The Investigation: recensione della serie di Tobias Lindholm

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In un mondo dove ogni giorno di più si perde la fiducia nei confronti della giustizia, una serie come The Investigation non può che arrivare al momento giusto. Basata su un fatto realmente accaduto, noto alle cronache come il caso del sottomarino, questa va infatti a sottolineare quanto importante sia poter avere fiducia nelle istituzioni preposte all’esercizio della legge. Ma, allo stesso modo, anche quanto sia complesso far sì che questa si attui in modo insindacabile in favore dei bisognosi. Ideata da Tobias Lindholm, sceneggiatore di Il sospetto, Un altro giro, ma anche di alcuni episodi di Borgen – Il potere e Mindhunter, la serie si configura così come un crime capace tanto di offrire un’indagine avvincente, quanto più in generale di offrire spunti di riflessione sull’attualità.

 

La vicenda, narrata dal punto di vista di chi condusse le indagini, ha per protagonista il capo della Omicidi della polizia di Copenaghen Jens Møller (Søren Malling). Durante un briefing mattutino con i suoi colleghi, questi viene a conoscenza di uno strano caso. Un sottomarino artigianale, che trasportava la giornalista svedese Kim Wall e l’inventore dello stesso, è scomparso. Quando il sottomarino viene ritrovato più tardi nel corso della giornata, solo l’inventore viene salvato prima che affondi improvvisamente. Ora Jens e il suo team di investigatori devono decidere rapidamente come affrontare il caso, perché Kim è ancora dispersa e il sottomarino è in fondo al mare.

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In dubio pro reo, l’importanza dei fatti

La serie ideata dallo sceneggiatore e regista danese si apre sulla decisione di una giuria di assolvere un accusato di omicidio. Una decisione che fa male, tanto ai famigliari della vittima quanto al pubblico ministero Jakob Buch-Jepsen (Pilou Asbæk). Questa scena, apparentemente scollegata da quello che sarà poi il focus della serie, presenta in realtà tutto ciò che occorre sapere di The Investigation. Nonostante la colpevolezza di qualcuno possa sembrare ovvia, non lo sarà per la legge fintanto che non verranno fornite prove valide a riguardo. In dubio pro reo, ovvero: finché esisterà il dubbio, questo ricadrà a favore dell’imputato.

Compreso ciò, la lunga corsa dei protagonisti alla ricerca di prove concrete sarà allora quanto mai chiara. La storia della giornalista Kim Wall si sarebbe potuta raccontare in molti modi diversi e da più punti di vista. Lindholm sceglie però di dare spazio a quello di chi ha condotto le indagini, perché gli consente di raccontare molto più di quanto sembrerebbe. Egli ripercorre in modo estremamente preciso gli eventi che si svolsero tra l’agosto 2017 e l’aprile 2018, facendo avvertire il peso crescente del passare dei giorni. Ogni episodio è dunque incentrato su una precisa scoperta, un passo in più verso la giustizia.

Ma sostenere un accusa di omicidio richiede prove precise e il caso del sottomarino ha quanto mai messo in difficoltà da questo punto di vista. Lo spettatore è trascinato all’interno di un gioco che costringe più volte a ripartire da capo. La frustrazione provata dai personaggi viene condivisa con gli spettatori, coinvolgendo questi ultimi a dir poco efficace. Ci si emoziona per ogni conquista, ci si innervosisce per ogni sconfitta. Ma soprattutto, si arriva a comprendere davvero l’importanza del non lasciare nulla al caso, del non dar adito a voci che non siano supportate da fatti. In un contesto odierno dove il “tribunale popolare” gode di un’autorità illegittima, ricordare tutto ciò è sempre più urgente.

The Investigation serie

The Investigation: ciò che non si vede spaventa di più

Con The Investigation prende dunque vita sul piccolo schermo un caso particolarmente complesso, che si rivela contenere una serie di tematiche estremamente attuali. Dalla già citata importanza delle prove alla fiducia nella giustizia, dalla violenza sulle donne al peso dei media. Ognuno di questi aspetti trova il suo giusto momento nella serie, colpendo lo spettatore in modo non retorico né esplicito. E proprio su ciò che è giusto mostrare o meno Lindholm sembra interrogarsi a lungo. Una serie crime che aspira alla spettacolarità avrebbe probabilmente mostrato il corpo della vittima, l’interrogatorio al carnefice o l’interno del tanto nominato sottomarino.

Nulla di tutto ciò trova invece spazio in The Investigation, per il semplice motivo che ciò che non vediamo ci spaventa molto di più. Impossibilitati a familiarizzare con l’omicida, che non è mai neanche chiamato per nome, questi può assumere qualsiasi aspetto, mantenendo intatta la sua minacciosità. Non c’è una sola goccia di sangue nella serie, che appunto sembra puntare su quegli aspetti meno spettacolari di un caso del genere. A farla da padrone sono i fascicoli, le ricerche in mare (interpretate dai veri sommozzatori che parteciparono all’indagine), le riunioni tra i poliziotti.

Elementi potenzialmente “noiosi” ma che assumono qui enorme forza grazie a molteplici elementi. Da una scrittura impeccabile ad una regia minimalista e fino interpretazioni contenute che lasciano intravedere il mondo interiore dei personaggi. Lindholm conferma il grande talento che Paesi come Svezia e Danimarca hanno nel raccontare storie di questo genere, arricchendole della capacità di parlare a livello universale. The Investigation, infatti, non è solo un omaggio a quanti condussero le indagini e alla giornalista Kim Wall, ma anche un monito generale che ricorda di come “più si diventa civilizzati, più si avverte il bisogno di guardare nell’oscurità”.

Sommario

La serie danese The Investigation ripercorre "il caso del sottomarino", fatto di cronaca nera attraverso cui è possibile sottolineare la complessità del sistema giudiziario, il quale necessità però di tutta la fiducia possibile. La grandezza della serie sta nel suo riuscire a coinvolgere lo spettatore con elementi antispettacolari, facendolo partecipare alle indagini e lasciandolo immergere in una serie di tematiche quanto mai delicate e attuali.
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Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.

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