The Witcher 3: recensione della seconda parte della serie su Netflix

Il secondo volume della terza stagione di The Witcher, disponibile da luglio, segna l'uscita di scena di Henry Cavill.

The Witcher 3 recensione

Qualcosa nella scrittura del finale di The Witcher 3 è andata storta. Una consapevolezza che non accogliamo certo di buon grado, considerato che la seconda parte della serie creata da Lauren Schmidt Hissrich, preannunciava una chiusura con il botto. Netflix con la terza stagione di The Witcher ha voluto adottare lo stesso metodo applicato con Stranger Things l’anno scorso, ossia dividerla in due parti (qui la recensione del primo volume). Una scelta da non scartare a priori, soprattutto se ha alla base un ragionamento di engagment, volto in particolar modo a tenersi stretto il più a lungo possibile il pubblico.

Il problema nasce però quando questa soluzione non aiuta a mantenere lineare e accattivante la narrazione, ma anzi la spezza inutilmente e la depotenzia, ottenendo così l’effetto opposto. Quindi, prima di addentrarci nella recensione del secondo blocco di episodi, dobbiamo dirlo subito: aver lanciato The Witcher 3 in due volumi non è servito a niente, se non a far storcere il naso e generare altri malumori. Che già, con l’abbandono di Henry Cavill, sono sufficientemente alimentati.

The Witcher 3, la trama della seconda parte

In questa secondo blocco di episodi, in seguito al tradimento di Vilgefortz (Mahesh Jadu), Aretuza è stata assediata dagli Scoi’atel e i Nilfgaardiani, con l’obiettivo principale di distruggere Tissaia (MyAnna Buring) e prendere Ciri (Freya Allan). Ancora una volta, Yennefer (Anya Chalotra) e Geralt (Henry Cavill) devono separarsi, per proteggere la principessa di Cintra, oramai loro figlia, nel migliore dei modi. Mentre la strega è impegnata a salvare la sua casa e impedire che le sue consorelle vengano uccise, lo strigo affronta Vilgefortz.

Nello scontro fisico tra i due, quest’ultimo ha la meglio, ferendolo quasi a morte e costringendolo ad allontanarsi per potersi curare. Nel frattempo, però, a seguito di un incantesimo troppo potente da poter sostenere, Ciri si ritrova persa nel deserto, un luogo in cui tutti i suoi scheletri nell’armadio, le sue paure e le sue difficoltà vengono a galla. Yennefer e Geralt riusciranno a salvarla ancora una volta?

The Witcher 3 cast

Cosa c’è che non va?

L’ultimo episodio della prima parte di The Witcher 3 aveva lasciato con il fiato sospeso. In circa un’ora, la festa ad Aretuza era stata sviscerata attraverso più punti di vista, una scelta narrativa vincente che, se da una parte aveva dato ritmo al racconto, dall’altra aveva alzato la posta in gioco in preparazione del finale, svelando l’antagonista inaspettato che poi il secondo volume avrebbe avuto il compito di approfondire meglio. È proprio qui che la storia si ferma, per poi riprendere con una battaglia all’ultimo sangue fra gli Scoia’tel e i maghi e la fuga di Vilgefortz, ravvivando la fiamma ardente dell’action – in fondo uno dei punti cardini della serie – che nella prima parte era stata meno alimentata per dare più spazio alla linea romance e familiare.

Superata la prima ventina di minuti circa del sesto episodio, pregno di lotte, sangue e magia (visivamente efficace e coinvolgente), la scrittura inizia a scricchiolare e sfumare, cedendo il passo ad una lentezza quasi estenuante legata a dei passaggi filler, come l’intera puntata di Cirilla nel deserto, che non arricchisce né dà una svolta alla storia. Si perde subito il focus dei combattimenti e dei giochi di potere, per abbracciare ancora una volta un tono più soft in cui si elevano – di nuovo – i rapporti fra Geralt, Ciri e Yennefer, in una ridondanza di dinamiche e tematiche spesso inglobate da una fotografia che continua ad essere troppo calda, non più al servizio degli eventi e quindi funzionale, come avevamo detto nella recensione della prima parte.

Sul piano del costrutto narrativo, invece, tutte le parentesi che si aprono e si incasellano al di fuori del contesto familiare sono abbastanza brevi, quasi frettolose, come se non si avesse il tempo per soffermarsi su altri aspetti essenziali, generando di conseguenza solo molta confusione. Al netto di quanto detto, l’impressione avuta è che la prima tranche, attraverso plot twist e cliffhanger, ha promesso (senza riflettere sul materiale che aveva fra le mani) una corposità di eventi nel blocco finale (come una guerra apocalittica fra le fazioni del Continente) che alla fine non ha mostrato, in favore di una verbosità di scene e di continui spiegoni sulla crucialità del personaggio di Cirilla. Rimandando all’infinito il climax finale – comunque molto scarico – e dando la sensazione di essere sempre sul punto di arrivare al culmine dell’intreccio, per poi non raggiungerlo mai.

Addio Henry

La discesa presa da The Witcher 3 nel finale la appuriamo molto a malincuore, intanto perché non ce lo aspettavamo in base alla prima parte molto ben fatta, e soprattutto perché è il canto del cigno del Geralt di Rivia di Henry Cavill, il quale meritava di sicuro un atto conclusivo migliore di quello che è stato. L’ultima parte aveva tutte le carte in regola per riprendere l’anima tormentata, caotica e guerragliesca proprio della prima stagione, per dare a quel Lupo Bianco l’ultimo momento di gloria sul campo di battaglia. Siamo entrati nel mondo high fantasy di The Witcher seguendo costantemente uno strigo in lotta con se stesso e con il Continente intero, sempre alla ricerca di qualcosa (Ciri) e in missione per salvare popoli e fare giustizia, del quale ci erano state regalate tante incredibili scene di lotta con mostri e creature d’ogni tipo.

Era stato questo a fare innamorare il pubblico di Geralt di Rivia, con un Cavill che recitava spesso in sottrazione per restituire un personaggio complesso, fragile e forte, che andasse a rappresentare le due faccie della stessa medaglia: l’umano e il mutante. Il suo cambiamento, iniziato nella seconda stagione e continuato nella terza, era stato comunque ben accolto perché funzionale allo sviluppo del character e al rapporto con Cirilla e Yennefer, ma non doveva trascinarsi così tanto in quest’ultimo blocco, il quale doveva impregnarsi più d’azione che di sentimenti.

La conclusione di The Witcher 3 non è stata vuota sul piano dei combattimenti – che ancora una volta ribadiamo essere sempre ben coreografati, con degli stunt memorabili e un montaggio impeccabile. Ma sono stati pochi per quello che richiedeva il finale. E in queste ultime battute Henry Cavill meritava di gustarsi, per l’ultima volta, una guerra epocale nella quale esibire le impeccabili capacità del suo Geralt. Per potergli dire addio nel migliore dei modi e non avere la conferma che, se le cose dovessero così continuare nella quarta stagione, è fortunato a non fare più parte del progetto.

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RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Valeria Maiolino
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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.
the-witcher-3-seconda-parte-netflixIl secondo blocco di episodi della terza stagione di The Witcher 3 si presenta più scarico sia a livello di tono che di sceneggiatura. Il gran finale che il pubblico si aspettava, grazie ad una prima parte molto ricca, non riesce mai ad arrivare, concludendosi tra l'altro con un cliffhanger insapore. Un peccato, considerato anche che questo era il canto del cigno di Henry Cavill nei panni di Gerlat di Rivia.