Lorenzo Richelmy, intervista al protagonista di Diario di Spezie dal Noir in Festival

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Sabato 11 dicembre è stato presentato in concorso al Noir Festival 2021 Diario di Spezie, primo film di Massimo Donati, tratto dal suo omonimo romanzo pubblicato da Mondadori nel 2013 e prodotto con il sostegno della Trentino Film Commission. Protagonista del film è Lorenzo Richelmy, che abbiamo raggiunto al telefono per parlare proprio di questo thriller che lo vede ritornare al Noir in Fest.

 

Dopo l’esperienza di Ride, di Jacopo Rondinelli, e quella con Il talento del calabrone, di Giacomo Cimini, Lorenzo Richelmy vede un altro suo film presentato al festival del cinema di genere a Milano. Che affinità c’è con il Noir in Festival?

“La prima volta che ho partecipato al Noir in Festival ero un giurato, era il 2017 mi pare – esordisce Richelmy, facendo risalire la sua amicizia con il festival ancora a prima del 2018, anni di uscita di Ride Io sono un amante del genere, aborro invece il mix di generi. Come attore appassionato d’arte, mi piacciono le scelte radicali. Il genere permette ad un autore o a un film di essere molto dritto. In un momento in cui è sempre più difficile ottenere la sospensione di giudizio dal pubblico, perché ora il pubblico è espertissimo, si fa subito le sue idee, mentre il genere ti leva dal campo un sacco di problematiche, anche da un punto di vista produttivo. Il genere ti permette di fare una scelta, che poi magari è sbagliata, ma preferisco sbagliare piuttosto che fare un film grignolino, carino, di intrattenimento. Io non sono un grande fan del cinema come intrattenimento, mi piace emozionarmi, non divertirmi. Quello, nella mia esperienza, lo faccio con i videogiochi, per cui per me il cinema è un oggetto di studio. Quindi sì, il genere mi piace, e sono legato al Noir in Festival perché sono attratto da questo tipo di storie, sia come attore che come spettatore. E il genere a tinte fosche mi piace molto.”

Chi è Luca Treves, protagonista di Diario di Spezie?

“Io cerco sempre di scegliere delle storie che possano avere una valenza contemporanea. Luca è un personaggio che si è accomodato, ha trovato un posto che tutto sommato gli sta comodo. Ha il suo piccolo ristorante, anche se poteva diventare un grande chef. Come spesso succede ai ragazzi in questi anni, lui sceglie di accontentarsi. Negli anni ’60-’70 si protestava per il posto fisso, che era considerato uno schifo. Adesso un ragazzo di 20 anni elemosina un posto fisso, e dal punto di vista generazionale per me è una sconfitta totale. Il ragazzo di 30 anni che è stato testimone della fine dell’analogico e della nascita del digitale, secondo me, è rimasto un po’ fregato, facendo finta che il problema non esiste. Il mio personaggio parla un po’ di questa frustrazione che si sopporta perché si riesce ad andare avanti. Sembra che vada tutto bene, ma in realtà nasconde drammi perché non siamo fatti per restare figli tutta la vita. Luca Treves è figlio di sua moglie, anche, e non si decide a diventare un uomo. All’inizio del film lo vediamo così, ma grazie ad Andreas, nel corso della storia, dovrà trovare il suo modo di diventare uomo. Luca è un bimbo nella sua confort zone e nell’arco del film sarà costretto a diventare un uomo.”

Luca tiene un diario delle spezie, in cui annota i nomi delle spezie che assaggia e che trova, ne elenca dettagli, usi e profumi. Hai un’abitudine del genere, tenere un diario, non di spezie ma magari di esperienze o pensieri?

“Non scritto, ma musicale. Sono un grande appassionato di musica, la mia playlist va da Bach alla death metal più incazzata. Ho sempre fatto molta ricerca, anche se ora su Spotify mi sono addormentato un po’, ma sto anche lavorando tanto, sono cambiate delle cose. Però ero uno che almeno una volta al mese, se non a settimana, si metteva a fare ricerca di musica, anche perché io applico la musica al mio mestiere: ogni personaggio ha una canzone, ogni film una playlist, ogni scena un ritmo.” 

Ci sono due storie parallele in Diario di Spezie, da una parte le indagini, dall’altra l’on the road di cui Lorenzo Richelmy è protagonista. Sempre più attori tendono a leggere solo la loro parte della sceneggiatura, per godersi lo spettacolo al cinema. Tu hai avuto contezza della storia nell’insieme?

“Molti amici e colleghi lo fanno, lo rispetto, ma a me sembra strano. Credo che bisogna avere un quadro della storia. A me piace capire tutto del film, mi piace capire che ritmo avrà il film e lavorare con il regista, io sono uno di quelli che studia anche gli archi emotivi degli altri personaggi, per capire bene come incastrare il mio.”

Il film è recitato in lingue diverse, c’è il francese, il tedesco, un po’ di inglese e l’italiano. Questo impasto linguistico ti ha condizionato o ti ha dato delle indicazioni, oppure è stato del tutto irrilevante, visto che il tuo personaggio recita prevalentemente in italiano?

“Il mio personaggio parla in veneto, non strettissimo, ma è comunque un linguaggio lontano dalla mia confort zone che è questa con cui ti sto parlando. L’estetica musicale del film si lega al linguaggio. La musica diegetica si lega molto al mix di voci e anche questo spinge lo spettatore a non avere un riferimento attaccamento regionale. Questo permette alla storia di essere senza spazio, e questo alimenta il thriller, perché non ti dà modo di capire a fondo cosa sono i personaggi, non capisci neanche che cosa vogliono fino alla fine. Questo mix linguistico, questa non appartenenza, gioca il gioco del thriller. E per me, che non mi diverto a fare le cose comode, questo aspetto contribuisce a creare suspance e curiosità.”

Presentato al Noir in Festival in concorso, Diario di Spezie, di Massimo Donati vede trai protagonisti, accanto a Lorenzo Richelmy, anche Fabrizio Ferracane e Fabrizio Rongione. Il film è prodotto da Master Five Cinematografica con Rai Cinema e Rodeo Drive.

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