L’amore è imperfetto, parola di Francesca Muci e del suo cast

 

L’esordio alla regia nel lungometraggio di fiction Francesca Muci, L’amore è imperfetto, tratto da un romanzo della stessa regista, ha per protagonista Anna Foglietta nel ruolo di una donna che scopre qualcosa di sé stessa lasciandosi andare all’amore nelle sue varie forme. A presentare il film, accanto alla regista, intervengono lo sceneggiatore e produttore Gianni Romoli, gli attori Anna Foglietta, Giulio Berruti, Lorena Cacciatore e Camilla Filippi, presenti anche i produttori R&C Produzioni e Rai Cinema.

Come nasce la voglia di mescolare erotismo e ironia in questo racconto molto personale della protagonista?

Francesca Muci: “Abbiamo voluto mantenere lo spirito del libro, che (…) ha uno spessore a volte anche più cupo rispetto al film” Per il film infatti, ha spiegato, “abbiamo desiderato invece che prevalesse la linea della leggerezza”. E definisce questo il “racconto assoluto” di una donna che è eroina e antieroina nello stesso tempo”, “una donna che cammina su un filo, che ogni tanto cade, poi si rialza, ma (…) con leggera naturalezza, senza morbosità, senza incupire la sua storia”.

Anna Foglietta, cosa ti ha affascinato di questo ruolo?

Anna Foglietta: “E’ stata una grande fortuna, un dono. In Italia, lo sappiamo, se gli autori, i registi (…) ti vedono in un certo modo, ti costringono a quello, vita natural durante. Io ho avuto la grande fortuna di incontrare Francesca, che ha creduto in me e in me ha visto Elena. Anche i produttori mi hanno voluta fortemente, mi sono sentita molto protetta. Elena è una donna estremamente complessa, sfaccettata, poliedrica, che ha avuto due vite, e si vedono nel film. Da attrice ho avuto la possibilità di interpretare due donne in una. Questo per me è stato un grandissimo privilegio. Magari capitasse più spesso! Non lo dico solo per me, ma anche per le mie colleghe, che hanno voglia di dimostrare che si può fare altro, sappiamo fare altro, a volte anche bene”.

Com’è nata l’idea del libro e del film?

F. M.: “L’idea del libro è nata dopo un viaggio. Ho girato diversi documentari in Terra Santa e mi è venuta la voglia di raccontare la storia di una donna moderna, contemporanea e di un amore assoluto (…). In particolare poi, l’idea è nata da un sms che ho ricevuto davvero da una sorta di Adriana, anche se poi il mio percorso non si è risolto in quel modo”, cioè non è stato come per la protagonista, Elena, che inizia una relazione con la giovane Adriana. Questo sms ricevuto da una ragazza mi ha (…) scossa, ma anche divertita e da lì è nata l’idea della storia”.

Anna Foglietta, hai avuto delle riserve, dovendo interpretare diverse scene erotiche, non morbose, ma comunque forse non facili?

A.F. “Quando ho letto la sceneggiatura, prima di fare il provino, ho trovato in scrittura le scene più impegnative che non, poi, vedendole. (…) Però non ho avuto reticenze, soprattutto dopo aver conosciuto Francesca, che è una donna con una leggerezza e consapevolezza uniche, che riesce a trasmetterti (…). È chiaro che quelle scene sono state, più di ogni altra scena, orchestrate e ben strutturate. (…) Ho voluto sapere tutto quello che sarebbe successo e fin dove ci saremmo potuti spingere, perché ovviamente sono scene più particolari di altre in cui una donna, così come un uomo, rischia a volte di sentirsi violato, quindi è giusto rispettarsi fino in fondo, se c’è professionalità. In questo caso ce n’è stata molta e non ci sono mai stati problemi”. E riguardo alla scena erotica con Adriana/Lorena Cacciatore, rileva come ad allentare la tensione e a far riuscire il tutto abbia contribuito il fatto che “ci siamo parlate, eravamo in sintonia, ma ci siamo anche molto rispettate. Poteva lasciarti anche degli strascichi emotivi.”

Sull’ambientazione del film, come mai si è scelta una Bari filtrata, ripulita, sia nella fotografia che dal punto di vista linguistico, un po’ distante dalla Bari quotidiana?

F. M.: “Ho scelto Bari per campanilismo. Volevo assolutamente che questa mia prima creatura venisse dalla mia terra”. La regista leccese a Bari ha vissuto “forse gli anni più importanti della mia vita”. Simbolicamente, poi, “Bari rappresentava perfettamente lo spirito della protagonista. Ha il lungomare più lungo d’Europa e forse anche uno dei più belli (…). Questo rappresenta un senso d’apertura verso l’atro. Mi piaceva ci fosse nella storia questo senso babelico d’incontri”, che si manifesta anche nelle diverse lievi inflessioni linguistiche dei protagonisti. “Questo mi piaceva moltissimo, perché non volevo raccontare la storia di un posto, l’amore come si vive a Bari, ma l’amore in senso assoluto, Bari mi sembrava il panorama perfetto per rappresentare questo.

Come avete affrontato, come produttori un film di genere erotico?

