Hedda, spiegazione del finale: perché il personaggio di Tessa Thompson fa QUELLA cosa a Eileen

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Hedda (qui la nostra recensione) è un film drammatico e intimo che esplora la distruttiva complessità emotiva della protagonista, Hedda, interpretata da Tessa Thompson. Basato sul classico di Henrik Ibsen Hedda Gabler, il film è ambientato nell’Inghilterra della metà del XX secolo, durante una sontuosa festa organizzata da Hedda nella sua residenza di famiglia. Sotto la superficie di eleganza e raffinatezza, si nasconde un intreccio di manipolazioni, gelosie e tradimenti, che culminano in un finale ambiguo e malinconico.

Il motore principale della storia è la relazione tormentata tra Hedda e la sua ex amante Eileen, ora legata sentimentalmente e professionalmente a Thea, e in competizione con il marito di Hedda, George, per un prestigioso incarico accademico. Il conflitto tra Hedda ed Eileen si concentra simbolicamente intorno al manoscritto di quest’ultima — un’opera che rappresenta il suo talento, la sua carriera e la sua identità. In un gesto di rabbia, gelosia e disperazione, Hedda ruba e brucia il manoscritto, un atto che racchiude i molteplici aspetti della sua personalità: l’amante respinta, la donna frustrata e la manipolatrice calcolatrice.

Da un lato, il gesto è un tentativo di favorire il marito George, garantendogli il posto ambito e quindi una maggiore sicurezza economica per la coppia. Dall’altro, è una vendetta personale nei confronti di Eileen, che Hedda inganna facendole credere di aver perso il proprio lavoro per distrazione. In questo modo, Hedda non solo sabota la carriera di Eileen, ma ne distrugge anche la relazione con Thea, spingendola verso il crollo psicologico.

La profonda insicurezza di Hedda

Dietro la crudeltà dei suoi atti si cela però una profonda insicurezza. Hedda, pur appartenendo all’alta società, è priva del rispetto e del riconoscimento che invece Eileen ottiene nel mondo accademico, dominato dagli uomini. Mentre Eileen, pur subendo discriminazioni, riesce a imporsi come interlocutrice alla pari, Hedda è considerata una figura decorativa, un’ospite affascinante ma marginale. Questa mancanza di considerazione è simboleggiata dal giudice Roland Brack, vecchio amico di famiglia che vede Hedda non come una persona, ma come un trofeo da conquistare.

La protagonista si muove così nell’ombra, tramando e mentendo, tentando di controllare gli altri come unico modo per affermare la propria presenza. Tuttavia, la sua vita è segnata da una profonda solitudine e da un senso di impotenza che la spinge a contemplare più volte il suicidio, rappresentato visivamente dal lago in cui la donna sembra voler trovare pace.

Parallelamente, anche Eileen è un personaggio tragico. La sua forza e il suo intelletto la rendono rispettata, ma la sua vita è minata da insicurezze, dipendenze e solitudine. Pur avendo conquistato uno spazio nel mondo accademico, Eileen non trova la felicità: è intrappolata tra il desiderio di stabilità e il peso del passato con Hedda. Le due donne sono legate da un amore represso che si trasforma in odio e competizione. Nessuna riesce a essere sincera con l’altra o con sé stessa; i loro incontri sono costellati di provocazioni e ferite emotive reciproche, fino al punto di rottura.

La perdita del manoscritto porta Eileen alla disperazione e a un tentativo di suicidio accidentale. Nel frattempo, Hedda vede sgretolarsi il proprio mondo: il marito George, mosso da compassione, decide di aiutare Thea a riscrivere l’opera di Eileen, anche a rischio della loro sicurezza economica. Questo gesto di altruismo infrange definitivamente la maschera di controllo di Hedda, mostrandole la possibilità di un’etica diversa dalla vendetta e dall’egoismo.

A peggiorare la situazione, il giudice Brack minaccia di svelare le manipolazioni di Hedda, lasciandola senza via d’uscita. In preda al panico e alla vergogna, Hedda fugge verso il lago, dove sembra voler porre fine alla propria vita. Tuttavia, un ultimo barlume di speranza si accende quando apprende che Eileen è sopravvissuta: la possibilità di un riscatto, seppur tenue, lascia il finale aperto a un’interpretazione più sfumata.

Nel complesso, Hedda è un film che indaga la distruttività delle passioni represse e il modo in cui il potere, il privilegio e l’amore negato possono corrodere l’animo umano. Attraverso la sua protagonista, il film mostra come l’intelligenza e l’indipendenza, in un contesto sociale che le soffoca, si trasformino in autodistruzione e cinismo. Hedda incarna l’essenza della tragicità moderna: una donna consapevole della propria infelicità, ma incapace di sfuggirvi, prigioniera delle stesse dinamiche che tenta di controllare.

Alla fine, la storia non offre redenzione piena: rimane solo la consapevolezza del danno — a sé stessa, a Eileen e a tutti coloro che l’hanno circondata. Hedda è dunque una riflessione potente sull’orgoglio, sulla gelosia e sull’impossibilità di conciliare il desiderio di libertà con le convenzioni sociali.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice e Direttore Responsabile di Cinefilos.it dal 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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