#RomaFF12: Jake Gyllenhaal presenta Stronger

Jake Gyllenhaal
Foto di Aurora Leone - © Cinefilos.it

Jake Gyllenhaal e Jeff Bauman hanno presentato alla Festa del Cinema di Roma il film di David Gordon Green, Stronger, concedendosi alla stampa con una piacevolissima chiacchierata a metà tra vita, esperienze e ciò che un film del genere può insegnarci.

 

Bauman perse le gambe nell’attentato alla maratona di Boston nel 2013 e la sua esperienza e la sua vita sono state riportate sullo schermo da Gyllenhaal, che per l’occasione ha anche prodotto il film.

“Quando la storia è arrivata tra le mie mani era ancora in una prima bozza e mi sono ritrovato a ridere verso la quarta pagina, che non era assolutamente la mia aspettativa, sapendo di cosa avrebbe trattato la storia e avendo conosciuto Jeff solo attraverso la famosa foto”, ha raccontato l’attore, “Penso che la cosa che mi ha spinto a voler far parte di questa storia così intensamente è stato che probabilmente avevo tanto da imparare da essa. La storia parla di resilienza e difficoltà ma alla fine anche dell’opportunità che abbiamo di riemergere dai momenti più duri della nostra vita. E’ un tipo di storia che ha avuto un grande impatto sulla mia vita e avevo una grande voglia di raccontarla.”

Complici, molto in confidenza, amici, Jeff e Jake si scambiano sguardi e battutine durante le domande e così ricordano il loro primo incontro, “E’ divertente ripensarci ora, perché eccoci qui ad avere la nostra conversazione tradotta in un altra lingua e non avrei mai pensato di ritrovarmi qui seduto” racconta Jake Gyllenhaal e Bauman aggiunge, “Il nostro primo incontro è avvenuto proprio in un ristorante italiano a North Boston, quindi è come se si fosse chiuso il cerchio così!”.

“Incontrare Jeff mi metteva paura: lo vedete per come è, come si comporta, lui è una luce. Ha certe qualità che non avevo mai visto in nessun’altro e mi era stato dato il compito di interpretarlo. Mentre camminavo verso il ristorante ricordo di aver pensato ‘Non ce la faccio, non posso fare questa parte, non ho la sua forza, non c’è in me, non ci posso riuscire, non ho assolutamente quello che ha lui e che lo ha fatto sopravvivere’ e poi invece sono entrato e gli ho stretto la mano ed era la più dolce e gentile persona che avessi mai conosciuto e allora ho pensato che forse ce l’avrei potuta fare.” spiega l’attore, “Ed è proprio quello che fa lui, la sua presenza, la sua storia, fa pensare alle persone che magari ce la potrebbero fare anche loro, gli fa credere. Ed è esattamente così che mi sono sentito e da quel momento siamo diventati amici”.

Jeff Bauman è diventato un simbolo della maratona ma non si sente e non vuole essere chiamato eroe, “Non mi piace il termine eroe, sono altri gli eroi nella mia vita, persone a cui mi rivolgo e che mi ispirano per andare avanti. Ero alla maratona per amore, amore per mia moglie e madre di mia figlia, anche se ancora non era nata. Ero lì per essere presente nella vita di una persona, era la mia prima maratona e avevo creato un cartellone davvero bello, che mi piacerebbe avere ancora. Non sarei potuto essere altrove, semplicemente volevo esserci e non sono quindi un eroe, ma sono un ragazzo normale”.

Il film è focalizzato molto sullo stress post traumatico di Jeff Bauman e Jake Gyllenhaal si è preparato lavorando con amici che ne hanno sofferto, militari o persone che hanno avuto situazioni drammatiche nella loro vita e parlando con loro ha potuto capire una parte di quello che avevano provato.

La parte che ho apprezzato di più del film è proprio questa, non il dolore fisico, le cose che puoi vedere, ma le cose che non puoi vedere, cose che io non ho raccontato.” ha confessato Bauman,“Penso che Jake le abbia capite attraverso il mio viso, cosa potevo aver provato. Il film mostra situazioni anche molto cupe, come ad esempio la scena della doccia: quel momento racconta davvero tanto di come possa essere soffrire di PTSD. Quando succede qualcosa di traumatico la tendenza è l’isolamento e per i primi due anni e mezzo circa ho iniziato a bere per scappare dalla realtà, da quello che stava succedendo nella mia mente e al mio fisico. Il modo in cui Jake è riuscito ad interpretare quei momenti è stato molto potente e mi ha fatto piangere. Ho fatto tantissimi errori e il film me li ha mostrati, ma oggi finalmente sto bene mentalmente, sono un bravo padre e marito.”

“Sia quando scrivevo il libro che durante la produzione del film il mio pensiero era mostrare alle persone che si può sopravvivere, andare avanti e sopratutto non sono soli nella lotta, non è capitato solo a loro. Ed era anche importante fargli capire che devono chiedere aiuto alle persone che gli sono intorno, che è stata la parte più difficile per me nella mia convalescenza, cercare di riconnettermi con le altre persone. Spero quindi che arrivi un messaggio positivo dalla mia storia” riflette Bauman sul messaggio del film, e Gyllenhaal continua, “Quello che mi è parso di capire dalla storia di Jeff è che in quei momenti lui cercava di ricalibrare il suo mondo fisico, il suo mondo emotivo e psicologico, che gli era stato spazzato via letteralmente in un minuto. C’era una grande confusione intorno a lui e quella confusione l’ha anche portato a diventare un simbolo, che in realtà lo ha rallentato ancora di più perché sopraffatto da questa enorme responsabilità. La cosa affascinante della storia di Jeff era che doveva contemporaneamente essere un simbolo e cercare di capire cosa gli era successo fisicamente e penso che le intenzioni di tutti erano buone ma era diventato molto difficile per lui… E questo perché lui è semplicemente un essere umano. E questo è il tipo di combinazione per cui facciamo film, per mostrare a tutti che non è tutto così semplice come sembra e la parte più bella della sua storia è che ora è riuscito ad incarnare questo simbolo e se hai l’onore di parlare con lui, sai certo che ti renderà felice. Fa sentire tutti meglio intorno a lui e mi ha insegnato qualcosa grazie a quasi tutte le interazioni che ha avuto davanti a me.”

Infine Jake ha reso omaggio alle scelte della sorella Maggie Gyllenhaal, quando gli è stato chiesto come ma sia lui che la sorella facevano scelte artistiche e di carriera molto interessanti e di qualità: “Siamo stati cresciuti proprio come è stato cresciuto Jeff: da due genitori incredibilmente complicati. Quello che è sempre stato importante per loro è stato insegnarci a credere che c’è sempre qualcosa da dire che è più importante di noi stessi e ancora oggi agiamo pensando a questo… Facendo cose belle, ma facendo anche qualche casino. Anche se crediamo magari in cose diverse, mia sorella mi ha insegnato tantissime cose. Essere una donna in questa industria è molto diverso rispetto ad essere un uomo e penso che lei stia facendo un lavoro incredibile con la sua carriera, in particolare ora che si sta affermando come filmmaker, sta facendo parte della parte produttiva nella narrazione delle storie e affronta tantissime sfide da attrice. Per lei la cosa più importante è sempre stata essere onesta con se stessa come donna, in particolare riguardo a cosa significa per lei il femminismo e penso che lei sia bellissima. Essendo la mia sorella più grande, mi ha ispirato in talmente tanti modi, che è per questo che ho cercato di essere anche io così ma darei il merito anche ai miei genitori. A volte abbiamo successo, a volte arriva il fallimento, ma questo è quello in cui crediamo.”

 

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