In occasione del tour mondiale di A Complete Unknown, Timothée Chalamet ha fatto tappa a Roma insieme alle sue co-star, Edward Norton e Monica Barbaro, e al regista, produttore e sceneggiatore del film, James Mangold. Durante la conferenza stampa, Chalamet ha raccontato della preparazione al film e di come ha cercato di creare un personaggio che non fosse un’imitazione ma una interpretazione.
“Ci sono stati cinque anni e mezzo di preparazione ed è stato molto interessante, ma la cosa più bella è il risultato che abbiamo raggiunto come squadra e come cast. E’ la versione migliore che potevamo realizzare e lo abbiamo fatto con la guida di James (Mangold). Avevamo poco meno di 3 mesi per essere Bob o Jean, e tutto il resto della vita per essere noi stessi, quindi abbiamo dato il 150%. E’ stato un processo che ha richiesto dedizione e concentrazione, e tutti noi ci siamo impegnati in questo senso.”
James Mangold: “Nel film Timothée Chalamet, che interpreta Bob, dice che le persone dimenticano il passato e ricordano ciò che vogliono. È una cosa che ho scritto io pensando al fatto che si parla spesso di Dylan come a un cantastorie, il mio lavoro da regista è stata farmi delle domande e ho messo in dubbio questa tesi. Tutti inventiamo la nostra vita e enfatizziamo le cose belle, la parte eroica di noi stessi, è la natura umana, è il modo in cui noi persone sopravviviamo. Da cantastorie, fa filmmaker io stesso, dico che non esiste una verità assoluta, abbiamo fatto una ricerca molto approfondita sulla vita di Dylan, letto interviste e libri, visto documentari, ho parlato anche con Dylan, ma tutto questo materiale si contraddice.
I film sono realizzati da persone che sanno di essere di fronte a una macchina da presa, i biografi a loro volta scelgono cosa raccontare, di solito si tende a lasciare fuori gli errori e a raccontare le cose depurate da ciò che non ci piace. Raccontare la verità è difficile e non è una cosa solo limitata a Bob, ma riguarda come tutti noi mettiamo in quadro la nostra storia, la nostra vita. Abbiamo deciso di raccontare quindi le cose così come sono avvenute, secondo una processione temporale, con le date delle uscite dei dischi e dei concerti ben precise, ma per quello che si è rivelato inconoscibile, abbiamo cercato di trovare le sensazioni giuste per raccontare quei fatti e abbiamo trovato un tono nostro per raccontare quelle storie.”
Edward Norton è Pete Seeger: “Youtube è stato il mio principale mezzo di investigazione. È straordinario cosa c’è su YouTube. Penso che mi sarebbe servito un anno di lavoro per trovare tutto il materiale che ho trovato lì. Ho trovato persino un video di Pete che suona in un pub di Berlino nel ’63. È assurdo e sorprendente cosa si può avere a disposizione grazie a questo strumento. È stato utile perché l’ho ingerito come un vero e proprio pasto, in termini di voce e postura e modo di muoversi. Ma a parte questo, il nostro regista è un bravissimo psicoterapista, e ci ha suggerito di abbandonare la storia e i personaggi che avevamo studiato e di mettere in scena la storia di un giovane che incontra il suo mito, di due ragazzi che si innamorano ma che sono in competizione l’uno con l’altra, di un artista con un sogno, ci ha detto di metterci nei panni di una persona normale. E questo ci ha liberato dalla responsabilità della rappresentazione, perché ci ha concesso di avere a che fare con delle relazioni umane e non solo con i miti che mettevamo in scena.”
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Com’è stata la psicoterapia con James su Joan Baez? Monica Barbaro: “E’ difficile non avere costantemente in testa l’idea di dover rendere onore e omaggio a una persona che vedrà il lavoro finito, di dover accontentare i fan, e chi conosce Joan. Fare qualcosa che sia riconoscibile ai loro occhi, anche solo il fatto che quel personaggio possa essere riconosciuto attraverso i miei gesti, parole e movimenti. Joan stessa ha detto se vuoi fare qualcosa di estremamente perfetto lo privi di quello che lo rende interessante, lei stessa ci ha spinto a non privarci della nostra personalità. Abbiamo fatto tutta la preparazione necessaria ma allo stesso tempo potevamo essere delle persone normali che vivevano delle storie normali, e in questo James è stato estremamente d’aiuto, perché ci ha spinto a trovare il nostro percorso umano.”
James Mangold: “Volevo assolutamente che loro apparissero come i personaggi che interpretano, e c’è un extra lore che ci ha aiutato a metterli insieme, tutti loro hanno studiato voci, movimenti, comportamenti, modo di camminare, e poi i costumisti, i parrucchieri sono stati fondamentali, ma non volevo che questo lavoro esterno fagocitasse quello relativo all’aspetto interiore. Non stavamo certo scrivendo una pagina di Wikipedia, stavamo facendo un film, e questo non dovevamo dimenticarlo. Il mio compito era che nessun aspetto prevalesse sull’altro, gli attori sono stati molto disciplinati e io ho fatto solo in modo che questo fiore potesse crescere in questa serra.”
A Complete Unknown arriva in sala il 23 gennaio distribuito da The Walt Disney Company Italia.