Su Netflix continua l’ondata di novità 2024 provenienti dalla Corea del Sud. Oltre alle serie televisive, come l’ultima arrivata Se un albero cade in una foresta, il catalogo si arricchisce sempre più di prodotti cinematografici. L’ultimo ad approdare sulla celebre piattaforma di streaming è l’adrenalinico thriller poliziesco Cintura Nera Jeong-do (titolo inglese Officer Black Belt), disponibile dal 13 settembre.
Diretto e scritto da Kim (Jason) Joo-Hwan, autore già noto agli appassionati di cinema sudcoreano per film come il dramma poliziesco Midnight Runners, l’horror religioso The Divine Fury e l’action drama Bloodhounds, il nuovo film di Netflix vede protagonista l’amato attore Kim Woo-bin (Our Blues, Black Knight), che qui interpreta il giovane e ingenuo Lee Jung-do, uno dei personaggi più buffi e al contempo nobili tra i suoi ruoli più recenti. Cintura Nera Jeong-do potrebbe apparire come l’ennesimo thriller poliziesco ricco di acrobazie e inseguimenti mozzafiato, ma in realtà cela una riflessione molto più profonda e degna di attenzione.
Cintura nera Jeong-do: “Sarà divertente?”
Affascinante, divertente, semplice, di buon cuore e incredibilmente atletico, Lee Jung-do è un giovane maestro di arti marziali, con ben nove gradi di cintura nera in taekwondo, kendo e judo. Oltre a dedicarsi allo sport e trascorrere il tempo con i suoi amici nerd, Jung-do aiuta anche suo padre a consegnare il famoso “super pollo fritto” lavorando part-time. Il suo motto? Divertirsi ogni giorno per vivere felice e in salute. La sua vita quotidiana è scandita da affetti familiari, un lavoro tranquillo, momenti di svago e meritato relax. Tuttavia, tutto cambia una notte, quando si ritrova coinvolto in una cattura improvvisa in cui, per puro caso, salva un agente di sorveglianza in grave pericolo. Questo gesto eroico lo porta all’attenzione di Kim Sun-min (Kim Sung-kyun), direttore dell’Ufficio Controlli Elettronici. Impressionato dalle sue abilità atletiche e dal suo coraggio, Kim gli propone un’opportunità unica: unirsi alla sua squadra come martial arts officer (ufficiale di arti marziali) per il Ministero della Giustizia. Dopo qualche esitazione, Jung-do accetta la sfida, e si ritrova così ad abbandonare il suo noioso lavoro di rider per monitorare ex detenuti, con l’obiettivo di combattere e prevenire il crimine.
Ma quando il perverso stupratore seriale Kang Ki-jung (Lee Hae-young) viene scarcerato, Jung-do si trova costretto a lavorare duramente nella task force incaricata di monitorarlo, per sventare così il terribile piano di una organizzazione di pedofili che metterà in pericolo tutti i minori della città.
“Chi persevera, vince”
Per chi ha familiarità con il mondo delle serie sudcoreane, vedere Kim Woo-bin più raggiante che mai sul piccolo schermo è decisamente emozionante. L’attore ha ripreso la sua carriera solo un paio di anni fa, dopo una lunga e coraggiosa battaglia contro il cancro che lo ha tenuto lontano dai riflettori per circa quattro anni. Molto amato e supportato sia in Corea che in Occidente, Woo-bin è sempre stato considerato uno degli attori più talentuosi, carismatici e coinvolgenti del panorama coreano. Questo status lo ha confermato pienamente nei suoi ultimi progetti per Netflix, incluso questo suo nuovo ruolo.
Infatti, in Cintura Nera Jeong-do, Woo-bin sostiene egregiamente il peso dell’intero film: al di là della trama avvincente e alla regia meticolosa, l’opera si appoggia sulla sua straordinaria performance e su un cast che lo affianca con complicità e delicatezza. L’aspetto comico e tenero del film è dato proprio dal suo personaggio e dagli affetti che lo circondano. In particolare, la bromance che si sviluppa tra Jung-do e il direttore è uno dei punti forti della narrazione. In pochi minuti, Jung-do arriva a chiamare Kim con affetto e rispetto “Hyung” (fratello maggiore in coreano), creando un legame che contribuisce ad aggiunge speranza e profondità emotiva alla storia. Questi legami affettivi sono centrali per il protagonista, poiché rappresentano la motivazione principale che lo spinge ad aiutare gli altri, soprattutto i più deboli, e a voler essere una forza positiva in un mondo pieno di ingiustizia. Woo-bin riesce così a trasmettere con maestria il cuore di questo messaggio, dimostrando ancora una volta perché è considerato uno degli attori più apprezzati del cinema coreano.
