Si chiamò lui stesso il distruttore di mondi, molti lo conoscono come il padre della bomba atomica, ma per la storia è Robert J. Oppenheimer, fisico statunitense, colui che costruì un’arma talmente potente da poter disintegrare un pianeta intero. Di questa storia tanto folle quanto piena di fascinazione, Christopher Nolan, uno dei registi più influenti del cinema contemporaneo, ne ha plasmato un biopic maestoso, per l’appunto Oppenheimer, nel quale si possono riscontrare le sue tematiche cardine.
Oppenheimer è stato un uomo tormentato nell’animo, con una mente geniale ma al tempo stesso instabile, dall’esistenza cupa e sofferente adornata di eventi agghiaccianti ma al tempo stesso straordinari, che per il regista londinese sono gli ingredienti più adatti per fare di un’opera un capolavoro indiscusso. Se però Oppenheimer esiste, è anche merito del libro American Prometheus, anno 2005, che ha vinto il premio Pulitzer e si è rivelato essere fonte indispensabile per il film di Nolan. La pellicola si impegna a restituire una versione quanto più concreta e fedele possibile del fisico e, piuttosto che fondarsi su alcuni inserti inventati o storicamente inesatti, ha preferito sacrificare alcuni fatti e approfondirne degli altri. Per cui, quanto si è avvicinato Christopher Nolan alla verità?
Il suo background
Partiamo dall’inizio. Nella scena dell’incontro fra Oppenheimer (Cillian Murphy) e Lewis Strauss (Robert Downey Jr.) , ufficiale navale e uomo d’affari che fu membro della Commissione per l’energia atomica, il primo dice al secondo che, come lui, è un uomo che si è fatto da solo, esattamente come suo padre. In quello stesso dialogo, nel quale vediamo Strauss provare a convincere il fisico a firmare come direttore dell’Institute of Advanced Study di Princeton, i due disquisiscono, seppur brevemente, sull’antisemitismo. Alcuni accenni al passato di Oppenheimer sono dunque presenti nel film, ma nell’atto pratico Nolan dà un particolare sguardo al suo periodo universitario, non approfondendo molto la sua infanzia o il suo background socio-economico e religioso.
Per cui… qual è la sua storia? Suo padre era un ebreo tedesco, emigrato a New York nel 1888, che lavorava in una fabbrica tessile talmente redditizia da aver reso la famiglia molto benestante. Robert, per volere del padre, frequentò un istituto progressista chiamato Scuola di Cultura Etica, seppur nel corso del tempo fu vittima di bullismo. Il futuro fisico aveva poi una vera e propria ossessione per le rocce e i minerali e sin dall’infanzia mostrò segni sia di genialità che di instabilità, probabilmente questi ultimi dovuti anche al fatto che venne maltrattato in un campo estivo. Nel libro, inoltre, è spiegato che il padre aggiunse il suo nome al certificato di nascita di Robert all’ultimo momento, seppur non fosse pratica comune per i padri ebrei chiamare i figli con il proprio nome. Nel film, invece, non viene mai detto, ma anzi il fisico sostiene che la J. non significhi niente.
La mela avvelenata
C’è un momento, in Oppenheimer, in cui il fisico, che si trova a Cambridge, precisamente al Cavendish Laboratory, avvelena la mela del suo professore, Patrick Blackett, per avergli fatto perdere l’inizio di una lezione di Niels Bohr lì in visita. Il giovane inietta delle sostanze chimiche nel frutto di Blackett, causando uno scandalo davvero immenso nella realtà, che però in Oppenheimer è ridimensionato. Nel film all’improvviso Robert si sveglia in preda al panico dopo aver commesso “il fattaccio”, e si precipita nella classe di Niels Bohr, che ne sta per dare un morso. Per rimediare alla situazione, Oppenheimer dice di aver individuato un wormhole (una struttura ipotetica che collega punti disparati nello spazio-tempo), e la getta nella spazzatura.
Ad ogni modo, questo piano di vendetta da parte di Oppenheimer fu nella realtà davvero scoperto dall’Università, ma Blackett non mangiò mai la mela, indi per cui non è dato sapere se la sostanza al suo interno lo avrebbe potuto uccidere oppure solo fare ammalare. Alla fine, le testimonianze contrastanti e l’influenza del padre impedirono al giovane Oppenheimer di essere arrestato o espulso. Quel momento venne visto come un grido d’aiuto da parte di Oppenheimer, il quale aveva problemi così seri da spingerlo ad accordarsi con la scuola per partecipare a sedute regolari con uno psichiatra.
