Emergency Declaration: la spiegazione del finale del film

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Il film sudcoreano del 2021 Emergency Declaration, diretto da Han Jae-rim, si colloca in un momento in cui il cinema coreano sta vivendo una fase di grande riconoscimento internazionale, grazie a opere che sanno coniugare spettacolarità e riflessione sociale. Il film si inserisce nel filone del disaster movie, declinato però secondo i canoni della tradizione cinematografica coreana: forte tensione narrativa, attenzione ai personaggi e un sottotesto etico che spinge lo spettatore a interrogarsi su temi complessi (vedi anche Parasite o Special Delivery). Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, questo film rappresenta un esempio significativo di come l’industria cinematografica sudcoreana riesca a misurarsi con i generi più popolari senza rinunciare a uno sguardo autoriale.

Il film si ispira al classico genere dei thriller catastrofici con ambientazione aerea (7500 58 minuti per morire – Die Harder), ma ne rielabora gli elementi per raccontare una storia che parla di paure globali molto attuali. Il regista riesce così a costruire un racconto corale che fonde suspense e dramma umano, mantenendo viva la tradizione del cinema coreano di combinare spettacolo e riflessione sociale. Il risultato è un film che coinvolge emotivamente e offre anche uno spunto per riflettere sulle dinamiche del panico collettivo e della responsabilità etica di fronte a un’emergenza.

Nel corso di questo articolo ci concentreremo in particolare sul finale di Emergency Declaration, un epilogo che ha diviso il pubblico per la sua intensità e per le scelte morali che i protagonisti si trovano a compiere. Analizzeremo come si sviluppano le ultime scene, quale significato esse assumono rispetto ai temi portanti del film e in che modo il regista abbia voluto chiudere un racconto che parla di sacrificio, paura e speranza. Un finale che, come vedremo, si collega profondamente alla tradizione del cinema catastrofico ma con uno sguardo tipicamente coreano.

Song Kang-ho in Emergency Declaration
Song Kang-ho in Emergency Declaration

La trama di Emergency Declaration

Il film vede il volo KI501, partito dalla cittadina sudcoreana di Incheon e diretto alle Hawaii, costretto a dichiarare lo stato di emergenza, dopo che il detective Gu In-ho (Song Kang-ho) scopre che un uomo minaccia di fare un attentato bioterroristico a bordo. Il terrorista, Ryu Jin-seok (Im Si-wan) ha manifestato le sue intenzioni con un video messaggio e prontamente il veterano In-ho cerca di indagare sull’identità dell’attentatore. A complicare la situazione ci sono le tensioni diplomatiche tra la Corea del Sud e altri governi, che non permettono all’aereo di atterrare sul loro territorio per evitare che il virus contratto dai passeggeri e dal personale di bordo nell’attentato si diffonda anche all’esterno.

La spiegazione del finale del film

Nel corso del film scopriamo la storia di Ryu Jin-seok attraverso il suo essere l’unico sopravvissuto agli effetti del virus in BRICOM. Fin da bambino, Ryu era stato sottoposto a forti pressioni da parte della madre, una microbiologa, e questo lo aveva profondamente segnato. Quando era sotto stress, sfogava la sua rabbia uccidendo animali: un modo distorto per vendicarsi del comportamento oppressivo della madre. Questo atteggiamento si era protratto anche durante la sua esperienza in BRICOM, dove, nonostante gli avvertimenti ricevuti, Ryu aveva esposto tre colleghi al virus mutato SC-1, traendo piacere nel vederli soffrire. Alla fine, spinto dalla follia, decise di alzare la posta e pianificò di uccidere un intero aereo pieno di persone.

Il motivo? I traumi inflitti dalla madre. Lei lo aveva spinto a diventare microbiologo, e così era stato, ma invece di contribuire alla scienza, Ryu aveva scelto di usare le sue conoscenze per distruggere. Questo dimostra quanto l’infanzia possa plasmare un individuo: spesso un bambino che subisce abusi finisce per riversare quel male sul mondo. Dopo la morte della madre, Ryu perse ogni senso della propria identità e iniziò a sfogare la sua rabbia sugli altri, questa volta senza più nessuno a imporgli cosa fare. BRICOM, da parte sua, negò ogni accusa e rifiutò qualsiasi perquisizione senza un mandato. L’azienda sapeva di aver ricevuto il virus mutato SC-1 dal Medio Oriente e aveva sviluppato un antidoto.

