Benvenuti in casa Esposito, recensione del film di Gianluca Ansanelli

Il nuovo lungometraggio di Gianluca Ansanelli si beffa astutamente di chi comanda la città, ma non la abita veramente.

Benvenuti in casa Esposito è il nuovo film del regista Gianluca Ansanelli che, dopo aver diretto i due lungometraggi All’ultima spiaggia (2012) e Troppo Napoletano (2016) e con una lunga carriera da sceneggiatore alle spalle (Si accettano miracoli, Omicidio all’italiana e Chi ha incastrato Babbo Natale?, tra gli altri) ritorna in cabina di regia ispirandosi direttamente all’omonimo romanzo di Pino Imperatore, che racconta le avventure tragicomiche di una famiglia camorrista. Il film è attualmente disponibile su Amazon Prime Video; nel cast Giovanni Esposito, Antonia Truppo, Francesco Di Leva, Nunzia Schiano, Salvatore Misticone.

 

Un racconto umoristico che si apre alla speranza

Tonino non è credibile nei panni del boss camorrista e non riesce a farsi rispettare, né dalla sua famiglia né da quelli sui quali dovrebbe comandare. Così alla morte di suo padre l’eredità di capozona del rione Sanità non passa a lui ma a don Pietro De Luca, che cerca di tenerlo alla larga il più possibile dai suoi affari. La vicenda si complica quando la figlia di Tonino si innamora del figlio di un magistrato, incaricato di indagare proprio sui traffici illeciti di don Pietro.

Proponendosi come uno spaccato umoristico e al contempo crudele della Napoli contemporanea, Benvenuti in Casa Esposito riesce a mettere in risalto le mille contraddizioni dell’ambiente urbano, senza mai chiudere la porta alla speranza di un futuro migliore.

La sceneggiatura del film riesce a cogliere la fluidità di scrittura di Imperatore, confezionando un’atmosfera da tarantella napoletana che vive di ironia arguta e mai banale, giocando con i luoghi comuni tipici dell'”essere simpaticamente napoletani”. Benvenuti in casa Esposito non pretende mai di infarcire il filo narrativo con sottotrame o messaggi impliciti: lo scopo primario è il beffarsi della quotidianità, efficace proprio perché resa da una prospettiva parziale, lucida, tangibile.

Pur notandosi ingenuità rispetto alla scrittura di Imperatore, e prendendosi qualche licenza nel trattamento della storia principale, Benvenuti in casa Esposito risulta un prodotto di intrattenimento che fa della grande comicità napoletana il proprio fine. Si ride di gusto delle vicende bizzarre che accompagnano quotidianamente i membri della famiglia, ci si emoziona assecondando un messaggio di speranza per una città che non è mai rispecchiata veramente dai cliché delle fiction nostrani, dall’imperversare delle brutte notizie, da chi vuole controllare la città ma non la sta realmente abitando.

Benvenuti in Casa Esposito

Benvenuti in casa Esposito: le sfaccettature di una famiglia e dell’ambiente urbano

Con qualche strizzatina d’occhio a Totò e Troisi, è difficile rimanere indifferenti di fronte alla bravura di Giovanni Esposito, vero e proprio mattatore, ingenuo sciosciammocca, un boss totalmente inadeguato.

Giovanni Esposito è sicuramente una scelta di antieroe atipico per il cinema, con alle spalle una carriera di personaggi fortemente caratterizzati e di ruoli da non protagonista; questa prova attoriale, nello specifico, è da considerarsi il vero punto di luce del film, che riesce a convogliare la tenerezza e la goffaggine insite al personaggio, assieme all’intuizione che lo differenzia all’interno del nucleo familiare: Tonino scopre improvvisamente che c’è un’altra strada che nessuno gli aveva mostrato prima. Gli avevano dato un binocolo che mostrava solo la strada impervia della camorra e della criminalità, ma si accorge invece che c’è un posto in cui c’è spazio per la bontà del suo animo.

Il conflitto non è mai uniforme in Benvenuti in casa Esposito, così come non lo è la cosiddetta “buona famiglia”, al cui interno emergono differenti psicologie. Abbiamo la figlia di Tonino che mira a una precisa direzione, verso cui l’istruzione riveste una funzione salvifica e, dall’altra parte, ci sono i suoceri che, come molti napoletani, vivono la condizione di gente comune assuefatta a una situazione che devono (o vogliono) accettare così com’è. Il resto della famiglia sta nel mezzo: la moglie Patrizia, la suocera Assunta e il marito sono indolenti, accettano la vita così com’è, dato che è Tonino  quello che porta i soldi a casa; non sono criminali, ma non sono neanche buoni fino in fondo. Le divergenze si creano all’interno della stessa famiglia e sarà proprio questa commistione a condurre ad una scelta: alla fine, quello che conta è che il livello di istruzione della ragazza e la sua capacità di andare oltre sono così forti da portare anche il padre lontano.

E’ da questo comico e improbabile sodalizio che nascono gli episodi più esilaranti del film, per mettere alla berlina gli aspetti più cafoni e ridicoli della criminalità. Benvenuti in casa Esposito non riesce mai effettivamente a porsi sullo stesso livello del romanzo da cui è tratto, che è stato un vero e proprio caso letterario, scalando le classifiche grazie al passaparola e all’entusiasmo dei lettori di tutta Italia, nonché adottato da scuole, istituzioni pubbliche, associazioni antimafia, comitati civici e gruppi che si battono per la Legalità. L’intento della pellicola è altresì quello di divertire, consolidare un ulteriore tassello della commedia all’italiane, di quelle che riempiono le sale per le feste natalizie, con le imbranataggini e le avventure tragicomiche di Tonino Esposito.

- Pubblicità -