The eye of the Storm – recensione

Una madre malata, che comincia a vaneggiare vuole al suo fianco i due figli, ma questi faticano a farsi vivi, troppo immersinei rimpianti e nei tristi ricordi d’infanzia. Dorothy è sommersa dal risentimento e dal rimpianto di una vita senza amore, negato dagli altri e da se stessa, Basil è perso in una vita senza fondamenta, entrambi dissipano la ricchezza familiare alla quale tendono senza troppo nascondere il disprezzo per una madre carismatica e ingombrante, che non si decide a morire.

 

The eye of the Storm è un film drammatico costellato da una cinica ironia che ne accompagna la visione ma che non ne facilita la fruizione, trattandosi di un esiguo filo narrativo per un film che dura quasi due ore. La perfezione della confezione e la bravura degli attori però fanno da contrappunto, risolvendo l’opera in un buon film che non esalta ma non è sicuramente sconfitto. Il film affronta tematiche quali la separazione, la sofferenza e la morte con grande intensità e soprattutto l’ultima, la morte, intesa come realtà imminente e sottesa alla contingenza di ognuno è continuamente presente attraverso immagini di putrefazione e corruzione della natura che continuamente muore e si trasforma.

Gli interpreti sono di primìordine: Charlotte Rampling si fa invecchiare, dando vita ad una fantastica ed odiosa Elizabth Hunter, matrona invadente, egoista e sicuramente poco versata in questioni di amore materno; Goeffrey Rush è Basil, raffinato attore di teatro shakespeariano che non ha la percezione della sua reale bravura (o incapacità) e mantenendo l’abitudine di passare da un letto ad un altro pur cominciando ad accusare problemi ‘meccanici’ dovuti all’età; Judy Davis è la fragile e superficiale principessa Charlotte, ostile oltre ogni ragionevolezza ad una madre che non le ha certo reso la vita facile, arrivando addirittura a sfilarle possibili fidanzati.Intorno ai tre nobili si aggirano una serie di figure fondamentali per le dinamiche familiari e di classe messe in gioco dal film: ci sono le due infermiere che si curano della nobildonna malata, una molto giovane svampita e arrivista, l’altra serie e ligia al dovere; poi c’è la cuoca tedesca, quello che maggiormente si avvicina ad un’amica per l’anziana Elizabeth; infine c’è il contabile della famiglia, vecchio amico, persona leale e con un passato che in più modi si è intrecciato con la vita della grande casa nobiliare.

L’occhio del ciclone è probabilmente la situazione di stallo tra la vita e la morte in cui la nostra protagonista versa, abbandonando gradualmente la vita senza mai lasciare per un attimo la sua maschera di odio cinico per gli affetti.

 

- Pubblicità -