La sua politica
Quando è stato annunciato Oppenheimer, molti si aspettavano di assistere a un film che riguardasse la Seconda Guerra Mondiale – come era giusto che fosse considerato il tema centrale della narrazione. In realtà, Oppenheimer potrebbe invece considerarsi una pellicola sulla politica a porte chiuse. Diciamo questo poiché Nolan, per raccontare la storia del fisico, usa lo stesso espediente narrativo degli autori del libro American Prometheus: l’udienza durante la quale l’autorizzazione di sicurezza e la lealtà di Oppenheimer verso l’America furono messe in discussione.
La pellicola del regista rimane sempre ambigua riguardo l’essere Oppenheimer membro o meno del Partito Comunista, seppur entrambe le opere, sia quella cinematografica che quella letteraria, sembrano avvalorare la tesi che fosse un sostenitore della sinistra di FDR, la quale aveva rapporti con comunisti tesserati. Nel libro, gli autori scrissero che il fisico era talmente non interessato alla politica da non essere neanche a conoscenza del crollo finanziario avvenuto nel ’29, fino a quando Ernest Lawrence non glielo comunicò sei mesi dopo, decidendo così di non votare fino al 1936. Oppenheimer comunque sostenne le cause di sinistra dal 1934, continuando fino a quando non fu coinvolto nella Guerra. Nonostante questo, il fisico negò sempre di far parte del PC, ammettendo poi però, durante alcuni controlli, di essere stato “un membro di quasi tutte le organizzazioni del Fronte Comunista della West Coast“.
La storia con Jean Tatlock
In Oppenheimer Nolan inserisce anche la love story fra il fisico e Jean Tatlock, sua amante per un breve periodo di tempo. Tatlock, nel film interpretata da Florence Pugh, era una brillante donna che studiava psicologica infantile. È in quella fase della vita che la giovane incontra Oppenheimer, precisamente ad una festa, evento in cui i due legarono molto poiché accomunati dai loro demoni interiori e dalle loro ideologie di sinistra. La pellicola si sofferma sulla loro relazione e sul loro ultimo incontro, dopo il quale la Tatlock morì suicida. Dietro questo avvenimento si nasconde però una verità molto più complessa e crudele che nella trasposizione cinematografica non viene approfondita.
Intanto, a Jean dava fastidio che Oppenheimer avesse l’abitudine di fare regali ai suoi amici e alle sue amanti. Nella vita reale, ella rifiutò i suoi mazzi di fiori e le sue proposte di matrimonio, salvo poi pentirsene. Da quanto è stato detto, pare anche che la donna abbia avuto una relazione a lungo termine con l’amica Mary Ellen Washburn, tanto che il libro suggerisce che la sua identità sessuale repressa abbia contribuito al suo disagio psicologico. Ma la cosa più interessante che è stata scritta nel volume, ma non riportata nel film, è che la sua morte potrebbe derivare da un omicidio, invece che da un suicidio. Infatti, quando il padre di Tatlock trovò il suo corpo privo di vita, decise di bruciare tutte le lettere della figlia prima di chiamare la polizia. L’ipotesi è dunque la seguente: dato che la sua relazione con Oppenheimer era molto famosa, un funzionario governativo potrebbe aver deciso di farla assassinare per paura che il fisico potesse svelare a lei tutti i segreti di Stato che poi Jean avrebbe trasmesso ai russi.
Il matrimonio con Kitty
In Oppenheimer non assistiamo solo alla storia d’amore fra il fisico e Tatlock, ma facciamo anche la conoscenza della moglie Kitty (Emily Blunt), la quale viene presentata in un monologo abbastanza breve. Il film la ritrae come una madre infelice e una moglie gelosa che deve affrontare alcuni problemi di alcolismo, ma nella realtà la donna era ancora più complicata della versione proposta da Nolan. Kitty proveniva da una famiglia tedesca dell’alta borghesia, ed era figlia unica. Credeva di essere una principessa, pur ovviamente non essendolo, e negli anni di gioventù tentò più volte di iscriversi al college, senza però mai frequentare i corsi. Il suo primo marito si chiamava Frank Ramseyer e da questi divorziò dopo aver scoperto la sua omosessualità e dipendenza dalle droghe. Ebbe un secondo marito, Joe Dallet, comunista, che perse la vita in guerra.
