Comme un fils: recensione del film di Nicolas Boukhrief – #RoFF18

Storia di marginalità e cura tra due solitudini in cerca di un senso per la propria vita.

Comme un fils Vincent Lindon recensione

Il regista Nicholas Boukhrief porta alla Festa di Roma Comme un fils, regalando di nuovo a Vincent Lindon un ruolo che ne esalta le caratteristiche di attore intenso e misurato al tempo stesso. Boukhrief, prima sceneggiatore – Assassin(s) di Mathieu Kassovitz, con il regista stesso – poi anche regista – Made in France, Tre giorni e una vita – lascia il thriller per raccontare una storia di avvicinamento tra due solitudini: un uomo disilluso e demotivato e un ragazzo che vuole qualcosa dalla vita, ma ancora non sa cosa. Contesti diversissimi, età diverse, il racconto di una realtà sociale complessa, spesso ai margini, come quella del popolo rom.

La trama di Comme un fils

Jacques, Vincent Lindon, è un insegnante disilluso, che dopo uno scontro con uno studente, decide di prendersi un anno di aspettativa. Non sa se tornerà a insegnare, non crede più nel suo mestiere. Poi nella sua vita irrompe Victor, Stefan Virgil Stoica, adolescente rom. L’inizio del loro rapporto non è dei migliori. Jacques sorprende Victor a rubare in un negozio. Da questo incontro-scontro iniziale nascerà uno scambio, in cui Jacques cercherà di aprire a Victor un orizzonte esistenziale che va oltre il campo in cui vive, grazie alle sue doti umane, oltre che di insegnante. Victor, dal canto suo, aiuterà Jacque a ritrovare l’amore per il suo lavoro e anche il coraggio di pensare a una nuova vita.

Assenza di giudizio

Oltre a un bravissimo Vincent Lindon, che fa apprezzare ancora una volta al pubblico la sua capacità di veicolare emozioni pur attraverso le piccole fessure di un registro, qui, sempre misurato, i pregi di Comme un fils risiedono nell’assenza di giudizio da parte del regista, nei confronti dei suoi personaggi. La realtà rom, con le sue contraddizioni anche feroci, viene osservata, nel tentativo di comprenderla, non giudicata. Non lo fa il protagonista, il quale cerca di fare qualcosa per Victor e non contro qualcuno. Chiede spiegazioni, ma ha un atteggiamento sempre costruttivo. Questa è senz’altro una grande lezione del film e uno spunto di riflessione.

Marginalità sociale in Comme un fils

Per quel che riguarda i temi del film, qui c’è marginalità sociale, ma non c’è l’immigrazione clandestina, come era stato in Welcome – film del 2009 di Philippe Loiret, al cui centro era il rapporto tra un adulto, francese, interpretato da Lindon, e un ragazzo curdo arrivato a Calais nel tentativo di raggiungere l’Inghilterra. Ciò rende le contraddizioni mostrate nel film, se possibile, ancora più stridenti. Victor, rumeno, rivendica il suo status di europeo. La condizione di marginalità, però, di fatto non cambia.

L’assenza delle istituzioni

Evidente è anche una critica del regista alle istituzioni, che non si fanno carico del ragazzo, come invece chiede a più riprese Jacques. Istituzioni assenti che non fanno che alimentare l’isolamento di un gruppo, anziché promuoverne l’integrazione. Una speranza arriva invece dal mondo del volontariato, rappresentato dalla figura dell’operatrice, interpretata da Karole Rocher.

Jacques e Victor

Comme un fils si regge però su un rapporto che si fa poco a poco più stretto, che si consolida di giorno in giorno. È in questo lento ma inesorabile crescendo, fatto di sguardi, piccoli gesti e poche parole, che sta la forza del film. Nella voglia che Jacques ha, anche per vocazione, di andare verso l’altro, di comprenderlo e di trasmettergli qualcosa che possa essergli utile per il futuro. Jacques allarga l’orizzonte di Victor, gli mostra quello che potrebbe fare ed essere e che il ragazzo non avrebbe osato neanche immaginare. Dal canto suo, Jacques è dolente, spento, ha sofferto ed è stanco. Non si aspetta più niente dalla vita. Il ragazzo non si aspetta già niente. Questo è ciò che li accomuna. Entrambi si ricredono e costruiscono insieme qualcosa di diverso. La trama è semplice, ci si può facilmente aspettare ciò che l’insegnante farà: mettersi a disposizione, aiutare. Questo però non affievolisce la componente emotiva del film.

Una sottile tensione e una grande umanità

L’andamento di Comme un fils non è certo quello di un thriller o di un action movie. Si può dire però che ci sia una costante e sottile tensione a percorrere il lavoro. Vi è un susseguirsi di allontanamenti e avvicinamenti tra i due protagonisti, come una molla che si allunga e si accorcia. A coinvolgere lo spettatore è la profonda umanità di entrambe le figure al centro della storia.

Un film sobrio ed essenziale

Anche visivamente, il film è curato, ma sobrio ed essenziale, dominato dal colore grigio. Se dunque rispetto a un lavoro come Welcome, Comme un fils è più minimalista e meno d’impatto, funziona però ugualmente, lavorando lo spettatore ai fianchi, in modo lento ma costante e riuscendo a toccarne corde anche profonde, oltre che a stimolare una riflessione senz’altro costruttiva.

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Scilla Santoro
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Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
comme-un-fils-nicolas-boukhriefComme un fils è minimalista. Funziona però ugualmente, lavorando lo spettatore ai fianchi, in modo lento ma costante e riuscendo a toccarne corde anche profonde, oltre che a stimolare una riflessione senz'altro costruttiva.