Sono passate due lunghe settimane dall’uscita della Parte 1, arrivata su Netflix lo scorso 22 dicembre. E dopo la bellezza e l’audacia dei primi episodi, La Creatura di Gyeongseong (qui la recensione della prima parte) è tornata con una esplosiva e commovente Parte 2 che, fortunatamente, non tradisce le alte aspettative del pubblico. Il misterioso e potente period horror sudcoreano – creato da Kang Eun-kyung e Chung Dong-yoon – entra, infatti, con passo fiero nel vasto catalogo Netflix come uno dei pochi (ma non poi così rari) gioiellini televisivi dell’Hanguk, proponendosi persino come il miglior kdrama dell’anno appena concluso.
Dove eravamo rimasti: riassunto finale Parte 1
Tae-sang (Park Seo-jun) e Chae-ok (Han So-hee), dopo essere entrati all’interno dell’ospedale Ongseong in cerca di Myeong Ja, scoprono le orribili e segrete atrocità commesse dal governo giapponese su alcuni cittadini di Gyeongseong: degli indicibili esperimenti biologici che trasformano gli esseri umani in mostruose belve predatrici. Decisi a voler salvare i pochi sopravvissuti dal crudele esercito giapponese e da una misteriosa sanguinaria creatura, i due giovani pianificano, assieme ai loro amici, una fuga dall’ospedale in soli 10 minuti. Ma se Chae-ok riesce a mettersi in salvo con tutti gli altri; Tae-sang, invece, si sacrifica come diversivo e resta in grave pericolo nell’edificio. Intanto, la polizia giapponese aumenta l’oppressione per le strade della città contro il popolo coreano con l’obiettivo di recuperare i fuggitivi coreani.
Inoltre, mentre Tae-sang e Chae-ok lottano tra la vita e la morte, l’episodio finale della Parte 1 si conclude con un grande dilemma: chi ha bevuto l’acqua avvelenata con il Najin dal tenente Kato? Tae-sang, Chae-ok, l’amico rivoluzionario di Jun-taek o Akiko? In una breve clip post-credit è anticipata la drammatica risposta.
La guerra ha un unico volto
Il dolore e la distruzione che può creare l’avidità umana pare a volte inimmaginabile. Eppure, Kang Eun-kyung e Chung Dong-yoon sono riusciti non solo a immaginarla, ma anche a realizzarla sul piccolo schermo come una malinconica e toccante fiaba dark che affonda le sue radici nella storia vera di un Paese che ha lottato duramente per anni per la propria identità.
Tra un fantasy cupo e la cruda realtà, La Creatura di Gyeongseong si carica di un profondo pathos che, attraverso la metafora di abominevoli esperimenti e mostruose creature umane, racconta un passato che non è semplice da dimenticare. Proprio perché la guerra – prima ancora di strade, edifici e città – distrugge e disintegra uomini, donne e bambini; lasciando atroci cicatrici nell’animo di chi, soprattutto, è riuscito a sopravvivere e ha dovuto raccontare. E non importa in che parte del mondo, quando o chi e cosa l’hanno causata, la guerra ha lo stesso orribile e crudele volto per tutti.
Ecco perché, a suo modo e nonostante l’ambientazione storica così suggestiva e accurata, il k-drama riesce a narrare di una guerra quasi universale, in cui chiunque può riconoscere, a malincuore, la propria.
Come fenici, rinascere dalle ceneri
Ma la serie con protagonisti i talentuosi e celebri Park Seo-jun e Han So-hee, con tanta dolcezza quanto tragicità, affronta molti altri temi oltre quello della guerra: l’elaborazione del lutto, l’onore del perdono, l’importanza della famiglia (non solo di sangue, ma anche quella “per scelta”), la speranza, la forza dell’empatia, il valore del dono della vita. Inoltre, attraverso il sacrificato e oppresso popolo sudcoreano, Kang e Chung raccontano con commozione tutta la dignità e il coraggio che si celano nella povertà e nell’umiliazione.
Al di là della profondità dei temi trattati, a dare ancor più valore e spessore alla serie è anche l’interessante, e non scontata, evoluzione e rinascita che compiono i personaggi nella Parte 2. Lo stesso Tae-sang, che dal primo episodio indossa con fierezza la sfrontata maschera del ricco, furbo ed egoista imprenditore, finisce per mostrarsi al pubblico con le sue paure, fragilità, desideri. Il personaggio di Tae-sang crolla, episodio dopo episodio, per lasciare spazio all’immagine di un uomo, in carne e ossa e non più macchiettistico, in cui non è poi così difficile immedesimarsi. È ciò che accade anche a Chae-ok, che da fredda e imperscrutabile giovane donna riesce ad ammettere i propri sentimenti per Tae-sang e a sacrificarsi per amore, senza alcuna riserva. O, ancora, come la premurosa e attenta signora Nawol (interpretata dalla magnifica Kim Hae-Sook), il signor Gu (Park Ji-Hwan) e il ragazzetto Beom-O (Ahn Ji-Ho) che, ognuno a modo loro, dopo aver tradito la fiducia di Tae-sang, sceglie di redimersi con la propria stessa vita.
La Creatura di Gyeongseong: tra la fine e un nuovo inizio?
La Creatura di Gyeongseong si conferma, dunque, un’emozionante e travolgente epopea che, dopo un primo tempo più lento e angosciante, cattura il pubblico in un’intensa e vorticosa Parte 2 che commuove, inspira e ammalia persino nel suo perfetto e doloroso unhappy ending.
Al di là del doppiaggio italiano che lascia molto a desiderare (in lingua originale è senza dubbio più appassionante e incisivo), la serie sembrerebbe, quindi, esente da difetti, se non fosse che il caro signor Netflix abbia lasciato anche questa volta il suo maldestro zampino. Nonostante non sia ancora stata confermata una nuova stagione, l’episodio finale si chiude con uno scioccante cliffhanger che, con un balzo temporale, mostra uno dei protagonisti nella Seoul moderna. Una non così innocente scena che apre ora le porte a tante domande e dubbi sugli sviluppi futuri della serie. Ma è davvero necessaria una seconda stagione? E, soprattutto, ne varrà la pena?