di agio. Un personaggio, per certi versi, simile al Marcello della Dolce Vita di felliniana memoria in quanto con esso condivide uno stanco cinismo verso l’esistenza. Attorno al grande attore italiano si muove con la solita gattoneria  la biondissima Ursula Andress sicuramente più bella che brava oltre ad una stuola di ottimi interpreti secondari tra cui ci preme evidenziare la fugace quanto esemplare interpretazione del grande Salvo Randone, attore feticcio di Elio Petri.

La decima vittimaLa decima vittima è un film molto interessante anche riguardo le scelte musicali e scenografiche; le ambientazioni, infatti, riportano all’arte concettuale e minimalista oltre che pop creando un contesto particolare e originale.

Riconosciamo che anche in La decima vittima, il grande Petri è spinto dal desiderio di sottolineare e sensibilizzare su determinate crepe della società moderna, a cambiare è il mezzo non il fine. Ma rispetto ai suoi più celebri capolavori che hanno in Gian Maria Volontè il volto identificativo di un cinema crudo e asciutto che espone senza fronzoli i grandi mali della società italiana in questo diversivo imperniato di satira e sarcasmo la tensione narrativa va progressivamente scemando, non regge sino ad un finale un po’ troppo pasticciato.

Avrete capito che preferiamo “l’altro” Petri ma anche questo merita di essere conosciuto altrimenti che confronto si potrebbe fare?

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