Gagarine recensione film

Il quartiere Gagarine alla periferia di Parigi, inaugurato come utopia operaia negli anni ’60 dall’astronauta Yuri Gagarin, è stato demolito nell’agosto 2019 a causa dello stato fatiscente in cui si trovava: Fanny Liatard e Jérémy Trouilh rendono omaggio a quel sogno architettonico in Gagarine, presentato al Festival di Cannes 2020 e che ha ottenuto una candidatura agli European Film Award. Il film è attualmente disponibile nelle sale italiane distribuito da  Officine UBU.

 

Gagarine: poesia sci-fi nelle banlieue

337 appartamenti logori e malsani, un blocco compatto di dieci edifici di 13 piani in mattoni rossi, con ascensori completamente rotti, microfessure e cedimenti del terreno, impianti idrici ed elettrici obsoleti, e chi ne ha più ne metta. La decisione dei servizi tecnici è chiara: l’edificio è in uno stato irrecuperabile e deve essere immediatamente demolito. Tuttavia, il giovane Yuri (Alséni Bathily) lotterà con la complicità di alcuni vicini e dei suoi amici Houssam (Jamil Mc Craven) e Diana (Lyna Khoudri) per mantenere in piedi l’edificio in cui è cresciuto e che conserva tanti ricordi della sua infanzia e adolescenza. E’ così che, ben lontano dallo sguardo stereotipato su questi ghetti emarginati, Gagarine materializza un tipo di cinema sociale in cui traspaiono i valori e l’identità di una precisa fascia di adolescenti: quelli che, lontano dalla città, possono permettersi di rimanere bambini anche mentre stanno crescendo, appropiandosi di tutto l’immaginabile.

Tuttavia, nonostante gli sforzi e l’ingegno del giovane protagonista, i vicini non hanno altra scelta che evacuare l’edificio di fronte all’ordine di trasferimento. Il quartiere di Gagarine viene svuotato, ma Yuri, che è stato abbandonato dalla madre e si rifiuta di andarsene, rimane solo, nascosto nell’edificio che viene gradualmente distrutto. Cercando di non farsi notare dagli operai, Yuri, appassionato di astronomia, trasforma il blocco di costruzioni nella sua astronave, sfondando i muri tra gli appartamenti, coltivando una nuova serra e creando un intero firmamento stellare. Il film assume poi un tono completamente diverso, più simile alla fantascienza: è in questo momento di solitudine che Yuri si rifugia nella sua immaginazione e tutta una serie di fantasie si dispiegano in una sorta di omaggio onirico all’astronauta da cui prende il nome il complesso residenziale.

La storia vera di Gagarine

Nell’aprile del 1961, in piena guerra fredda, il russo Yuri Gagarin fu il primo uomo a essere lanciato nello spazio, orbitando intorno alla Terra per alcuni minuti prima di rimettere piede sul suolo tra applausi e riconoscimenti vari. Sull’onda di questo successo fece il giro del mondo anche se, naturalmente, gli Stati Uniti gli negarono l’ingresso. Uno dei Paesi che lo accolse fu la Francia, e in particolare il cosmonauta visitò la periferia parigina, all’epoca governata dal Partito Comunista. Nell’anno del suo exploit, in quella zona era stato costruito un condominio che portava il suo nome e che lui stesso inaugurò due anni dopo, il che rafforzò ulteriormente la grande accoglienza di Gagarin da parte della popolazione francese, la cui maggioranza era riunita proprio in quel quartiere all’epoca.

L’immagine solitaria di Gagarin che fluttua nello spazio sconfinato e inabitato contrasta con questo progetto collettivo che abbraccia una porzione precisa dello spazio urbano, dove molte persone hanno potuto portare avanti la propria vita per decenni. Tuttavia, il contrasto tra i due spazi finirà per sfumare, dato che l’evidente deterioramento dell’edificio ne costringerà l’evacuazione tra il 2018 e il 2019, sopravvivendo, però, alla stessa Unione Sovietica di quasi trent’anni.

Gagarine Festival Cannes

Sopravvivenza spaziale

Un parallelismo così interessante e che ritornerà anche graficamente nel corso della pellicola è alla base del primo lungometraggio di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh, che avevano già prodotto un cortometraggio dal titolo Gagarine e che affrontava la medesima storia, chiaramente in versione ridotta. Il richiamo al loro rapporto con il cortometraggio (oltre a Gagarine, La République des Enchanteurs e Chien bleu) è anche esemplificativo, perché la storia di Gagarine ha uno sviluppo piuttosto breve e scorrevole dal puto di vista drammaturgico, e sarebbe in questo senso predisposto per il formato cortometraggio. Tuttavia, Gagarine sfrutta la possibilità di un minutaggio più esteso al meglio, grazie all’agile introduzione di filmati d’archivio e all’inserimento di un paio di sequenze di montaggio che approfondiscono lo spessore drammatico di questo titolo, oltre al già citato legame con la realtà che sta dietro alla storia.

In effetti, Liatard ha sottolineato fin da subito il messaggio politico di Gagarine: “Volevamo proporre un altro sguardo sulle periferie parigine, mostrare gli abitanti con le loro storie vitali e bellissime e non limitarci alla solita violenza e al traffico di droga quando si parla di queste baraccopoli”. “Il film è più che altro naturalistico, ci sono alcune incursioni spaziali, ma iniziamo vicini alla terra, a quella comunità, ed è solo quando questa scompare e Yuri rimane solo che deve rifugiarsi nella sua immaginazione”, spiega, esplicitando come la vera magia di Gagarine sia il riuscire a rimanere in equilibro tra onirismo e realismo, un equilibrio che passa attraverso gli occhi del protagonista.

Si parte dalla terra, come il nostro protagonista Yuri e il cosmonauta Yuri Gagarin, in mezzo a una comunità che vive e vuole abitare, respirare autonomamente. E’ solo quando questa scompare, e Yuri rimane solo, per un attimo non più adolescente, che deve rifugiarsi nella sua immaginazione per potersi immergere nuovamente nella cosmicità del fanciullino, nell’ardore giovanile che è necessario preservare. È qui che risiede la vera ricchezza del film, nel riuscire a far convergere la dimensione materiale con quella simbolica senza appesantirle, nel sfruttare una pluricità di concetti che puntano in alto verso lo spazio ma, contemporaneamente, non smettono di ricordarsi di chi è rimasto a casa, del cuore pulsante di una comunità non più utopica, ma virtuosa e indimenticabile.

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RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Agnese Albertini
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gagarine-proteggi-cio-che-amiE' solo quando Yuri rimane solo, per un attimo non più adolescente, che deve rifugiarsi nella sua immaginazione per potersi immergersi nuovamente nella cosmicità del fanciullino, nell'ardore giovanile che è necessario preservare e di cui si fa portatore Gagarine.