Dopo i film di gran successo X – A Sexy Horror Story e Pearl, il regista Ti West ha concluso la sua trilogia sexy-horror con protagonista Mia Goth con MaXXXine (qui la recensione), al cinema dal 28 agosto con Lucky Red e Universal. Questo terzo e – per ora – ultimo capitolo accompagna l’eroina del titolo a Hollywood, a caccia della sua grande occasione nel cinema che conta. Questa volta, il riferimento del regista sono i thriller anni ’80, a partire dai quali conduce gli spettatori in un folle viaggio tra le strade della Mecca del Cinema. Per l’occasione dell’uscita del film, abbiamo incontrato Ti West, che ci ha raccontato qualcosa di più sulla trilogia e il suo rapporto con l’horror.
Ti aspettavi il successo avuto da questa trilogia? Secondo te, da cosa è dovuto?
No, non lo prevedevo affatto. Specialmente per questa tipologia di film, che diventano dei cult istantanei. Credo che due motivi per questo successo – ma potrei sbagliarmi – sia l’entusiasmo che c’è oggi per il cinema nel cinema, cosa che genera un certo coinvolgimento in quegli spettatori in cerca dei film incentrati sull’arte del fare film. Ma credo che il vero motivo sia più universale, ovvero il discorso sul volere un certo tipo di vita e sulle difficoltà di raggiungerla. Questo è il cuore di questa trilogia e credo che il pubblico possa davvero connettersi con questa tematica.
Hai detto che il tuo intento era quello di non demonizzare la Hollywood di quegli anni, quindi cosa ti interessava di più raccontare di quel contesto?
L’assurdità che lo caratterizzava! Fare film è una cosa strana da fare e Hollywood è un posto interessante perché da un lato è uno dei luoghi più glamour del mondo, ma dall’altro, proprio dietro l’angolo, può diventare molto pericoloso. Questi due aspetti coesistono e credo che questo sia un aspetto davvero unico. Tutti vanno ad Hollywood per diventare qualcuno, ma non tutti ci riescono, eppure la gente continua ad andarci. Tornando alla precedente domanda, questo è uno dei motivi per cui ritengono sia così facile immedesimarsi nella vicenda narrata.
Dalle sue prime manifestazioni ai film più famosi del genere, l’horror è sempre stato un genere privilegiato per raccontare la società attraverso le metafore della mostruosità. Credi che ancora oggi abbia questo valore?
Sì, credo che ci siano ancora registi che sanno usare questo genere per mandare messaggi sociali di un certo tipo. Penso sia anche ciò che dà fascino a questo genere. Però l’horror ti permette prima di tutto di sperimentare in modi in cui con gli altri generi non è possibile e quando io personalmente realizzo un horror è questo che ho davanti agli occhi come prima cosa. Non sto lì a pensare “ok, userò questo per mandare un dato messaggio”. La possibilità di portare qualcosa di davvero provocante sullo schermo ti costringe a chiederti se davverò vuoi caricare quella cosa di ulteriori significati o meno e non sempre è necessario farlo.
Dopo tanto horror, ci sono altri generi che ti interesserebbe esplorare?
Assolutamente. Sono circa dieci anni che lavoro con il genere horror, per cui credo che ora mi prenderò una pausa. Non credo farò più qualcosa di simile alla trilogia di MaXXXine. Ho trascorso quattro meravigliosi anni a lavorare a questi tre film, ma ora sento che è giunto il momento di voltare pagina e cimentarmi con qualcosa di profondamente diverso.
Come descriveresti il tuo rapporto lavorativo con Mia Goth?
Abbiamo attraversato insieme quattro anni di lavoro davvero intenso e penso che né io né lei avessimo avuto un’esperienza simile con altri. Mia è davvero unica, sin dalla nostra prima conversazione abbiamo capito di poter essere “partner in crime”. Il lavoro svolto, per quanto uno spettatore non possa esserne realmente a conoscenza, credo che si ritrovi tutto sullo schermo grazie alla sua capacità di capire e prevedere ciò che desideravo, che spesso coincideva con ciò che desiderava anche lei. La collaborazione si è così rivelata estremamente soddisfacente, anzi senza dubbio è stato il rapporto regista-attore/attrice più soddisfacente della mia carriera sino ad oggi.
C’è qualcosa che vorresti cambiare o fare diversamente nella trilogia dedicata a Maxine, ora che l’hai realizzata?
In realtà no. Sono certo che ci siano alcuni aspetti tecnici che avrei potuto gestire in modo migliore, o magari avrei voluto avere più tempo o risorse, ma a questo punto non ha importanza. Ora è passato un po’ da quando li ho rivisti tutti e tre ma credo che quando li rivedrò tra qualche anno sarò ancora convinto di aver fatto tutto come lo volevo, per cui mi posso ritenere soddisfatto.
Pensi che un giorno potresti tornare a raccontare un nuovo capitolo della vita di Maxine? Ad esempio raccontandola ad un età più avanzata.
Non lo so, sinceramente. Credo che se lo faremo, sarà effettivamente per una Maxine ormai anziana. L’unico modo in cui al momento vedo possibile un nuovo film a lei dedicato è cogliendola da una distanza particolarmente importante da dove l’abbiamo lasciata. Ciò permetterebbe di avere un punto di vista del tutto nuovo su di lei. Io e Mia Goth dovremmo essere significativamente più vecchi per riuscire a fare ciò. Al momento siamo molto orgogliosi del lavoro svolto, per cui rivisitarlo ora non avrebbe senso… forse tra vent’anni!