Dall’ironia all’orrore: l’evoluzione di un thriller di denuncia sociale
Nella prima parte del film, assistiamo a una narrazione leggera e comica, con un Jung-do ingenuo, solare e spensierato. Tuttavia, a metà del film, l’atmosfera cambia gradualmente, assumendo i toni di un intenso thriller criminale. Questa trasformazione non investe solo la storia, ma anche il protagonista, che diventa più riflessivo, determinato e maturo rispetto alla sua versione iniziale. Questo cambiamento è simboleggiato anche da un’azione apparentemente semplice: il cambio di acconciatura di Jung-do, che rappresenta una nuova consapevolezza, un “io” più adulto. Se all’inizio Jung-do mette al primo posto la propria felicità, lungo il suo percorso di crescita arriva a privilegiare il benessere e la felicità degli altri, compiendo un atto di estrema generosità mossa soprattutto da una gran sete di giustizia. Si spoglia quindi della sua innocenza e immaturità per affrontare con occhi più aperti il marcio e i pericoli del mondo, desideroso di fare la differenza e contribuire al bene comune.
Parallelamente, il regista Kim Joo-Hwan invita lo spettatore a fare lo stesso: proprio come Jung-do, anche il pubblico è chiamato ad aprire gli occhi e riflettere su ciò che vede e sulla propria realtà. Il film, infatti, sembra inserirsi pienamente nella tradizione della critica sociale che caratterizza gran parte della cinematografia sudcoreana. Attraverso tematiche come bullismo, omicidio e violenza sessuale, Kim pone la sua lente d’ingrandimento su reati ancor più abominevoli, quali la pedofilia e la pedopornografia. Questi crimini vengono presentati come le trasgressioni più orribili, poiché a subirne le conseguenze sono i bambini, le anime più innocenti.
Il film, dunque, non si limita a intrattenere con avvincenti scene d’azione e lunghe indagini, né si accontenta di essere un semplice thriller poliziesco pensato per emozionare e catturare l’attenzione del pubblico per qualche ora. Cintura Nera Jeong-do aspira a molto di più: si configura come un thriller di denuncia sociale, con l’obiettivo di scuotere le coscienze e invitare lo spettatore, in particolare quello sudcoreano, a riflettere profondamente su alcune realtà drammatiche e sul complesso (e spesso fallace) sistema giudiziario.
Un bel thriller che non sfrutta appieno le proprie potenzialità
Nonostante la nobiltà dei temi affrontati e la convincente interpretazione di Kim Woo-bin nei panni di un eroe in divisa disposto a tutto, il film di Kim Joo-Hwan non riesce a colpire il cuore del pubblico come ci si aspetterebbe. Sebbene riesca a divertire, angosciare, impressionare e commuovere, Cintura Nera Jeong-do sembra non sfruttare appieno le sue potenzialità. I personaggi principali, tra cui Jeong-do, il direttore Kim e il villain Ki-jung, restano piuttosto superficiali, più che veri protagonisti risultano essere “stereotipi”, con una caratterizzazione non abbastanza approfondita. Anche i temi trattati, per quanto rilevanti, non vengono esplorati con la profondità e la chiarezza necessarie per dare alla storia un maggiore impatto emotivo e sociale. Un altro aspetto che penalizza il film, un problema ormai frequente nelle produzioni asiatiche su Netflix, è il doppiaggio italiano, che tende a perdere gran parte dell’intensità e della sfumatura emotiva che gli attori originali conferiscono ai propri personaggi.
In conclusione, Cintura Nera Jeong-do è un thriller che riesce a intrattenere e mantenere viva l’attenzione, offrendo momenti piacevoli e una buona dose di azione. Tuttavia, non riesce a raggiungere del tutto le elevate aspettative, risultando infine un’esperienza coinvolgente ma non memorabile, destinata a scivolare via dalla mente poco dopo la visione.
Cintura nera Jeong-do
Summary
Nonostante la valida interpretazione di Kim Woo-bin e i temi sociali affrontati, Cintura Nera Jeong-do non riesce a colpire come ci si aspetterebbe. I personaggi appaiono piuttosto stereotipati, la narrazione manca di profondità e, come se non bastasse, il doppiaggio italiano penalizza ulteriormente l’intensità emotiva del film. Pur intrattenendo, dunque, il thriller poliziesco di Netflix risulta essere un prodotto piacevole ma non memorabile.