Kitty rimase poi incinta del figlio di Oppenheimer, seppur si era ri-sposata con un altro uomo, un medico, Richard Harrison. Tornando però a Oppenheimer, nella realtà lui era ancor più donnaiolo di quel che è stato mostrato. A conferma di quanto detto esistono alcune lettere che addirittura confermano una relazione fra lui e la moglie di un suo caro amico, Richard Toloman. In American Prometheus viene poi menzionata l’infelicità e la malattia di Kitty, la quale doveva anche combattere con il risentimento delle amanti del marito e della sua fama. Era, come abbiamo detto, una persona alcolizzata e il suo essere spesso poco lucida la portò ad avere numerosi incidenti. Infine, si pensa che abbia sofferto di depressione post-partum non curata, con conseguente distacco emotivo tra lei e i suoi figli.
Il progetto Manhattan
Tra le parti meglio approfondite e dettagliate c’è il famoso Progetto Manhattan, che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche durante la Seconda Guerra Mondiale. Il periodo più curato da Nolan è quello che si svolge a Los Alamos. In questi anni, che vanno dal ’42 al ’45, vediamo Leslie Groves reclutare Oppenheimer per dirigere il laboratorio segreto di armi e metterlo a servizio della costruzione della bomba atomica. Nella realtà, i due avevano divergenze politiche e operative, ma nonostante questo si portavano rispetto e riuscivano a lavorare molto bene insieme. Leslie Groves aveva poi un desiderio: voleva che gli scienziati fossero dei soldati e insisteva molto sulla compartimentazione, seppur alla fine faceva incontrare i suoi fisici una volta a settimana affinché potessero condividere le loro idee per un bene più grande, ossia il progresso. L’amico di Oppenheimer, Isidor Rabi, si rifiutò di lavorare ufficialmente al Progetto Manhattan, ma di tanto in tanto lo consultò, mentre Edward Teller era favorevole alla bomba all’idrogeno.
Anche sul versante delle specifiche tecniche Nolan è riuscito a fare un buon lavoro, riportandole più o meno corrette. Senza scendere troppo nel dettaglio, possiamo dire che all’epoca per accelerare le particelle si usava un ciclotrone e, per un periodo breve, i teorici temevano che questo potesse incendiare l’atmosfera. La bomba all’inizio fu denominata “il gadget” come misura di sicurezza; alla fine, l’equipaggio fu sollevato nel sapere che i tedeschi avevano preso una strada sbagliata dal punto di vista ingegneristico, nonostante il vantaggio che Werner Heisenberg aveva dato loro. Il tempo era infatti un problema nella data prevista per il test Trinity, proprio come si vede in Oppenheimer. Il film, tuttavia, non inserisce il momento storico in cui gli Stati Uniti pensarono di uccidere Heisenberg e di avvelenare le scorte alimentari tedesche.
L’incidente di Chevalier
Ad un certo punto del film, c’è una conversazione fra Oppenheimer e alcuni amici a cena, che segna una delle parentesi più cruciali della vita del fisico. Questo episodio, lo diciamo subito, è avvenuto anche nella realtà. Protagonista è Haakon Chevalier, il quale ad un tratto della serata si avvicina a Oppenheimer per confessargli che la comunità accademica si lamenta del fatto che gli americani non condividono le informazioni con i loro alleati, e fra questi vi è anche la Russia sovietica. Chevalier menziona poi un altro fisico, George Eltenton, il quale – dice – ha fatto sapere di poter trasmettere tali informazioni, se qualcuno volesse divulgare i propri segreti.
Oppenheimer risponde all’amico dicendogli che questo sarebbe giudicato come tradimento e la conversazione vira su altri temi. In seguito Oppenheimer non fece cadere in prescrizione la cosa, ma denunciò Eltenton, seppur non subito. Per proteggere l’amico inventò una storia falsa, ma in seguito confessò tutta la verità a Groves. Questa storia però mise a rischio la sua reputazione e fu pericolosa durante le udienze per l’autorizzazione di sicurezza. Il nome di Chevalier venne lo stesso a galla, e questi fu inserito nella lista nera. L’uomo giustificò la cosa puntando sulle sue buone intenzioni: il suo obiettivo, a quanto disse, era solo quello di mettere in guardia Oppenheimer sul piano di Eltenton.
