Alla decima edizione della festa del cinema di Roma, arriva Paolo Sorrentino nello spazio dedicato agli incontri ravvicinati con il pubblico.

 

Come gli ospiti che l’hanno preceduto, ci parla del cinema che ama, mostrando le sequenze dei film nella sua personale Top 5. Il primo è The Ice Storm (1997) di Ang Lee, un film incentrato sul tema familiare che Sorrentino dichiara prediligere quando si tratta del suo essere spettatore. Una pellicola che – dice – gli ha insegnato tanto sulla sceneggiatura per compostezza e solidità, che è capace di coniugare il bello con il vero senza rinunciare per questo all’estetica, un concetto che oggi è per molti quasi un sacrilegio.

Paolo Sorrentino 3Il secondo è La Notte (1961) di Michelangelo Antonioni. Sorrentino è un grande ammiratore del cinema di Antonioni, Fellini e Bertolucci e li ritiene i migliori nel mondo per la capacità di mettere in scene qualsiasi cosa in maniera eccelsa e, in particolare il film di Antonioni «perché racconta in maniera tragica come è disagevole stare al mondo».

Al numero 3 della classifica c’è Road to Perdition (2002) di Sam Mendes, nel dettaglio la scena della sparatoria che è per Sorrentino è una lezione di cinema vera è propria, per come è scritta, com’è recitata, com’è illuminata, per l’uso che si fa del suono e per la capacità di essere verosimile pur nel massimo dell’artefatto.

Una  sequenza di A Straight Story (1999) di David Lynch è il quarto film scelto da Sorrentino, che si sofferma sull’immensa capacità di Lynch di usare gli stessi elementi in diversi film e creare, di volta in volta, sensazioni completamente diverse. In questo caso è una scena con elementi che di per sé possono essere inquietanti: la notte, il fuoco, un’adolescente in difficoltà e un personaggio eccentrico. Cose che tuttavia lui trasforma, creando qualcosa che infonde serenità, sicurezza.
Mars Attacks (1996) di Tim Burton è il quinto e ultimo film citato da Sorrentino, che lo ama particolarmente per la sua artificiosità e, in particolare nella scena che viene presa in analisi, per il grande erotismo.

Prima di salutare il pubblico, il regista viene omaggiato con una bellissima sequenza tratta da Il Divo (2008), in cui Andreotti (Servillo) passeggia per Via del Corso nelle prime ore del mattino, con la sua scorta. Una scena che il regista stesso rivela non essere veritiera, ma verosimile, poiché dosando bene gli elementi della realtà si può ricreare il vero e renderlo mostruosamente credibile, ed è in questo che sta la forza del cinema.

A chiudere l’incontro, la proiezione dell’episodio Rio I love You (2014), girato nell’ambito del progetto Cities Of Love con altri cineasti di fama internazionale che hanno contribuito con piccoli episodi. Un cortometraggio con un’amara e ben miscelata ironia, che si rivela una chiusura perfetta, per un incontro ricco di contenuto.

 

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