“E’ un thriller psicologico classico, con una trama precisa e una netta divisione in tre atti, costruito attorno a un rito psicomagico”, ma anche “una storia d’amore drammatica” così Giulia Brazzale definisce Ritual una storia psicolmagica, suo esordio alla regia assieme a Luca Immesi, con la “benedizione” del maestro Alejandro Jodorowsky. Dall’8 maggio in sala (15 copie), prodotto da Esperimentocinema col sostegno della Regione Veneto, distribuito da Mariposa.
Non è un progetto surrealista “alla Jodorowsky”
Luca Immesi: “Non volevamo misurarci con lo Jodorowsky maestro del cinema, ma trattare la psicomagia, il suo lavoro di scrittore (il film è liberamente tratto da La Danza della Realtà dell’autore franco-cileno, ndr). Inizialmente non ci ha dato il suo benestare, poi gli abbiamo mandato la sceneggiatura e ne è rimasto colpito, proponendoci anche di fare un cameo”.
Come avete scelto le ambientazioni?
Giulia Brazzale: “Volevamo creare due ambienti diversi, quasi due storie diverse”.
L.I.: “Il supervisore alla scrittura, Jeff Gross, sceneggiatore di Roman Polanski, ha insistito molto sulla struttura in tre atti: il primo, che rende il mondo abituale dei protagonisti, mentre poi si apre tutt’altro scenario”.
E le musiche?
L.I.: “Siamo stati fortunati: Patrizia Laquidara ci ha dato uno dei pezzi con cui ha vinto il Premio Tenco 2011; a Moby abbiamo mandato delle scene, chiedendogli se potevamo usare alcuni dei suoi pezzi inediti per film per musicarle. Lui ce ne ha dati sei. Per il pagamento dei diritti ci siamo accordati per una donazione di beneficienza di 2000 dollari a un’associazione americana di protezione animali. Le musiche originali sono di Michele Menini”.
Patrizia Laquidara: “Nell’album Il Canto dell’Anguana (da cui è tratto il brano presente nel film, ndr) ho riscoperto le tradizioni venete. I registi hanno mostrato bene la figura mitologica dell’Anguana, a metà tra Circe e la Grande Madre, bene e male che s’incontrano”.
Cosa vi ha convinto ad accettare i vostri ruoli?
Ivan Franek. “La differenza tra questi due mondi: quello della coppia e del loro rapporto non sano e poi, in parallelo, la campagna, ritratta con una certa purezza di sguardo. Conosco il lavoro di Jodorowsky; non pratico psicomagia, ma mi sono divertito. Il surrealismo mi piace. Amo i personaggi oscuri, ma mi piace anche molto fare la commedia”.
Désirée Giorgetti: “Questo è un ruolo di donna dalle molte sfaccettature. Mi ha colpito la condipendenza con l’uomo. È stato interessante lavorare con Ivan sul personaggio, ci siamo trovati a dover scandagliare situazioni scomode, emotivamente anche molto coinvolgenti”.
L’esperienza sul set con Jodorowsky?
L.I.: “Lavorare con lui è stato molto semplice. Arrivando sul set mi ha detto: “Sono il tuo schiavo”. Per la scena del suo cameo ci ha anche dato dei suggerimenti, come anche sul modo di rendere i riti più veritieri possibile”.
Cosa vi spinge a fare cinema?
G.B.: “Voglio cambiare il rapporto che c’è purtroppo ancora oggi in Italia fra uomo e donna, in cui la donna è sottomessa”.
L.I.: “La passione e la voglia di esplorare temi anche scomodi”.