“Devi giurarmi, Varys, che se anche pensassi che io stia tradendo la mia gente, non cospirerai alle mie spalle. Mi guarderai negli occhi e mi dirai quello che pensi.”
“Lo giuro, mia Regina.”
“E io giuro che semmai dovessi tradirmi, ti brucerò vivo.”
“È il minimo che potrei aspettarmi, dalla Madre dei Draghi.”
Siamo all’inizio della settima stagione, Daenerys (Emilia Clarke) è appena arrivata a Roccia di Drago e sta predisponendo il suo attacco a Westeros ai danni dei Lannister, per prendere il potere che le spetta. Per la prima volta, Varys gioca a carte scoperte: l’eunuco Maestro dei Sussurri serve il popolo, la povera gente e vuole vedere sul trono un sovrano giusto; ha scelto Daenerys perché in lei vede grandezza e bontà. Tuttavia chiarisce la sua posizione e cioè che nel momento in cui la giovane Targaryen si rivelerà non più dalla parte del popolo, perderà la sua lealtà.
Proprio questo è accaduto alla fine dell’episodio numero 4 dell’ottava stagione dello show HBO, quando Varys ha pregato Daenerys di non trasformarsi nel tiranno che lei aveva promesso di cacciare. La paura del consigliere è che la natura violenta e folle della ragazza spunti fuori una volta per tutte, dopo numerosi episodi che ne hanno testimoniato l’esistenza latente.
In Game of Thrones 8×05, Daenerys completa la seconda parte della promessa fatta al suo consigliere: brucia vivo Varys, liberandosi del traditore che ha provato a cospirare ai suoi danni, in favore di Jon Snow (Kit Harington), erede legittimo al trono e persona più equilibrate e adatta a regnare. Tutto questo sotto allo sguardo perplesso e preoccupato di Jon, Davos e soprattutto Tyrion (Peter Dinklage), che tenta la sua ultima carta per evitare il massacro che ormai sembra inevitabile.
Game of Thrones 8×05 si intitola The Bells, ovvero Le Campane, quelle che dovrebbero suonare dalle torri di una città che si arrende di fronte ad un attacco esterno. E quella è la speranza di Tyrion: raggiungere Cersei (Lena Headey), farla ragionare, farla arrendere e permettere alle campane della città di suonare e salvare così quegli stessi abitanti che aveva già protetto durante la Battaglia delle Acque Nere, da Stannis, quegli stessi abitanti che lo avevano schernito e condannato per l’omicidio di Joffrey. Tyrion vuole fare la cosa giusta, ma ha paura della sua Regina.
Anche Jon è diviso da due forze contrastanti: da una parte l’amore per Dany, il suo rifiuto di voler usurpare il suo trono e il desiderio di servirla e amarla, come ha promesso di fare; dall’altro la verità della sua nascita, il suo diritto al trono che lo mette in una posizione complessa nei confronti della donna amata, se non per il desiderio di potere, almeno per il legame di parentela che per gli uomini del nord non è normale condividere con un amante/compagno. Inoltre c’è fortissimo il dubbio che forse Daenerys abbia davvero ereditato il gene della follia dai suoi avi e dal padre.
In questo crogiolo di sentimenti contrastanti, dettagli taciuti, rivendicazioni, timori e diritti, si prepara l’attacco ad Approdo del Re che finirà con le campane che suonano la resa della città, come nelle migliori aspettative, se non fosse che quella moneta in bilico, lanciata dagli dei il giorno della nascita di Daenerys, finalmente, cade: non è grandezza ma follia.
A cavallo di Drogon, la Regina distrugge la sua capitale. Fuoco e sangue è quello che aveva promesso a Cersei, ed è quello che dà a lei e a quelli che sarebbero dovuti essere i suoi sudditi. Non sapremo mai quale sarebbe stata la reazione di Daenerys se Cersei dall’inizio non avesse tradito la sua fiducia nella guerra contro gli Estranei, se i suoi draghi non fossero morti, se Jon non avesse rivelato a nessuno il suo vero nome, se Missandei e Jorah fossero sopravvissuta. Quello che conta adesso è che la natura che da sempre ha temuto e ha tentato di tenere a bada è libera di esprimersi.
E sapevamo che sarebbe accaduto, la scelta di D&D non sorprende affatto, visto che anche il più salvifico dei suoi titoli, Distruttrice di Catene, ha un’implicazione violenta. In fondo, nel corso della sua lunga esperienza, tra Essos e Westeros, le sue esecuzioni sono sempre state dettate da furia cieca, spesso per mezzo del fuoco dei suoi draghi. Daenerys era destinata a cedere alla follia. Ma cosa accade invece a chi le sta intorno e a chi, questa follia cieca, la subisce?


Game of Thrones 8×05 è, nel complesso, visivamente spettacolare, complesso nella realizzazione e sicuramente molto emozionante, ma inevitabilmente sono state operate scelte opinabili, come il trattamenti riservato a Euron Greyjoy, che si conferma uno dei personaggi peggio scritti dell’intero show, oppure la sorte di Sandor Clegane, il Mastino, che finalmente ottiene la sua vendetta, a costo della sua stessa morte, nel fuoco. Dopo tanto Nord, freddo, neve e ghiaccio, questo episodio ci porta soltanto calore, sole, fuoco e cenere, quello su cui sembra destinata a governare Daenerys Nata nella Tempesta. A meno che non si faccia avanti un nuovo Sterminatore di Re.



