Giovane e Bella: recensione del film di François Ozon

Giovane e Bella

Crescere è la cosa più difficile che viene richiesta ad ogni essere umano. Non tutti cresciamo allo stesso modo. Ognuno di noi intraprende il proprio percorso per cercare di capire se stesso e il mondo che lo circonda. Tutto è finalizzato, nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta, alla ricerca della propria verità. Il francese François Ozon, regista di Nella casa, arrivato in Italia lo scorso Aprile, torna sui nostri schermi con una storia del genere, la storia della crescita di una ragazzina diciassettenne e della sua trasformazione in una giovane donna; un viaggio fatto di scelte di vita discutibili, che la maggior parte di noi sarebbe subito pronta a definire estreme o forse, addirittura, prive di senso.

 

In Giovane e bella, Isabelle, interpretata dalla bellissima Marine Vacth, decide, al rientro dalle vacanze estive, di cominciare a prostituirsi. È una scelta assolutamente libera, e in questa scelta Isabelle intravede l’unico modo per riuscire a conoscersi, a esplorarsi, a comprendersi. Non lo fa per soldi, né tantomeno per seguire una perversione. La prostituzione è per lei un mezzo per giustificare un fine: quello di fuggire dalla realtà, da quella sensazione di insoddisfazione tipica degli adolescenti di oggi, per confrontarsi con i conflitti che tormentano il suo fragile animo.

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La narrazione si svolge lungo l’arco di quattro stagioni. Il film comincia in estate, quando Isabelle conosce la propria sessualità; prosegue in autunno, quando il suo alter ego Lea (così si fa chiamare dai clienti) vive ormai di luce propria; si complica in inverno, quando la giovane è inevitabilmente costretta a fare i conti con le conseguenze delle sue scelte; termina in primavera, dove quella maturità tanto ricercata sembra fare capolino e dove Isabelle appare finalmente pronta ad assumersi la responsabilità delle sue azioni. A scandire il passaggio da una fase all’altra, fatto di specifici rituali come in ogni esperienza proibita che si rispetti, ci pensano anche le canzoni di François Hardy, che accentuano il carattere malinconico della pellicola già filtrato attraverso i disordini interiori della sua protagonista.

Il film di Ozon non offre una spiegazione psicologica al comportamento di Isabelle, lo spettatore dunque può tranquillamente giustificare come preferisce la protagonista e le sue azioni. Inoltre, seppur non emergendo per una sceneggiatura particolarmente brillante, la pellicola si distingue per la singolare capacità di non giudicare mai gli atti della ragazza, limitandosi a osservarli e a raccontarli con profondità e leggerezza allo stesso tempo.

Nelle sale italiane dal 7 novembre, Giovane e bella, presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, non sconfina mai nell’indagine sociologica, ma si impone come il racconto multiforme e misterioso di una maturazione, non solo sessuale, ma anche, e soprattutto, intima e personale.

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