Questo pomeriggio presso la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, si è tenuta la conferenza stampa di Young Detective Dee: Rise of the Sea Dragon 3D film Fuori Concorso al Festival del Film di Roma 2013. Alla conferenza stampa ha partecipato il regista Tsui Hark.
Il film ha una
spettacolarità altissima in tutti gli aspetti, molte
caratteristiche ricordano però altri film. C’è un rischio di
mescolarsi con il cinema hollywoodiano e perdere le caratteristiche
di quello cinese?
T.H.: Si tratta di un progetto che
riguarda la mia spettacolarità non è gratuita, il personaggio del
detective Dee è profondamente radicato nella tradizione del mio
paese, viene dalla letteratura, il giudice Ti, quindi è basato su
un personaggio storico. Ho cercato di mettere insieme sia la
tradizione letteraria sia gli storici in contesto fantasy. Quindi
il lavoro che ho svolto sul personaggio è quello di creare una
sorta di mitologia autoctona originale rispetto a queste storie,
reinventate cinematograficamente nel rispetto di quello che c’era
già stato, inoltre sto già lavorando al terzo capitolo della saga
con un’idea più ampia e spettacolare.
Pensa che il 3D oltre ha dare un
plus a livello spettacolare, può influire sul piano
narrativo?
T.H.: È una domanda che mi sono sempre posto, il 3D ha una
lunga storia, però qui viene utilizzata in quanto tecnica corrente
della produzione. È una tecnica che mi riporta alla mia infanzia,
io mi ricordo che utilizzavo delle particolari macchinette che ti
facevano vedere il paesaggio in 3D è mi ha sempre intrigato questa
tecnica, l’idea di applicarla nei racconti mi riporta all’inizio
del mio rapporto con l’immagine. Quindi non è una novità che il 3D
esiste già da diversi anni però si può dire che per il pubblico non
è un esperienza molto gradevole per via della tecnologia che ancora
non consentiva una visione comoda. Quindi soltanto da poco sono
state messe a punto le tecnologie necessarie per consentire una
visione per un pubblico molto conveniente e
gradevole dei film in
3D. Ovviamente incominciando ad utilizzare la tecnologia 3D per
quanto riguarda anche la linea narrativa e lo sviluppo
cinematografico di una storia ci siamo resi conto della differenza
che esiste tra i due formati, 3D e 2D. C’è chi sottolinea che in
realtà ci sono poche differenze, invece quando cominci a lavorarci
ti rendi conto che proprio nel dettaglio della lavorazione e
dell’impostazione che bisogna dargli vi sono invece delle notevoli
differenze. Ovviamente parlo dal mio punto di vista personale
perché ci sono opinioni divergenti su questo aspetto però per
quanto riguarda le differenze principali lavorando in 3D dobbiamo
naturalmente sottolineare la differenza con la fotografia e il
montaggio. Nei film in 3D bisogna avere un controllo molto rigoroso
della percezione visiva del pubblico. E anche per quanto riguarda
il montaggio vi sono delle differenze poiché bisogna calcolare un
momento di transizione che può essere compreso tra 1 e 1,25 secondi
questo per permettere un accomodamento visivo nell’occhio del
pubblico per poter passare al livello successivo dell’immagine in
3D. E c’è una differenza anche volumetrica e di profondità che
caratterizza la visiona in 3D per il pubblico. Proprio per questo
il cervello di uno spettatore deve fare uno sforzo particolare per
riuscire a tradurre adeguatamente quello che vede sullo schermo ed
analizzare in maniera idonea l’immagini che compaiono. Quindi
apparentemente quando noi vediamo un film non ci rendiamo conto
della differenza tra le due tecnologie però quando poi cominciamo a
lavorarci dobbiamo raccontare una linea narrativa e ci rendiamo
conto che ci sono particolari che devono essere affrontati in
maniera diversa. E non dimentichiamoci un altro elemento in post
produzione, i sottotitoli.
C’è qualche influenza sullo scambio
delle battute? C’è anche questo fattore da tenere conto?
T.H.: Nell’ambito dei sottotitoli è molto difficile dato che
c’è una grande varietà di dialetti. Mentre invece questo film non
ha dialetti e il problema non si è posto.
Gli attori vanno preparati in
modo diverso?
T.H.: In realtà cerco di rendere la vita facile agli attori,
in maniera tale che non debbano fare troppi sforzi per adattare
quelle che sono le esigenze di un film in 3D che prevede macchinari
e tempi di lavorazione delle scene un po’ più lunghi.
Infine vorrei sapere cosa pensa
della tecnologia a 48fps
T.H.: Ho utilizzato il
sistema dei 48fps sto ancora aspettando di poter visionare i
risultati sul grande schermo. Molti colleghi ci stanno lavorando,
ma c’è da dire che già su 60 stiamo cercando di trovare un consenso
mentre per quanto riguarda il 48 c’è moltissima incertezza. Forse
l’anno prossimo quando si saranno affrontati e superati i problemi
tecnici si potrà dire. Inoltre c’è il problema dei finanziamenti,
ma è chiaro che se una volta che questo standard si diffonderà
allora sarà necessario convincere i gli investitori ad aggiungere
finanziamenti sufficienti per fare una lavorazione in questo modo.
In Cina non c’è ancora la possibilità di vedere film girati in
questo modo, non esistono sale cinematografiche in grado di
mostrare film del genere, nella Cina continentale.