Odio il Natale, la recensione della serie su Netflix

Adattamento della serie norvegese Natale con uno sconosciuto, è prodotta da Matilde e Luca Bernabei, con la versatile Pilar Fogliati

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Dicembre è quel mese in cui si aspetta con ansia l’arrivo delle feste, ma anche il periodo in cui si fruiscono di più le commedie romantiche. E così Netflix come regalo ci dona Odio il Natale, adattamento della serie norvegese Natale con uno sconosciuto, e prima serie natalizia Made in Italy con protagonista Pilar Fogliati.

 
 

Al timone Matilde e Luca Bernabei con la Lux Vide, la casa di produzione che nel panorama italiano si può dire detenga il primato nello sfornare prodotti di successo. Questa volta i Bernabei hanno deciso di deliziare i loro spettatori svincolandosi dalle trame solite “religiose” e, esattamente come Viola come il mare, propongono un prodotto più indirizzato ai giovani piuttosto che alle famiglie. Odio il Natale è disponibile dal 7 dicembre sulla piattaforma streaming.

Odio il Natale, la trama

Mancano 24 giorni al Natale e Gianna (Pilar Fogliati) deve fare i conti con la sua famiglia che, in quel giorno di festa, si aspetta di vederla sistemata con un uomo. Le aspettative dei familiari e i loro giudizi riguardo la sua anomala situazione sentimentale, la mettono talmente tanto sotto pressione da farla mentire sull’esistenza di un compagno che presenterà al cenone.

A danno compiuto, Gianna è costretta a trovare davvero un uomo che possa portare a casa dei suoi a Natale, e mentre spera di trovare quello giusto si imbatte nei soliti uomini stereotipati che le bettono i bastoni fra le ruote. Ma grazie a quel che accade alle sue amiche Titti (Beatrice Arnera) e Caterina (Cecilia Bertozzi), e ai segreti che nascondono suoi genitori, capisce che la ricerca ossessiva di un compagno per la vita non la porterà da nessuna parte, se non a prendere consapevolezza di se stessa.

Un Natale alla ricerca di se stessi

Si dice che il Capodanno sia il giorno in cui si tirano un po’ le somme dell’anno passato, si stabiliscono i propositi per l’anno nuovo e si fa ammenda. Quel che invece non si dice è che il bilancio dell’anno a cui si sta per dire addio, con speranze annesse per il futuro, viene in realtà fatto nei giorni precedenti il Natale. È con questo presupposto che inizia Odio il Natale, quando la protagonista Gianna, interpretata da un’esuberante Pilar Fogliati, deve fare un resoconto della sua vita mentre affronta la sua catastrofica quanto bizzarra situazione sentimentale.

Il cliché del fidanzato a Natale è l’elemento cardine su cui si avvolge tutta la storia e la protagonista stessa, alla ricerca frenetica dell’uomo giusto da poter presentare ai genitori. Il cenone di Natale qui viene presentato sotto due luci diverse: come un campo minato, in cui qualsiasi parola può scatenare lo scontato sguardo giudicante dei commensali o la domanda invadente di un familiare, e come l’occasione per spuntare – o meno – la check-list precedentemente preparata. Questa spinosa situazione è accentuata da Gianna, la quale vive la tipica fase del trentenne in crisi, quel periodo di vita in cui si è in un limbo esistenziale: si guarda a cosa si è lasciato indietro per volgere l’attenzione al futuro, al mondo rigido degli adulti, il cui ingresso è sempre pieno di esitazione e timori.

Quel che permea tutto il tessuto narrativo della serie, e che spinge la protagonista a ribellarsi nel finale, è il dover soccombere alle aspettative degli altri per non generare delusioni, con il pensiero comune che doversi sposare e procreare è indispensabile arrivate ad una certa età, “perché l’orologio biologico non aspetta nessuno”. Ma i tempi cambiano, e spesso l’essere immersi in un contesto sociale frenetico inficia sul tempo a disposizione da dedicare a se stessi, fino a perdere la bussola della propria vita. Come accade alla protagonista, per contrastare questa condizione limitante, bisogna impegnarsi affinché un proprio posto nel mondo si trovi, poiché la felicità è ovunque e non solo nelle relazioni amorose, e spesso si trova negli angoli più nascosti del cuore se solo si osserva con attenzione.

Una Venezia magica piena di cliché

Mentre le battute di Love Actually scandiscono le sue giornate, Gianna si ritrova a dover affrontare, in un salto a ostacoli, le categorie di uomini più comuni e classiche, dal “mammone” all’ossessivo, al liceale con gli ormoni e l’emotività ballerina. Macchiette inserite nei soliti cliché, forse questa la pecca più evidente dello script, con un eccessivo dosaggio caricaturale dei comprimari di Gianna che ne fa perdere un po’ il tono tragicomico. Questi, in alcune scene, anestetizzano la fruizione incalzante della narrazione, molto accentuata dalla rottura della quarta parete della Fogliati, che in maniera verace si confida allo spettatore come se fosse un’amica al bar.

Gianna ci trasporta di fretta nelle sue dinamiche da montagne russe e si corre insieme a lei fra le strade e i canali di una suggestiva Venezia addobbata a festa, ambientazione anomala per una serie nostrana, ma proprio per questo più visivamente attraente. Eppure, per quanto immergersi nella sua quotidianità possa essere entusiasmante, la troppa frenesia con cui la si espone produce delle crepe nella trama, fino a diventare una commedia natalizia dalle venature quasi irreali. La scelta più corretta, per un glow up realistico dei protagonisti, sarebbe stata quella di dilatare i tempi degli episodi per permettere ai personaggi di avere più spazio per costruirsi e soprattutto più tempo per evolversi e consapevolizzarsi.

In conclusione, Odio il Natale è una commedia natalizia che segue il pattern romantico per eccellenza, seppur un po’ troppo ingolfato da luoghi e situazioni comuni che lo rendono un prodotto eccessivamente plastificato. Nonostante questo, la serie può essere un buon passatempo leggero per passare le serate invernali in attesa della feste di Natale, l’importante è guardarlo senza troppe pretese.

Sommario

Seppur la protagonista Gianna riesca a simpatizzare con lo spettatore, ponendo sul piatto la condizione stressante delle aspettative familiari, la serie si perde un po' nel suo intento tragicomico a causa delle troppe dinamiche comuni dalle quali non si riesce a sradicarsi.
Valeria Maiolino
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano. Articolista su Edipress Srl, per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”.

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