His Three Daughters: recensione del dramma familiare di Netflix

Il regista Azazel Jacobs approda su Netflix con una saga familiare sincera e commovente, in cui tre sorelle riscoprono, nel lutto, una possibilità di rinascita

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Il dolore è paralizzante, ossessivo, crudele e profondo. Spesso, ci fa sentire terribilmente soli, anche quando siamo circondati da chi amiamo. Tuttavia, se condiviso, il dolore può diventare una possibilità di rinascita. Questo accade in particolare quando quel dolore deriva da un abbandono, da un’assenza o dall’imminenza di un lutto. Ed è proprio questo dolore, così intenso e devastante, che il regista e sceneggiatore statunitense Azazel Jacobs (French Exit, The Lovers) ha voluto rappresentare nel suo ultimo toccante, ironico e sincero dramma familiare, His Three Daughters.

 

Presentato in anteprima al Toronto Film Festival nel 2023 e disponibile dal 20 settembre su Netflix, il film racconta il drammatico e frustrante incontro di tre sorelle – o meglio, tre figlie – che si ritrovano nell’appartamento newyorkese del padre per dirgli addio durante i suoi ultimi giorni di vita.

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His Three Daughters | In foto (da sinistra a destra) le attrici Carrie Coon (Katie) ed Elizabeth Olsen (Christina). Cr. Netflix ©2024.

His Three Daughters è la storia di Katie, Christina e Rachel

Katie (Carrie Coon), Christina (Elizabeth Olsen) e Rachel (Natasha Lyonne) sono tre sorelle che sembrano non avere nulla in comune, se non il padre che condividono e che sta per morire. Katie, la primogenita, è una donna intransigente, autoritaria e fin troppo pragmatica. Pur vivendo a Brooklyn, a pochi isolati dal padre, è sempre troppo occupata per andarlo a trovare, dedicando le sue giornate a gestire la propria famiglia e a fronteggiare le sfide di una figlia adolescente ribelle e ostinata. Invece, Christina, la più giovane, si distingue dalle sue sorelle per il suo carattere maturo, pacifico, libero e allegro. Proprio come Katie, è profondamente dedita alla sua famiglia, indossando con orgoglio il ruolo di madre apprensiva e presente per la sua bambina treenne, Mirabelle, che ama tanto quanto la rock band Grateful Dead. E poi c’è Rachel, la secondogenita, considerata la pecora nera della famiglia: inquieta e avventata, con problemi di ludopatia (è convinta che il suo lavoro sia scommettere sulle partite di football) e dipendenza da droghe, è l’unica delle tre a non aver mai lasciato il nido paterno. È, infatti, l’unica ad esser rimasta accanto al padre, Vincent (interpretato da Jay O. Sanders), durante la sua dura battaglia contro il cancro, vivendo nel loro piccolo appartamento a New York City.

Quando Vincent è oramai a un passo dalla morte, le tre sorelle si trovano costrette a partecipare a una disastrosa riunione di famiglia che riaccende vecchi ricordi, incomprensioni, rancori e profonde ferite.

His Three Daughters | Natasha Lyonne veste i panni dell’eccentrica Rachel in His Three Daughters. Cr. Netflix ©2024.

“È molto bello che siate tutte qui”

Un attimo dopo i titoli di testa, lo spettatore viene immediatamente proiettato nel vivo di una discussione a tavolino tra le tre sorelle. La prima a essere presentata è Katie che, con le braccia conserte e un tono autoritario, incarna perfettamente il ruolo di chi si sente investita della responsabilità di gestire la situazione. Da brava sorella maggiore, Katie cerca di mantenere tutto sotto controllo, tentando di preparare la famiglia all’inevitabile, con l’atteggiamento di chi è abituata a risolvere i problemi e a mettere ordine nelle vite degli altri, piuttosto che nella sua. Dalla parte opposta del tavolo si trova la silenziosa e impenetrabile Rachel, che agli occhi di Katie appare come l’esempio perfetto di sconsideratezza e irresponsabilità. Al centro, invece, quasi come un fragile punto d’equilibrio tra le due, c’è Christina, che si distingue per la sua calma apparente e il desiderio di vivere, almeno per questi ultimi giorni, in armonia familiare. A differenza di Katie, che tenta di dominare la situazione, e di Rachel, che si rifugia nella sua apparente immaturità, Christina cerca di lasciarsi il passato alle spalle, concentrandosi sul presente e sui sentimenti di affetto che ancora la legano alla sua famiglia.

Jacobs presenta così queste tre sorelle che sembrano distanti anni luce l’una dall’altra. Tre donne tanto diverse che il regista introduce fin dai primi minuti come figure opposte e individuali attraverso una serie di inquadrature singole e brevi monologhi, che isolano ogni personaggio e ne evidenziano i tratti distintivi. È così che da subito, dunque, l’autore traduce il titolo in immagini: non tanto tre sorelle, quanto tre figlie, distanti sia caratterialmente che emotivamente, accomunate non dall’affetto reciproco, ma dal profondo dolore condiviso.

