Sette opere di misericordia è stato
proiettato in anteprima il 12 gennaio alla Casa del Cinema di Roma.
A seguire, una conferenza stampa che ha visto coinvolti il
produttore, i registi e parte del cast. A chi li ha paragonati ai
Fratelli Dardenne, i simpatici e giovanissimi gemelli torinesi
rispondono di non essersi ispirati a loro poiché ‘’Se dal punto di vista narrativo il percorso
dei protagonisti è di redenzione morale, dal punto di vista
prettamente stilistico l’approccio alle riprese è quasi l’opposto
di quello dei Dardenne’’, spiegano. ‘’Utilizziamo la macchina da
presa in maniera molto ‘fissa’ e lasciamo che siano il paesaggio ed
il mondo a muoversi attorno a noi. Può sembrare un atteggiamento
anticinefilo ma è sicuramente più legato alla vita quotidiana’’. I
due cineasti, al loro primo lungometraggio realizzato dopo una
serie di corti e documentari – ricordiamo L’esame di Xhodi in cui
si raccontano le vite degli studenti dell’Accademia di Belle Arti
di Tirana, e Barkoman, ritratto collettivo di una comunità
autogestita dai ragazzi di strada di Ouagadougou, in Burkina Faso –
spiegano, fra numerose battute ed aneddoti riguardanti la loro
somiglianza che spesso ha ‘confuso’ il cast, che la trattazione di
un argomento caldo come quello dell’immigrazione clandestina, ‘’non
è stato affrontato dal punto di vista cronachistico o di denuncia
ma dal punto di vista psicologico e della ricerca disperata di
un’identità. Nel quartiere in cui siamo nati e cresciuti ed in cui
si snoda la trama, Falchera, la multi etnicità e la compenetrazione
fra linguaggi differenti e nuovi esistono ormai da anni ed infatti
ci stupiamo ancora quando qualcuno, nel cinema, ritrae
l’extracomunitario evidenziandone le componenti ‘esotiche’ o
lontane dal nostro vivere quotidiano. Il paesaggio, inoltre –
aggiungono – non è mai rappresentato in stile documentaristico ma è
quello che i personaggi, con il loro corpo ‘guardano’ o cercano di
rappresentare’’. Ciò è confermato da piani volutamente fuori fuoco
che rappresentano proprio una delle cifre stilistiche fondamentali
del lavoro. Da rilevare la bellissima sequenza in cui la voce della
ragazza moldava, che canticchia immersa dal buio del furgone in cui
dorme, sulle note della musica di un lettore mp3 rubato in
ospedale, accompagna anche le prime ‘battute’ della sequenza
successiva creando una continuità fra la freschezza della sua anima
e lo squallore della vita che è costretta a condurre per tirare
avanti.
In uno sfondo dai contorni che sfumano e dalle luci che procedono
di pari passo con temperature gelide che penetrano nella pelle dei
personaggi, si snoda la vicenda di Luminiţa, una convincente
Olimpia Melinte, e di Antonio, interpretato dal magistrale
Herlitzka. ‘’Nel corso della storia mi sono messo a nudo più
fisicamente che psicologicamente – evidenzia l’attore – visto che
la mia personalità è differente da quella del signore che
interpreto. Mi sono, semmai, ‘mascherato’ per interpretarlo, ma
forse sarebbe più corretto dire che sono andato a snidare quella
parte di me che più somigliava ad Antonio’’.
A noi non resta che sperare che il film raccolga, non solo dalla
critica, il successo e l’approvazione che merita e che il progetto
che i due fratelli De Serio hanno intenzione di realizzare possa
avere un felice seguito. I due, infatti, inaugureranno il 7
Febbraio prossimo proprio a Falchera la ‘Società di Mutuo Soccorso
Cinematografico’, ‘’un’antiscuola di cinema – concludono – aperta
non solo ai ragazzi del quartiere ma a chiunque, professionista o
principiante, voglia dare il proprio contributo
nel mondo della settima arte’’.
Sette opere di misericordia: la conferenza stampa
-