99 Lune: recensione del film di Jan Gassmann

Trasgressione amorosa e semantica in un film di incontri sospesi nel tempo. Dal 29 giugno in sala

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“Vedrò con mio diletto
L’alma dell’alma mia, dell’alma mia
Il core del mio cor
Pien di contento, pien di contento”

 

Sono musica e parole di Antonio Vivaldi ad introdurre 99 Lune, il nuovo film di Jan Gassmann, con Valentina Di Pace e Dominik Fellmann, presentato nella sezione Acid di Cannes nel 2022 (dedicata al sostegno del cinema indipendente). Le immagini si susseguono, per circa 90 secondi; descrivono catastrofi naturali in atto. Presagiscono l’inarrestabile tumulto di un racconto pronto a deflagrare.

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99 Lune: la trama

Dove si incontrano due anime sole? sembra domandarsi il regista. E quali sono gli spazi fisici o metaforici adibiti alla fioritura di un sentimento sconosciuto e impetuoso? La storia di Bigna e Frank, giovani socialmente agli antipodi, muove i suoi primi passi guidata dal caso. Lei, scienziata di 28 anni, è in procinto di trasferirsi in Cile per la messa a punto di un complesso meccanismo di prevenzione degli tsunami. Lui, 33 anni, lavora invece in un club, fa uso di droghe e conduce una vita dissoluta. Il loro primo incontro avviene in un parcheggio. Qui Bigna suole soddisfare i propri desideri carnali tramite giochi di ruolo erotici con anonimi; parentesi di “perversa” trasgressione che le consentono di fuggire dall’abitudinarietà del proprio stile di vita.

All’interno di questo grigio contenitore d’orgasmi le parabole esistenziali dei due si intersecano così con vigore, mascherando il quotidiano squallore di realtà insipide e tracciando le linee guida di un rapporto imprevedibile. Un rapporto destinato a protrarsi, interrompersi e riallacciarsi lungo il fluire degli anni.

L’amore lunatico

Alcune settimane or sono, analizzando l’esordio cinematografico di Emilia Mazzacurati, raccontavamo di una storia scandita dal lento succedersi delle fasi lunari. Come Billy anche Jan Gassmann volge lo sguardo al cielo; ma la luna, orologio celestiale di due narrazioni che null’altro hanno da spartire, assume per il regista svizzero una connotazione profondamente simbolica.

Non è un caso, dopotutto, che le imperfezioni del suolo lunare siano la prima immagine a schermo; o che l’influenza dell’astro sulle maree, come mostrato in incipit, sia un elemento centrale nella caratterizzazione della vita lavorativa della protagonista.

Il parallelismo costruito da Gassmann, inizialmente fumoso, si disvela poco a poco, con il passare dei minuti: così che la missione professionale di Bigna aderisca agli affanni della sua vita privata e l’imprevedibilità intrinseca delle calamità naturali divenga ben presto metafora di un rapporto che sfugge ad ogni intenzione o progetto. Emblema di un’esistenza lunatica in cui l’amore, scrive il cineasta nelle note di regia, “rimane una sorta di potere anarchico”; una forza dirompente che esula dai fiacchi tentativi umani di controllarla.

Sentimento o ossessione?

Se sia poi vero amore il fil rouge che connette le vite di Bigna e Frank non è facile a dirsi. Certo la storia del cinema è colma di relazioni appassionate d’ogni genere e “misura”. Dallo sdolcinato allo struggente. Dal melodramma, alla commedia. E il cadenzato “tira e molla” tra i protagonisti di 99 Lune segue tipiche coordinate di “genere”; le medesime, pur con le dovute differenze, secondo cui si muovono Noah ed Allie, William e Anna, Jack ed Ennis.

Il racconto tratteggiato da Gassmann conserva però il fascino dell’indefinito. Acquista e perde di intensità, si confonde, cammina sul baratro dell’ossessione, arrivando fin quasi a soffocare, per poi liberarsi nella fisicità selvaggia e liberatoria dell’atto sessuale. “Goditi il momento” implora Frank. Consapevole, forse, della fragilità dell’appartenersi. Consapevole della delicatezza del legame tra due anime che, nonostante tutto, danno solo l’illusione di toccarsi, come due mani divise dal vetro sottile del finestrino di un auto.

Tra le pieghe dello spaesamento relazionale del film si cela però l’intuizione visivo-espressiva del suo autore. In un presente in cui nudità e sessualità stanno finalmente superando le dogane della censura, il desiderio e atto di trasgressione del regista non è infatti da ricercarsi nel fare esplicito del film, quanto nella sua incertezza semantica. Nella fallibilità del sentimento amore tradizionalmente inteso; qui sporcato, rimodellato e messo in discussione. Devastante come una scossa di terremoto.

“Vedrò con mio diletto
L’alma dell’alma mia, dell’alma mia Il cor di questo cor Pien di contento, pien di contento
E se dal caro oggetto Lungi convien che sia, convien che sia Sospirerò penando Ogni momento”

Sommario

L'incontro tra due anime agli antipodi; vivo, selvaggio, devastante come una scossa di terremoto.
Dario Boldini
Dario Boldini
Laureato in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, ha collaborato con l'Associazione Culturale Lo Sbuffo a partire dal 2019, scrivendo articoli e approfondimenti sul mondo dello spettacolo. Ha poi frequentato la specializzazione in Critica cinematografica presso la rivista e scuola di cinema di Sentieri Selvaggi di Roma, con la quale collabora dal 2022. Appassionato di cinema e serie tv, collabora con Cinefilos dal 2023. A partire dal 2022 ha partecipato a diversi festival cinematografici su territorio nazionale, tra cui quelli di Venezia, Roma, Torino, Bergamo e Trieste.

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