His Three Daughters | Da sinistra a destra le attrici Carrie Coon, Elizabeth Olsen e Natasha Lyonne. Cr. Netflix ©2024.

Il peso dell’assenza

La storia si sviluppa nell’arco di pochi giorni, scanditi da cambiamenti sottili, come il mutare degli abiti delle protagoniste o l’andirivieni degli infermieri. Le quattro mura che racchiudono la scena diventano la metafora di una prigione emotiva, dove il tempo sembra dilatarsi insieme alla sofferenza delle tre donne. In questa atmosfera soffocante, in cui Katie, Rachel e Christina appaiono bloccate in un limbo di attesa e rassegnazione, l’assenza del padre si fa sempre più tangibile e assordante. Infatti, fino a poco prima della fine del film, Vincent non viene mai mostrato, al punto che lo spettatore arriva quasi a dubitare della sua esistenza. Il motivo di questa scelta si svela quando Christina si trova ad aiutare le due sorelle maggiori a scrivere il necrologio. “L’unico modo di comunicare cosa si prova davvero con la morte – spiega Christina – è con l’assenza. Tutto il resto è… fantasia.” È proprio ciò che non viene detto, ciò che non viene mostrato, a rendere questo dramma così universalmente comprensibile ed emozionante. Tutti abbiamo vissuto la perdita di una persona amata, tutti ci siamo sentiti incompresi e soli nella nostra stessa casa, e tutti abbiamo sofferto in silenzio, incapaci di chiedere aiuto.

Con estrema semplicità, tenerezza e ironia, Jacobs racconta quindi una storia universale e senza tempo, in cui tutti possono facilmente identificarsi, giocando abilmente con silenzi e dettagli impercettibili ma essenziali per la costruzione di un dramma forte e incisivo. Il pubblico è accompagnato in un intenso viaggio emotivo che, non solo attraverso i dialoghi ma soprattutto tramite ciò che non viene detto, fa rivivere l’estrema solitudine e l’angoscia di tre donne prossime a perdere l’unico legame che le ha tenute unite.

Jacobs, con maestria e delicatezza, crea uno spazio di riflessione intimo, in cui abbigliamento, acconciature, gesti quotidiani – ciò che le sorelle fanno e ciò che non riescono a fare – diventano lo specchio del loro stato interiore. Ogni dettaglio visivo si trasforma dunque in un linguaggio silenzioso che riflette la loro incapacità di essere ciò che vorrebbero e ciò che non sono state. In questo modo, il regista costruisce un microcosmo intimo e claustrofobico, dove persino il dolore trova espressione solo nel silenzio e nell’isolamento.

His Three Daughters | In foto (da sinistra a destra) Natasha Lyonne (Rachel), Elizabeth Olsen (Christina) e Carrie Coon (Katie) sul set di His Three Daughters. Cr. Sam LevyNetflix © 2024.

La straziante bellezza della vita

Per quanto rappresenti un grande valore aggiunto all’immenso catalogo di Netflix, è davvero un peccato che His Three Daughters non abbia debuttato prima nelle sale italiane. Nonostante il ritmo eccessivamente lento di alcune scene, che interrompe in maniera poco fluida il climax di tensione, quest’ultima opera di Jacobs vanta una regia e una fotografia a dir poco poetiche. Carrie Coon, Natasha Lyonne ed Elizabeth Olsen interpretano magistralmente, con un approccio quasi teatrale, i ruoli di tre figlie disperate, dando voce a un racconto corale che esplora le diverse sfaccettature dell’elaborazione del lutto e dei traumi familiari. All’alchimia delle tre attrici si aggiunge la performance di Jay O. Sanders, che in una sola scena di 10 minuti porta sullo schermo tutto l’amore non espresso di un padre e un uomo che ha cercato di fare del suo meglio per le donne della sua vita.

Definito dalla critica americana come uno dei migliori film dello scorso anno, His Three Daughters si rivela essere un dramma dolceamaro che, mentre sembra parlare di morte, finisce per celebrare la straziante bellezza della vita, ricordando inoltre al pubblico che “la famiglia è famiglia”… anche quando è disfunzionale.

His Three Daughters
3.5

Sommario

Un dramma sincero e poetico che esplora il profondo dolore del lutto, della solitudine e dei traumi familiari. Con un’emozionante regia e una fotografia suggestiva, insieme alle magistrali interpretazioni di Carrie Coon, Natasha Lyonne ed Elizabeth Olsen, il film di Azazel Jacobs si conferma uno dei migliori dell’anno, celebrando con delicatezza la bellezza della vita e il legame familiare, anche quando disfunzionale.

Annarita Farias
Annarita Farias
Nata nel 1996, laureata in Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee presso l'Università Federico II di Napoli e attualmente laureanda in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale all'Università di Roma Tre, dove approfondisce la settima arte per scrivere di critica cinematografica con maggiore consapevolezza e passione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania come giornalista pubblicista dal 2022, ha collaborato per due anni con la testata online Ambasciator.it e attualmente scrive di cinema per Cinefilos.it e Scuola Consulting.

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