Papà, non mettermi in imbarazzo

Papà non mettermi in imbarazzo è disponibile su Netflix dal 14 Aprile. La serie, diretta da Ken Whittinngham presenta Jamie Foxx nel ritorno alla comicità seriale televisiva che ne ha lanciato la carriera attoriale con In Living Color dei fratelli Wayans e a vent’anni di distanza dal The Jaime Foxx Show .

 

Papà non mettermi in imbarazzo: la trama

La sitcom è ambientata ad Atlanta, dove vive l’eccentrica e stravagante famiglia Dixon. Brian (Jamie Foxx) è un imprenditore di successo, che vive una vita piuttosto agiata. Scapolo e donnaiolo, vive assieme alla sorella Chelsea (Porscha Coleman) e al padre (David Alan Grier). Improvvisamente però Brian si troverà a dover affrontare le responsabilità dell’essere padre: ad Atlanta arriverà infatti la figlia adolescente Sasha (Kyla-Drew), che si trasferisce da lui dopo la morte della madre. Brian, che non ha mai ricoperto il ruolo del genitore a tempo pieno, dovrà reinventarsi per riuscire a legare con la figlia, non senza evitare di metterla in imbarazzo, come recita il titolo della serie.

Una verve comica datata e ridondante

La sitcom ci presenta tutti gli stilemi tipici del genere: voice over, rottura della quarta parete, sketch, risate in studio. Tuttavia, quello che rimane nel complesso è una miscela non troppo omogenea di tanti punti chiave della serialità comica, che rischia di strabordare senza riuscire a definirsi in un unicum organico e ben gestito. Ogni personaggio, situazione o sketch non ha una profondità o incisività tale da poter coinvolgere appieno lo spettatore e Papà non mettermi in imbarazzo si identifica come visione d’intrattenimento per ragazzi e poco più, senza riuscire a sfruttare appieno le proprie potenzialità.

Bentley Kyle Evans tenta di riportare in auge la sit-com vecchio stampo, come fenomeno televisivo e sociale di interpretare la serialità; tuttavia, questa incursione nel passato risulta poco convincente, se non supportata da un’adesione a quello che è il prodotto seriale oggigiorno e la realtà socio-culturale che ci circonda. Inoltre non emerge nessuna possibilità di soffermarsi sulle potenzialità di trama e personaggi; I personaggi risultano bidimensionali, privi di una backstory efficace ed emotivamente deboli. Sono diversi i buchi di trama e le gag comiche non sopperiscono a questi difetti di scrittura.

Jamie Foxx interpreta anche i personaggi del reverendo Sweet Tee, Cadillac Calvin e Rusty. Sono numerosi gli sketch in cui imita Will Smith, Barack Obama e altre celebrità afroamericane. La sceneggiatura è, di base, piuttosto citazionista, rifacendosi a gran parte del background comico di Foxx; queste gag risultano il più delle volte ridondanti, privando la sitcom di una parte importante di minutaggio che avrebbe potuto essere destinata ad altro. Nel complesso, i momenti più riusciti di puro divertimento e ilarità derivano dalla bravura del cast d’insieme, che riesce ad interagire al meglio guidato da Foxx.

Papà non mettermi in imbarazzo

Personaggi poco incisivi e una trama dal potenziale poco sfruttato

Papà non mettermi in imbarazzo tenta di stare al passo con movimenti sociali e culturali attuali, ad esempio il Black lives matter, senza tuttavia riuscire nel suo intento,  fermandosi alla citazione. Probabilmente il momento più alto raggiunto in questo senso è l’ottavo episodio, Forse è BAYBelline, di cui si può apprezzare l’intento narrativo, che va ad amalgamarsi alla realtà socio-politica attuale degli USA, soffermandosi su tematiche che l’opinione pubblica non dovrebbe ignorare. L’intenzione è lodevole, soprattutto se pensiamo all’impianto comedy della serie, però sostanzialmente risulta ancora una volta un plausibile fattore di potenza della serie non messo in atto.

Nelle prime due puntate la sitcom Netflix riesce nel complesso a convincere, puntando sulla verve comica di Foxx, le sue imitazioni, le canzoni improvvisate e la cifra stilistica dell’attore di overacting. Purtroppo però la dinamica tra padre e figlia non riesce mai a consolidarsi appieno; sembrano porsi delle buone basi nella prima parte della serie, soprattutto nel secondo episodio, Yoga o Chiesa, che vengono però meno nella seconda metà della sitcom, in cui prevalgono gag slapstick datate e una maggior partecipazione dei personaggi secondari, che risultano purtroppo essere poco incisivi. Si indagano tematiche del rapporto padre-figlia potenzialmente interessanti, il problema è che non vengono sviluppate a dovere, bensì semplicemente abbozzate e ridotte a mere battute dopo pochi secondi. Non c’è continuità, cambiamento o evoluzione nel rapporto tra Brian e la figlia; ad ogni nuovo capitolo avviene una sorta di reset totale, e la crescita personale dei due nel doppio ruolo di genitore e figlia non riesce mai a rivelarsi effettivamente interessante.

Papà non mettermi in imbarazzo risulta comicamente discreta grazie a qualche buona gag, battute apprezzabili e lo stile comico di Foxx, che riesce a suddividersi tra diversi personaggi; tuttavia la narrazione risulta semplicistica e ridondante, perché non vengono proposte alternative diversificate e al passo coi tempi in termini di narrazione. Viene dato più spazio nella seconda parte ai comprimari, Pops, Chelsea e l’amico di una vita Johnny, ma la chimica tra i personaggi è debole, cosi come le idee di personalità e sviluppo dei personaggi.

La serie inizia in maniera promettente, con basi interessanti per una sitcom: Jamie Foxx al ritorno dove tutto è iniziato, una storyline emozionante tra Brian e la figlia, e una buona dose di umorismo, che potenzialmente avrebbe potuto emergere ancora di più tramite gli attori secondari. Purtroppo sono spunti ravvisabili solo nella prima parte della serie tv; successivamente non ci sarà più crescita ed evoluzione nel rapporto tra i protagonisti, scene genuine e commoventi o battute memorabili. La serie finisce per perdersi nel baratro di gag datate e poco convincenti, rendendo il prodotto nel complesso poco credibile e memorabile.

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