Comandante, la recensione del film con Pierfrancesco Favino #Venezia80

Film d'apertura al Festival di Venezia, il nuovo lungometraggio di Edoardo De Angelis è un atipico biopic fortemente votato alla salvaguardia dell'umanità.

Comandante Pierfrancesco Favino

Ci sono leggi che non si possono violare, anche a costo di andare contro quelle emanate dalla propria patria. La legge del mare prevede che ogni naufrago ha diritto ad essere salvato e per ogni vita che si salva, si salva l’umanità intera. Questi sono i principi morali che hanno guidato Salvatore Todaro nelle sue azioni in mare, oltre naturalmente alla difesa della sua Italia. Con Comandante, il nuovo film di Edoardo De Angelis che apre la l’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, si va a proporre proprio il suo più famoso salvataggio in mare, che ne ha fatto un eroe da ricordare, specialmente al giorno d’oggi.

 

Comandante, la vera storia di Salvatore Todaro

Il film ci porta all’inizio della Seconda guerra mondiale, a fare la conoscenza di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte Todaro, insieme al suo equipaggio, affronta un mercantile armato che viaggia a luci spente e lo fa affondare a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto però a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini.

Comandante

Chi salva una vita salva il mondo

Come si può intuire da questa breve sinossi, con Comandante ci si trova di fronte al film più ambizioso, sia per racconto che per impegno produttivo, del regista Edoardo De Angelis, affermatosi con Indivisibili e Il vizio della speranza. Due titoli molto diversi da questo suo nuovo lungometraggio, con il quale condividono però l’esplorazione del concetto di umanità e l’importanza di difenderla ad ogni costo. Un tema che la storia di Salvatore Todaro permette di esplorare in modo quantomai esplicito ed efficace, attraverso la sua ferma convinzione che vi siano leggi del mare che sovrastano quelle della propria patria. De Angelis sceglie dunque non tanto di realizzare un biopic del comandante Todaro, bensì di raccontare un preciso episodio della sua vita con cui esprimere tale concetto.

Pur aderendo al suo genere di riferimento, i cosiddetti “submarine films”, Comandante non è dunque un film di guerra propriamente inteso, ma piuttosto un’opera intimista e riflessiva, dove ogni immagine, ogni scena, mira a riproporre il concetto che salvare una vita equivale a salvare il mondo. Ciò diventa ancor più forte a partire dalla seconda metà del film, quando si costruisce la dinamica tra Todaro e il suo equipaggio e i naufragi belgi. È da lì che emerge tutto ciò che a De Angelis preme raccontare e che trova naturalmente un forte eco ai giorni nostri con le tante tragedie che avvengono nel mar Mediterraneo. Un accostamento a partire dal quale è stato costruito l’intero film e che dona a Comandante un ovvio valore politico.

Comandante recensione

De Angelis non ricerca dunque la claustrofobia o la tensione che caratterizza questo genere di film, dove normalmente si tende ad esaltare tutta la natura angusta di quella che può facilmente diventare una bara d’acciaio nel profondo dei mari. In sostanza, non si esalta la spettacolarità di tale mezzo, per quanto la ricostruzione proposta del sottomarino sia particolarmente accurata, ma anzi lo si mostra mentre è sulla superficie dell’acqua, pronto ad essere fonte di aiuto. Ciò non significa che Comandante non sia un film che non punta alla spettacolarità, poiché De Angelis continua a dimostrarsi un abile confezionatore di immagini tanto belle esteticamente quanto capaci di avere un impatto emotivo.

Talvolta però proprio su questo tipo di aspetti il regista sembra dilungarsi troppo, ritardando gli aspetti migliori e più interessanti del racconto. Tutta la parte iniziale del film è un esempio di ciò, dove si presenta sì il protagonista, ma attraverso una serie di scene che, a causa di stranezze nel montaggio, risultano confusionarie. Sempre in questa prima parte del film, inoltre, si ritrova una pluralità di punti di vista che, pur permettendo di dar vita ad immagini particolarmente evocative, svia – anche solo per poco – dallo sguardo di Todaro, dietro al quale De Angelis avrebbe fatto meglio a rimanere dall’inizio alla fine. Non è dunque esente da difetti l’incipit del film, migliorando però fortunatamente nel momento in cui era necessario che lo facesse, prima di perdere l’attenzione dello spettatore.

A impedire che questa si perda vi è però naturalmente anche l’interpretazione di Pierfrancesco Favino, che sfoggiando un convincente accento veneto si pone nei panni militari di un uomo non privo di contraddizioni ma proprio per questo affascinante. Un uomo che sempre più sviluppa un forte senso di appartenenza non solo al proprio paese ma alla specie umana, tanto da decidere di “abbattere il ferro, ma salvare l’uomo”. Un’altra grande interpretazione per Favino, dunque, accanto al quale spiccano diversi giovani volti della recitazione italiana (e non solo). Spicca però il braccio destro di Todaro, interpretato da un Massimiliano Rossi in stato di grazia.

L’Italia e gli italiani di Comandante

Di certo, soppesando queste iniziali debolezze di scrittura e di montaggio con quanto segue poi, Comandante si afferma come un film particolarmente godibile, capace di affermarsi sia come un prodotto tutt’altro che comune nella nostra cinematografia, sia come un film che sa fare del proprio racconto lo strumento tramite il quale sollevare spunti di riflessione sull’altruismo e l’identità italiana. De Angelis pone nel suo sottomarino soldati provenienti da ogni parte d’Italia, dal Veneto alla Sicilia passando per la Toscana e la Campania. Ecco allora che all’interno di quelle pareti di ferro si ripropone in piccolo un Paese e le sue sfumature, tra tradizioni culinarie e fede religiosa. Anche in questa ricerca si ritrova uno degli aspetti più affascinanti del film, in un periodo in cui l’identità nazionale viene continuamente ad essere sotto attacco.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
Articolo precedenteBugiardo seriale, la recensione del remake francese
Articolo successivoVenezia 80: le foto del red carpet d’apertura!
Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
comandante-pierfrancesco-favinoCon Comandante il regista Edoardo De Angelis propone una vicenda storica con forti echi nel nostro presente. Un film politico che riflette sulla necessità di restare umani anche in tempi di guerra, fedeli alla patria ma anche alle leggi inviolabili come quelle del mare. Un'opera dunque ambiziosa, non esente da difetti, ma che nel suo distinguersi dal genere di riferimento riesce a trovare una propria identità.