Festa di Roma 2015: The Whispering Star recensione del film di Sion Sono

THE WHISPERING STAR

 

Dallo status di “specie fiorente e popolosa” sul suolo terreste a quello di “specie protteta”, per arrivare a “specie in via d’estinzione”.

Sion Sono ci porta, con una certa dose di spietata freddezza, in futuro gelido, né doloroso, né gioso… semplicemente vuoto. Yoko Suzuki (Megumi Kagurazaka) è un androide che fa il correrie tra diversi pianeti, al servizio dei pochi umani rimasti in vita nella nostra galassia. Le consegne prevedono naturalmente dei tempi molto lunghi (si parla di molti anni), ma gli umani rimasti sembrano preferire ancora la vecchia consegna a mano al teletrasporto, ormai di uso comune nell’epoca in cui si svolge il film.
Dopo i primi minuti del film, sofferti per la presenza statica di soli due personaggi, uno di umana forma e un computer, in uno spazio molto piccolo, le immagini in origine fredde cominciano a svelare la propria essenza. Calati in una dimensione in cui la convenzione umana del tempo viene annullata per lasciar posto a un’eternità e a una natura che è andata avanti senza l’uomo, gli esseri umani sembrano corpi che camminano. Punito dalla madre terra, per aver ceduto all’illusione del poter che avrebbe ricavato dalla tecnologia, e che poi l’ha divorato, si muove in un mondo privo di colore. Non potendo più fare parte del cerchio della vita né dell’unvierso ipertecnologico che l’ha fagocitato, ogni uomo vive su un pianeta, fisico e spirituale, a sé stante. La convenzione del tempo, unica umana certezza, è sparita e si è fatta libera interpretazione di ogni essere, materializzata nella simbologia dietro i costumi dei personaggi. L’identità comunitaria si è così progressivamente sfaldata, lasciando l’uomo in un purgatorio eterno in cui nessuna esistenza conta veramente qualcosa.
Unica scintilla di speranza, sono i pacchi spediti dagli umani attraverso la galassia, contenenti oggetti di valore materiale nullo, attraverso i quali sopravvive un barlume di umanità, che rappresentano per loro stessa esistenza, la fiducia riposta in un’impronta lasciata ai posteri.

Con la poesia di cui è capace, Sion Sono, riesce a mettere in scena un film che fa della chiarezza la sua missione: con disarmante semplicità il regista riflette sull’importanza di una vita vissuta con tutte le umane difficoltà, che, sebbene evitate, sono le uniche a darle veramente senso. In The Whispering Star il silenzio diventa cifra stilistica e fa eco nelle voci dei personaggi, sussurate, forse perché atrofizzate, come atrofizzata è la capacità di provare empatia e trasporto verso gli altri corpi vuoti che si trascinano tra le città morte. Nell’appartamento/navicella l’androide, che sembra essere l’evoluzione più logica dell’uomo, porta dentro di sé un’involuzione animale: tra quattro mura, Yoko Suzuki è sola, isolata da tutto il resto, eppure mantiene un retaggio umano nell’ordine rigoroso in cui vive che diviene patologico poiché privo di qualsiasi senso possibile.

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Dalila Orefice
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Dalila Orefice
Studentessa di Arti e Scienze dello Spettacolo con una passione per Harry Potter che sfiora i limiti del patologico. Il sogno di una vita? Carta, penna e un buon film.
festa-di-roma-2015-the-whispering-star-recensione-del-film-di-sion-sonoCon la poesia di cui è capace, Sion Sono, riesce a mettere in scena un film che fa della chiarezza la sua missione: con disarmante semplicità il regista riflette sull’importanza di una vita vissuta con tutte le umane difficoltà, che, sebbene evitate, sono le uniche a darle veramente senso.