True Detective 2×07: recensione dell’episodio con Taylor Kitsch

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Manca una sola puntata alla fine del secondo ciclo di episodi della serie rivelazione dello scorso anno, True Detective, e la HBO ha chiaramente deciso di lasciare il meglio per la fine con questo True Detective 2×07.

 

La trama di True Detective 2×07

In True Detective 2×07, Black Maps and Motel Rooms, troviamo i tre detective protagonisti alle prese con le terribili scoperte fatte da Ani (Rachel McAdams) durante la festa a base di prostitute, droghe e uomini ricchi e senza scrupoli.

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I vertici della polizia di Vinci, il giovane Chessani, il defunto Caspere, tutti sembrano coinvolti in un caso che nonostante stia pian piano venendo alla luce, mostra proprio in questo episodio i suoi pozzi più profondi di oscurità e avarizia.

Intanto Frank (Vince Vaughn) deve prendere una decisione, il suo impero è crollato e lui non vuole affondare, trascinando con sé l’amata moglie, ma vuole dare lo scacco matto a tutti quelli che hanno contribuito alla sua rovina.

True Detective 2x07
Foto di LACEY_TERRELL – © 2015 HBO

Lungo le grigie, fitte e intricata strade di Los Angeles tutto sembra promettere il peggio, soprattutto di fronte a dei protagonisti spezzati. Ma mentre Ray (Colin Farrell) si limiterà a occupare lo sfondo, lui che tante volte è balzato in primo piano, l’attenzione è tutta per Ani e Paul (Taylor Kitsch) alle prese con le proprie battaglie apparendo sempre più soli e sconfitti.

D’altro canto Frank, l’ex mafioso tramutatosi in imprenditore edile e poi riconvertitosi al male, abbandona definitivamente ogni tentativo di ricostruirsi una reputazione pulita, cercando di salvare quello che resta del suo impero di crimine e corruzione.

True Detective 2x07
Foto di LACEY_TERRELL – © 2015 HBO

In un episodio (True Detective 2×07) che può dirsi senza dubbio intenso, interessante e rivelatore, Nic Pizzolatto non riesce a tracciare con chiarezza le storie che a fatica si scoprono e si svelano allo spettatore ignaro tanto quanto i detective della storia.

Di fronte a una scrittura frammentata che lascia troppe dinamiche non dette, si sente forte la mancanza di una mano unica, competente e con un gusto riconoscibile dietro la macchina da presa, una mano che, come nel caso di Cary Fukunaga per la prima stagione, sarebbe stata in grado di creare coesione nel momento in cui i dialoghi non si fossero dimostrati adeguati.

Nonostante questi chiari difetti che pesano soprattutto ora che ci avviciniamo al finale di stagione, anche in questo episodio la costruzione della tensione, la fotografia prevalentemente calda di luci aranciate, l’utilizzo costante della musica, non melodica ma di ambiente, riescono a creare una confezione di pregio, che costituisce l’elemento migliore di un ciclo narrativa mente piuttosto debole.

Di fronte alla sofferenza insostenibile, alla paura di mostrarsi al mondo, al nichilismo che imperversa e si impossessa anche delle anime più tormentate, la soluzione può essere solo provare ad affrontare il proprio demone oppure fuggire dalle proprie paure, trovando conforto in ciò che appare più vicino a una forma di affetto elementare.

Sommario

In un episodio (True Detective 2x07) che può dirsi senza dubbio intenso, interessante e rivelatore, Nic Pizzolatto non riesce a tracciare con chiarezza le storie che a fatica si scoprono e si svelano allo spettatore ignaro tanto quanto i detective della storia.
Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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