Avete presente quando siete al cinema, immersi nel buio della sala, comodamente seduti sulla vostra poltroncina in legno, sigaretta alla mano e battuta a fior di labbra? E il silenzio che vi avvolge è interrotto solo dalle urla del vicino, che ammonisce i personaggi sullo schermo come se fossero lì in mezzo a voi? Ogni tanto capita anche di veder passare un Vespino: giusto due giri in platea e poi via, sparito! Avete presente, no? Come no? Allora non siete mai stati all’Universale, mitico cinema di Firenze al civico 43 di Via Pisana, “fra Porta S. Frediano e Piazza Vettori”, come recitano i manifesti.
Beh, se non ci siete mai stati, ora è un po’ tardi: dopo la chiusura nell’89 e dopo aver ospitato una discoteca (sic!), i vecchi locali del Cinema Universale d’Essai sono, ahimè, destinati a diventare appartamenti e oggi, se passate da quelle parti, non troverete altro che un anonimo cantiere. L’unica testimonianza dei fasti di un tempo è la fermata del bus n° 6 lì accanto, col cartello che riporta ancora la scritta “Cinema Universale”. Ma quel luogo leggendario vive comunque indelebile nei ricordi degli abitanti della città (in particolare quelli del Pignone, il quartiere popolare che ospitava il cinema più pop di Firenze), e loro di storie da raccontare ne hanno a volontà! Storie che il regista Federico Micali ha raccolto in un documentario (Cinema Universale d’Essai, 2008) che ha appassionato fiorentini e non. Perché se di Universale, per così dire, ce n’è uno solo, ogni città ha – o ha avuto – un luogo di ritrovo privilegiato, una ‘piazza’ (reale o simbolica) dove incontrarsi senza bisogno di darsi appuntamento, dove confrontarsi e, soprattutto, divertirsi.
L’Universale è stato questo per la Firenze degli anni
‘60/‘70/‘80: un centro di aggregazione dove ci si trovava a
prescindere dai film e dagli orari di proiezione; dove si beveva e
si fumava (di tutto); dove si cantava e si ballava davanti ai
musical; dove si parlava di politica e di sesso; dove si urlava
contro lo schermo e contro gli altri spettatori. Dove capitava
veramente di veder entrare qualche motorino che, dopo la prova di
coraggio, sgommava via impunito. Dove la cassiera e la maschera
erano un’istituzione e dove un pubblico sempre ispirato coniava, di
film in film, espressioni entrate nella storia del folklore locale.
Quando la realtà supera la fantasia…
…l’arte non può che imitare la realtà. Così, lo stesso Micali a un certo punto ha deciso di passare dal documentario alla finzione, per raccontare un cinema (quel cinema) che diventa lo specchio della città e della società nell’arco di 30 anni di storia, “dai favolosi anni ’60 ai plasticosi anni ’80, passando per i movimentati anni ‘70”. Io mi fermo qui – titolo provvisorio del film cosceneggiato insieme a Cosimo Calamini e Heidrun Schleff – vede protagonisti 3 amici, le cui vite si intrecciano all’Universale e con l’Universale, perché è lì che cominciano le sfide di ciascuno, e poi chissà…
Il cast è ancora top secret, ma le riprese cominciano a fine estate e per qualche settimana lo spirito dell’Universale tornerà a riaccendersi come ai bei vecchi tempi. Per saperne di più, ecco il sito ufficiale, www.universaleilfilm.it, e la pagina Facebook, Aspettando l’Universale. Se volete sostenere il progetto e diventare coproduttori del film, potete aderire alla campagna di crowdfunding, ma fate in fretta perché la raccolta fondi si chiude il 12 luglio! I contributi partono da 5€ e ad ogni quota corrisponde un riconoscimento/gadget (a imperitura memoria della vostra generosità). CINEFILOS DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!!