Tra cinque minuti in scena poster Al suo primo lungometraggio, Laura Chiossone, che al cinema è arrivata per le cosiddette vie traverse (produzione, pubblicità videoclip), si presenta con Tra cinque minuti in scena , un’opera inedita nel panorama italiano che mixa con grande coraggio il documentario, la commedia farsesca e il dramma. La regista, insieme ai produttori Marco Malfi Chindemi  e Luca Lucini e alla sua protagonista, Gianna Colletti, presenta il film alla Casa del Cinema di Roma.

 

Com’ è nato il progetto?

LC (regista): Il progetto nasce innanzitutto dal mio incontro con Gianna, che mi raccontava per mail il rapporto con sua madre. Erano mail che mi facevano riflettere e ridere tantissimo, così non ho resistito all’idea di andare a conoscere sua madre e mi sono subito innamorata del sarcasmo e l’energia incredibile che un corpo allo stremo delle sue forze poteva ancora trasmettere. Mi hanno fatto venir voglia di raccontare la loro storia e farlo a più livelli: estremizzando il lato grottesco e quindi portandola in scena come commedia farsesca all’interno del teatro e allo stesso tempo trasporre la loro realtà quotidiana, nella sua poesia e comicità.

MMC (produttore): L’obbiettivo che ci poniamo quando ci avviciniamo ad un film è quello di portare al cinema storie frubili da tutto il pubblico. Fare un film che abbia un certo tipo di peso e porti in sé anche delle innovazioni, come  è successo in questo caso, considerando i tre livelli su cui il film è sviluppato.

LL (produttore): Sono orgoglioso di aver aiutato a produrre anche il primo corto di Laura e di aver supportato quest’ultima idea, nuova e coraggiosa. Parlando anche in veste di regista, devo riconoscere che mi arrivano copioni già morti in partenza perché, al contrario di quanto è successo qui, spesso si sottovaluta l’importanza di raccontare una storia.

Tra cinque minuti in scenaLa malattia è la vecchiaia sono dei tabù al cinema. Con Amour Haneke è riuscito a sfondare il muro: è stato una fonte di ispirazione?

LC: Sono un’ammiratrice di Haneke e adoro la sua crudeltà come spettatrice, ma nel mio lavoro di regia quello che mi interessa è il contrario: fare esplodere l’energia di un corpo al limite delle sue forze, trovarne la bellezza.

Perché ha scelto l’accompagnamento di musica internazionale anziché prediligere la musica nostrana in una storia così tipicamente italiana?

LC: La scelta di usare musica internazionale (le Into the Trees, sono comunque due musiciste italiane, ndr.) mi permetteva di spaziare di più, di rendere più fruibile e leggero l’argomento trattato, di modo che riuscisse ad avvicinare e coinvolgere anche un pubblico giovane.

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