Kim Nam-gil in Emergency Declaration
Kim Nam-gil in Emergency Declaration

Non si può escludere che BRICOM stesse tentando di ottenere un monopolio, forse con l’intento di rilasciare il virus per poi trarre profitto dalla vendita dell’antidoto. Questo potrebbe spiegare perché Ryu venne licenziato senza che venissero presentate denunce: denunciarlo avrebbe rischiato di compromettere anche l’azienda. Inoltre, non bisogna dimenticare che l’acquisizione del virus è avvenuta in segreto. Se BRICOM non avesse acquistato quel virus, Ryu non avrebbe potuto impossessarsene. Il film offre dunque un quadro realistico e intenso di come il mondo potrebbe reagire a un attacco biologico su un aereo: passeggeri terrorizzati, dibattiti sui media, governi divisi e un’azienda biotecnologica che tenta di nascondere la verità, fino ad arrivare a un sacrificio necessario.

Gli Stati Uniti e il Giappone negano l’autorizzazione all’atterraggio per evitare la diffusione del virus. Gli USA interrompono ogni comunicazione con la Corea, mentre il Giappone afferma che un governo deve prima di tutto proteggere i propri cittadini. In questo scenario, il primo ufficiale Choi mette da parte l’odio verso Park e lo autorizza a pilotare l’aereo se lui dovesse morire. In-ho, disperato perché anche sua moglie è a bordo, si inietta il virus per testare l’antidoto fornito da BRICOM. I passeggeri, uniti, decidono intanto che è meglio non atterrare per non mettere a rischio altre vite. Park però, con grande abilità, riesce a manovrare l’aereo quasi senza carburante, spegnendo i motori per risparmiare e atterrando con una manovra rischiosa ma geniale.

Choi,  invece, ormai gravemente malato, perdona Park, riconoscendo che senza di lui nessuno si sarebbe salvato. Nonostante il dolore, entrambi accettano la verità e le conseguenze delle proprie azioni. Alla fine, BRICOM accetta di consegnare l’antidoto. All’inizio ci sono dubbi sulla sua efficacia, ma il sergente In-hu inizia a migliorare dopo l’iniezione. A quel punto Park riceve l’ordine di atterrare: l’antidoto funziona. In un momento di alta tensione, Park riesce a far atterrare l’aereo con tecniche precise per risparmiare carburante. Lo Sky Korea Flight 501 atterra così sano e salvo e nonostante le vittime, molti si salvano grazie al coraggio e all’ingegno di Park.

Lee Byung-hun e Kim Bo-min in Emergency Declaration
Lee Byung-hun e Kim Bo-min in Emergency Declaration

Emergency Declaration, pur offrendo un finale positivo, resta un racconto tragico. Ryu Jin-seok è morto sull’aereo: non aveva alcuna intenzione di sopravvivere e, purtroppo, è riuscito nel suo intento, colpendo più persone di quanto avesse previsto. Verso la fine del film, Sook-Hee, il ministro dei Trasporti, dice alla giuria che ci sono persone guidate da un vizio irrazionale: non cercano un motivo, non si possono comprare, ricattare o convincere. Alcuni uomini vogliono soltanto vedere il mondo bruciare. Ed è proprio questo che ha portato al disastro che conosciamo come “Emergency Declaration”.

Il finale ruota così attorno ai temi della solidarietà e della responsabilità etica. Il film sottolinea come, in una situazione di emergenza, la sopravvivenza non possa basarsi su decisioni individualistiche, ma debba scaturire da un impegno condiviso. La scelta dei protagonisti di rischiare la propria vita per salvare quella degli altri rappresenta un messaggio di speranza e di altruismo, in netto contrasto con l’egoismo del bioterrorista che ha scatenato la crisi. Anche il cambio di posizione del governo, inizialmente paralizzato dalla paura, mostra come il coraggio e l’empatia possano prevalere sulla pura logica della sopravvivenza a tutti i costi.

Infine, come già accennato, Emergency Declaration riflette sulla fragilità delle istituzioni di fronte a una catastrofe e sul ruolo fondamentale della pressione collettiva e del senso civico nel determinare le decisioni più giuste. Il regista costruisce un epilogo in cui il vero eroismo non è solo quello dei piloti, ma anche quello di una comunità che riscopre la propria umanità nel momento più buio. Il film si chiude quindi con un messaggio universale: nelle emergenze globali, la salvezza non dipende solo dalla tecnologia o dalle autorità, ma soprattutto dal coraggio e dalla solidarietà di ciascuno.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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