Dario Argento The Exhibit, dentro la mostra del Maestro del brivido

Al Museo Nazionale del Cinema di Torino è stata allestita una mostra dedicata al cineasta italiano, nella quale si percorrono, come un film, tutte le sue opere

Dario Argento The Exhibit Approfondimento

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino presenta Dario Argento The Exhibit, mostra temporanea dedicata al Maestro del brivido a cui il cinema italiano sarà per sempre riconoscente. La mostra – che rimarrà all’interno del Museo fino al 16 gennaio 2023 – percorre a spirale la Mole Antonelliana, restituendo la stessa sensazione di brivido e vertigine percepibili nella fruizione delle pellicole argentiane.

 

Il cineasta, sin dal suo esordio come regista, ha improntato i suoi film sulla predominanza di due generi: thriller e horror. Con la sua visione del mondo e la messa in scena delle sue paure, Argento è riuscito ad andare oltre i limiti del possibile: le sue opere, infatti, si trasformano in una proiezione dell’inconscio dello spettatore ma sono anche una “rappresentazione in cui il cinema rispecchia se stesso”. Attraverso le sue produzioni, il regista è riuscito a far essere lo schermo la porta sinistra attraverso cui chi è dall’altra parte, oltre la “quarta parete”, può addentrarsi in quei territori disturbanti e inquietanti che sono quelli del sogno e dell’incubo.

Dario Argento The Exhibit, l’universo horror del regista

La mostra inizia con un viaggio in L’uccello dalle piume di cristallo (1970), film con cui Argento debutta ufficialmente come regista. La pellicola sancisce il suo ingresso nel mondo del thriller, seppur il lungometraggio sia un prodotto ibrido poiché contenente elementi di noir e whodunit (giallo classico). La locandina del film è lo start verso tutto il mondo surreale, eccentrico ed espressionista del maestro del brivido, spesso chiamato anche Hitchcock all’italiana. Dentro una teca è poi esposta la sceneggiatura de L’uccello dalle piume di cristallo, quella di lavorazione dell’aiuto regista di Argento, ossia Roberto Pariante, con appunti, disegni e inserti manoscritti.

Mentre si prosegue nel vortice, sono altre le locandine che il Museo ha affisse: Il gatto a nove code (1971), Profondo rosso (1975), Suspiria (1977), Inferno (1980) e Tenebre (1982). Accompagnate da immagini di scena dei film, queste sono avvolte alle spalle dal buio, illuminate solo da luci gialle che ne risaltano i colori e la patina vintage. Tanti anche gli oggetti di scena, i costumi e le riproduzioni; il pupazzo meccanico di Profondo rosso che causa la morte del professor Giordani; la testa di corvo e gli abiti di Betty nelle vesti di Lady Macbeth in Opera; il calco in gesso per la locandina di Tenebre, autografato dal regista Pupi Oggiano, con la riproduzione del libro Tenebre; i topi sventrati de Il Fantasma dell’Opera.

Dario Argento The Exhibit mostra il cineasta anche nella sua versione di produttore con l’esposizione dei demoni per i film di Lamberto Lava (Demoni e Demoni 2) e di Michele Soavi (La chiesa) da lui realizzati. Presenti anche i bozzetti per Demoni 3, che però non sono mai stati prodotti. Sul suo cinema dell’orrore, Argento dice: “Nel corso della mia carriera ho imparato che se riesci a costruire un universo coerente, per quanto folle esso sia, hai già ottenuto la sospensione dell’incredulità necessaria a raccontare quello che vuoi.

Suspiria, dentro il capolavoro argentiano

Suspiria è un cult movie, nonché vero e proprio debutto nel genere dell’orrore di Argento. La pellicola è il primo capitolo della trilogia delle tre madri, con i sequel Inferno e La terza madre (2007). Il successo del lungometraggio bisogna ricercarlo nella capacità del regista di renderlo una fiaba gotica con una messa in scena da espressionismo cinematografico, grazie ad uno stile visivo e sonoro surreale e deformato. La fotografia di Luciano Tovoli, che ne caratterizza l’impronta, ha prediletto l’uso di lenti anamorfiche e luci ad arco “davanti alle quali venivano poste stoffe colorate invece delle gelatine, in modo da dare l’impressione che i colori fossero gettati come vernice sui volti degli attori, accentuando il tono fiabesco”.