Gianni Romoli: “Quando abbiamo letto il libro, ci ha colpito questo ritratto di donna abbastanza nuovo rispetto alla produzione del cinema italiano. Non credo che il film sia un film erotico. Non lo abbiamo vissuto così, ma come un film in cui si tornava anche a parlare di eros. Quello che personalmente mi ha più intrigato è che in fondo si tratta di una storia abbastanza melò”, “romantica e sentimentale”, un miscuglio, dove, “mi piaceva che gli elementi erotici non fossero oscurati, tagliati, eliminati, come succede nel cinema italiano degli ultimi vent’anni. L’erotismo nel cinema italiano è sempre stato estremamente importante, se pensiamo al grande cinema d’autore fino agli anni ’70. (…) Dagli anni ’80 in poi, l’eros è un po’ scomparso”. Dunque ora “mi sembrava stimolante tornare a parlarne.”

Lorena Cacciatore, il tuo personaggio è una sorta di “stalker”, come ti sei trovata a interpretarlo?

Lorena Cacciatore conferma scherzando: “Sì, sono una “stalker”. In effetti, dalle prime battute del film mi presento con tutta l’irruenza del mio personaggio, comincia un “pedinamento” assiduo di Elena (…), però, man mano che inizia questo gioco sessuale tra le due, emerge un lato molto forte di Adriana, una fragilità incredibile da bambina cresciuta”, una diciottenne il cui mondo è però quello di una bambina di cinque anni, “quindi”, prosegue l’attrice, “vive le emozioni del momento. (…) Quando ho letto libro e sceneggiatura mi ha fatto una simpatia incredibile. L’ho amata fin dal primo momento, ma ho amato anche conoscerla man mano che passavano i giorni sul set”.

Come mai l’elemento religioso, con questi flash ripetuti di immagini sacre, edicole, una processione?

F. M.: “C’è un forte senso d’intimità in tutto il racconto. Non avevo idea che emergesse come un contrasto. È una forte appartenenza del luogo, poi è un momento d’intimità”. E spiega meglio: “Nella prima scena la processione (…) la trovavo perfetta nel momento in cui Elena riceve la telefonata “surreale” dall’amica che le chiede di cercarle un analista, perchè comunque parlavamo di io profondo.  Quel momento mi è sembrato bellissimo, era un racconto dell’io”.

Camilla Filippi, cosa ti ha incuriosito del personaggio di Roberta, la migliore amica di Elena?

Camilla Filippi loda la diversità del film, rispetto a ciò che siamo abituati a vedere e la sensibilità della regista: “Francesca è una donna risolta nella vita e quindi riesce ad amare le donne, perché non si mette in competizione e non ha problemi, ed è riuscita a scrivere il ruolo di un’amica vera. Spesso le amiche nei film hanno un momento di rottura, una lite, poi tornano sui loro passi. Invece questa è un’amica vera, nel bene, nel male, nei momenti più difficili, un’amicizia molto solida, (…) un altro modo di amare attraverso l’amicizia”.  Il film è contraddistinto, dice, da “un’apertura enorme”, verso “tanti modi diversi di amare”. Si augura poi che questo lavoro sia una spinta anche per altri autori a parlare finalmente di donne, al di fuori dei loro ruoli sociali “classici”:“in questo film si parla di una donna, non tanto di una mamma, di una moglie, di una fidanzata, ma di una donna, che è una cosa che non si vede spesso e di cui abbiamo bisogno.

Paolo Del Brocco di Rai Cinema si dice orgoglioso della scelta della Rai di promuovere giovani talenti e tra questi, di lavorare al progetto con Francesca Muci, già regista di documentari per la Rai, e qui al suo esordio nel lungometraggio di finzione

Giulio Berruti, hai provato degli imbarazzi nelle scene di nudo, in particolare in quella dello spogliarello?

Giulio Berruti: “L’ho trovato molto interessante. Quando lessi quelle scene rimasi un po’ smarrito, perché non capivo quale fosse la direzione del film, se vogliamo anche impaurito, perché comunque ci si espone. Ma è stata forse la paura che mi ha spinto ad affrontarlo. Ritengo che come attore sia doveroso e stimolante affrontare ruoli che ti mettono alla prova, in cui puoi sperimentare e buttarti. Nella scena dello spogliarello in particolare, credo abbia funzionato moltissimo l’ironia, derivata anche dal fatto che non l’avevo mai fatto prima, nemmeno nella vita.” È proprio l’ironia, dice, che “fa affiorare l’umanità del personaggio, la sua vulnerabilità, l’imbarazzo. Questo lo rende più vicino al pubblico e spero più interessante.

Francesca Muci spiega così la scelta di Berruti per il ruolo “Mi piaceva questa sua bellezza assoluta, tanto da sembrare quasi finto, perché lui doveva rappresentare il principe azzurro (…), l’eroe delle fiabe, lo vedevo come l’eroe romantico”, ma allo stesso tempo anche “il personaggio più fragile, perché nasconde la propria natura per il desiderio di diventare padre”.

Il film uscirà nelle sale il 29 novembre in 128 copie, distribuito da 01 Distribution.

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