Lo sgancio della bomba atomica
In Oppenheimer il pubblico non assiste allo sgancio della bomba atomica, ma questa è uno dei fulcri principali del film. Mentre la narrazione sta per raggiungere il suo climax, c’è una sequenza in cui Oppenheimer e Lawrence sono invitati a una riunione del Dipartimento della Difesa per discutere se sganciare o meno le bombe atomiche e, in caso di esito positivo, su quali città giapponesi. Prima della riunione, alcuni degli scienziati che lavorano a Los Alamos impiattano una discussione circa l’etica del dispositivo; Oppenheimer aveva precedentemente assicurato loro che la conoscenza della bomba da parte dell’opinione pubblica avrebbe potuto essere abbastanza terrificante da porre fine a tutte le guerre. A porte chiuse, alcuni iniziano a chiedersi se potrebbe essere fatta una dimostrazione o se i civili dovrebbero essere avvertiti in anticipo, ma i militari ne respingono le proposte per timore di mettere a rischio la missione.
Il gruppo inizia poi a scegliere gli obiettivi, ma alcune città vengono messe da parte, come Kyoto, per due motivi: il suo significato culturale e la luna di miele del Segretario alla Guerra Henry Stimson. Nella realtà, tutto questo accadde realmente, e perciò dopo una serie di consultazioni, la scelta ricadde su Hiroshima e Nagasaki. Oppenheimer difese quella decisione fino alla morte, anche se disse al Presidente Truman che sentiva di avere le mani sporche di sangue, proprio comme accade nel film.
Rivalità con Strauss
Per il contributo – negativo – che Oppenheimer diede alla storia, la sua figura non è vista nel migliore dei modi, ma anzi l’uomo può essere considerato come una sorta di antieroe. Pur avendo combattuto a lungo con i suoi mostri interiori, portandosi sulle spalle una sofferenza indicibile per tutto il dolore causato, il fisico è oramai visto come il distruttore dei mondi (lo disse lui stesso quando era in vita). Nonostante questo, il vero cattivo in Oppenheimer si rileva essere Lewis Strauss. Questi viene rappresentato come un uomo vendicativo, il quale prova sentimenti negativi verso Oppenheimer. La ragione di tale ostilità risiede in un dibattito sull’esportazione di radioisotopi, momento in cui Robert lo mette in imbarazzo respingendo le sue preoccupazioni e umiliandolo pubblicamente. Nella vita reale, l’astio mostrato da Nolan nel film, era addirittura più forte.
Come ogni coppia in competizione che si rispetti, anche loro due erano tanto simili quanto diversi. Sia Oppenheimer che Strauss erano figli di immigrati ebrei tedeschi e di uomini d’affari, anche se la recessione aveva colpito maggiormente la famiglia del secondo. Entrambi erano poi intelligenti e ambiziosi, appassionati e studiosi di fisica: il problema però fu che Strauss non potè proseguire gli studi. Nelle diversità, invece, Oppenheimer era liberale, mentre Strauss era conservatore. Uno laico, l’altro religioso. Strauss cercò anche di rovinare la reputazione di Oppenheimer, ma alla fine gli si ritorse contro e rovinò la propria.
Cosa accadde nel dopoguerra?
Arriviamo alla conclusione con l’ultima scena di Oppenheimer, il flashback, una parte inventata del biopic. Coinvolto in questo momento è Albert Einstein, impegnato in una conversazione con Oppenheimer, la stessa che aveva fatto pensare a Strauss che quest’ultimo lo stesse denigrando. In quell’occasione, in realtà, Einstein sta parlando con Oppenheimer circa la natura dell’eredità scientifica e questi gli confida di temere di aver innescato una reazione a catena inarrestabile con l’avvento dell’energia nucleare. Alla fine, Oppenheimer ricevette comunque l’Enrico Fermi Award “per i contributi alla fisica teorica, come insegnante e ideatore e per la leadership del Laboratorio di Los Alamos e del programma di energia atomica durante gli anni critici“, oltre a un premio di 50.000 dollari.
Fu il Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy ad assegnargli il premio, seppur non riuscì a consegnarglielo a causa del suo assassinio. Negli anni seguenti alla Seconda Guerra Mondiale, Oppenheimer continuò a parlare di quanto potesse essere pericolosa la guerra nucleare, schierandosi sempre a favore delle politiche di cooperazione internazionale. Nel 1965 gli fu poi diagnosticato un tumore alla gola, essendo lui un grande fumatore, e fu sottoposto a chemioterapie e interventi, che però non ebbero il successo sperato. Oppenheimer morì per il cancro nel 1967, all’età di 62 anni.