Argento, che da sempre ha basato i suoi lavori tramutando le sue paure in “realtà”, spiega il film in uno stralcio mostrato alla Dario Argento The Exhibit: “Dopo Profondo rosso volevo raccontare qualcosa di più “areo”, assolutamente non reale, volevo dirigermi verso i miti delle favole e trasportarli nel presente. (…) Le streghe mi hanno fatto sempre paura, quando ero piccolo ero terrorizzato da loro, Biancaneve e i sette nani mi ha impressionato moltissimo, non a caso Suspiria è notevolmente ispirato a quella favola.

Della pellicola, in una teca, è esposta la riproduzione dello stiletto di pavone che Suzy prende, verso la fine, per uccidere Helena Markos. Al suo fianco la sceneggiatura con note aggiunte autografate da Dario Argento e il suo soggetto redatto a mano. Nella pagina in mostra, il cineasta scrive: “Sono Helena Markos e sono morta 140 anni fa. Pensi che sarei vissuta tutto questo tempo se fossi tu a potermi uccidere?”.

In un’intervista inedita della mostra, il regista regala alcune curiosità su alcuni effetti speciali di Suspiria (la scena in questione vede protagoniste Sara e Susy, quando la prima è costretta a fuggire dalla stanza dopo aver sentito dei rumori e notato l’accensione di una luce): “Quando la macchina da presa si alza, in una scena dove Susy Bannion dorme, e Sara esce dalla stanza, la macchina da presa sale. Per questa inquadratura, ho fatto costruire una lampadina enorme con tutti i filamenti, molto precisa, sembrava vera. Perché volevo fosse “più presente”. Con una vera lampadina tutto si rimpicciolisce, se invece la fai enorme, lo spettatore non si accorge del trucco. La camera inquadra l’interno della lampadina, che in realtà è una “lampadona”, e sullo sfondo si vede lei che esce dalla stanza.”

Dario Argento, la sua “regola aurea”

Le parole del cineasta costellano e arricchiscono tutta la mostra di interessanti behind the scenes. In esse – che raccontano un viaggio infinito, meraviglioso e vorticoso –  si delinea la storia di una vita legata al padre. Un padre dal quale, come lui ricorda, ha appreso tanto, e grazie al quale è riuscito a modellare la sua tecnica e il suo inconfondibile stile autoriale. Salvatore Argento è stato produttore delle pellicole del figlio fino a Tenebre, e come quest’ultimo spiega, gli ha insegnato la prima regola fondamentale sul set: l’estrema serietà.

Io ho imparato molte cose da mio padre. Una regola era che quando su un set tutti sono molto felici e lavorano con gioia, il film poi sarà un disastro al botteghino. Questo me lo insegnò perché andammo insieme sul set di un film. Un film di Duccio Tessari. La gente era così contenta di girare un film, tutti si abbracciavano, felici… Lui li guardava e, al momento di andarcene, mi ha detto: “Questo film sarà un disastro!” e io “Come fai a saperlo?” “Perché quando la gente è tanto contenta sul set, poi il film al botteghino non funziona!”. I film sono difficili a farsi (…) Sono opere dove la gente sul set non è contenta. Infatti ho scoperto che è vero. Sui miei set nessuno deve ridere, nessuno deve apparire felice. Dobbiamo fare il film, e basta!”.

Dario Argento The Exhibit si conclude con una serie di libri, opere e immagini dello stesso e dei suoi capolavori cinematografici. Non appena si scende al piano terra, il senso di “vuoto” scompare, ma la paura resta. L’adrenalina scorre ancora prepotentemente nelle vene. Perché i veri maestri fanno proprio questo: creano l’illusione che dal loro mondo tu non sia mai veramente uscito. E forse è vero.

Dario Argento The Exhibit, dentro la mostra

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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.