
Mentre racconta degli aneddoti sulla sua infanzia, su sua moglie- scomparsa e alla quale ha dedicato il premio di ieri- e su quali scelte lo hanno spinto ad intraprendere il difficile mestiere d’attore, Milian si commuove spesso, investendo anche il pubblico con la sua sincera onda emotiva. Ricorda la sua scelta di passare da un cinema impegnato ed intellettuale ad uno più popolare che gli ha garantito il successo e l’amore del pubblico, grazie ai cult immortali che ha realizzato, tra spaghetti western e poliziotteschi immortali, prima di essere accolto definitivamente tra le braccia di Hollywood collaborando con maestri come Steven Soderbergh, Steven Spielberg e Tony Scott (solo per citarne alcuni). Si dilunga nel narrare di quando, una volta terminato l’Actors Studio, cominciò a recitare in teatro in ruoli complessi e rischiosi- arrivando addirittura a mettersi a nudo nei primi anni ’60- prima di essere notato dal compositore Gian Carlo Menotti che lo portò in Italia per un provino, inaugurando così la sua carriera grazie al cult di Mauro Bolognini La Notte Brava.
Tra un ricordo dal sapore amarcord e un altro, Milian trova anche il tempo di rivelare un suo grande desiderio: tornare ad interpretare sul grande schermo il suo amato Monnezza, magari insieme al figlio adottivo.
