Couture, recensione del film con Angelina Jolie – #RoFF20

Il film diretto da Alice Winocour, con Angelina Jolie e Louis Garrel, è stato presentato alla 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione “Grand Public”. Una riflessione sulla moda, sull’identità e sulla forza delle donne.

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Couture, diretto da Alice Winocour, racconta una storia al femminile ambientata nel mondo della moda parigina, dove la bellezza diventa pretesto per parlare di fragilità, sogni e resistenza.

Il titolo stesso suggerisce la chiave di lettura del film: secondo l’Oxford Dictionary, “couture” indica “l’arte della moda; ogni attività estetica e commerciale connessa con la moda femminile ad alto livello”. E proprio in questa definizione si inserisce la trama, in cui la moda è cornice e metafora di un racconto più profondo.

Tre donne guidano la narrazione: Maxine (Angelina Jolie), regista americana giunta a Parigi per dirigere un corto destinato a introdurre una sfilata; Ada (Anyier Anei), modella sud-sudanese scelta come protagonista del film e della passerella; e Angèle (Ella Rumpf), make-up artist che, dietro le quinte, si prende cura delle modelle e sogna di dare voce alle loro vite attraverso le pagine di un libro.

Le tre protagoniste si incontrano e intrecciano i loro destini durante la settimana della moda, dando vita a un mosaico di esperienze che esplora il confine tra finzione e realtà, immagine e identità.

Donne, lavoro e visioni: la costruzione del racconto in Couture

Il film si apre con Maxine, regista di fama, pronta a realizzare il suo progetto. Accanto a lei c’è Anton (Louis Garrel), videomaker francese che la aiuta nella realizzazione del corto, dove Maxine sceglie di rappresentare una donna vampira che fugge da creature che vogliono catturarla. La decisione suscita polemiche: perché una storia così cupa per introdurre una sfilata di moda?

Ma è proprio in questa scelta che si rivela il senso del film. Il vampiro diventa simbolo della condizione femminile contemporanea: un essere che deve nascondere la propria natura per sopravvivere in un mondo di sguardi predatori. Attraverso la moda e l’immagine, Couture mostra il peso delle aspettative e la difficoltà di conciliare successo, desiderio e identità.

Maxine, Ada e Angèle incarnano tre sfumature di questa tensione: la donna affermata che teme di perdere il controllo sulla propria vita; la giovane che si affaccia al mondo con entusiasmo e paura; la professionista silenziosa che osserva e raccoglie le storie degli altri, con la speranza di poter, un giorno, pubblicare un libro al riguardo. Tre percorsi diversi, uniti da una medesima ricerca: quella di essere viste per davvero.

Anyier Anei in Couture

Le storie personali dietro la finzione

La forza emotiva di Couture nasce anche dal legame con la realtà. Il personaggio di Maxine, rappresentato con sensibilità, riecheggia esperienze personali di Angelina Jolie, rendendo la sua interpretazione toccante e autentica. La paura di non avere abbastanza tempo, di dover lasciare ciò per cui si è lottato, attraversa le scene come una confessione velata. Magistrale l’interpretazione di Vincent Lindon, qui in un ruolo secondario ma di grande intensità, capace di restituire in poche scene un senso di presenza silenziosa e umanità profonda.

Anche la storia di Ada trova radici nel vissuto dell’attrice Anyier Anei, modella e attivista sud-sudanese. Come nel film, Anei ha lasciato il suo Paese dopo aver studiato farmacia, e il suo percorso di emancipazione è diventato un simbolo di riscatto femminile. La sua presenza in Couture aggiunge una dimensione geopolitica e sociale, ricordando le profonde disuguaglianze che ancora segnano il mondo della moda e non solo.

Una delle sequenze più significative è quella del dialogo tra Ada e una collega ucraina proveniente da Zaporija: due donne di paesi lacerati, due destini che si avvicinano solo quando riconoscono le proprie ferite. Qui il film abbandona la passerella e tocca corde universali, raccontando la solidarietà e la fatica di appartenere a un mondo che si muove troppo in fretta.

Couture e la verità nascosta dietro la bellezza

Girato anche negli spazi reali del salone Chanel di Parigi – primo film di finzione a ottenere tale permesso – Couture restituisce la magia e la precisione del lavoro sartoriale, svelandone il lato invisibile. Il vestito “Christine”, realizzato dall’omonima sarta (interpretata da Garance Marillier), diventa quasi simbolo di armonia e collaborazione: ogni perla cucita e ogni tessuto drappeggiato rappresentano un frammento di vita condivisa.

Winocour firma un racconto delicato e corale, in cui la moda non è superficie ma sostanza, e la bellezza si intreccia alla vulnerabilità. Le sue protagoniste non sono eroine né vittime: sono donne che cercano di esistere in uno spazio che spesso le ignora, trovando nella solidarietà reciproca una forma di salvezza.

Con interpretazioni intense e un racconto stratificato, Couture si rivela un film sulla resilienza e sulla verità nascosta dietro ogni sguardo. Un inno alla creatività, al coraggio e alla potenza della rappresentazione femminile.

Couture
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Sommario

Con interpretazioni intense e un racconto stratificato, Couture si rivela un film sulla resilienza e sulla verità nascosta dietro ogni sguardo. Un inno alla creatività, al coraggio e alla potenza della rappresentazione femminile.

Camilla Tettoni
Camilla Tettoni
Romana, classe 1997, è laureata in Lettere Moderne all’Università di Siena e in Italianistica all’Università di Bologna, con lode. Ha conseguito un Master in International Journalism presso l’University of Stirling e un corso avanzato in Geopolitica presso la Scuola di Limes. Appassionata di cinema, dal 2025 collabora con Cinefilos.it con recensioni e approfondimenti cinematografici, affiancando attività di critica culturale e pubblicazioni su riviste italiane e internazionali.

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