house of gucci recensione

La recensione di House of Gucci che segue, non può fare a meno di enumerare diversi fattori da tener presenti quando si deciderà, eventualmente, di andare a vedere il film di Ridley Scott, dal 16 dicembre in sala. Già molto chiacchierato per le interpretazioni sopra le righe e la scelta, a dire il vero ancora misteriosa, di far parlare gli attori con un inglese dal fortissimo accento italiota, la storia di Patrizia Reggiani e Maurizio Gucci arriva sul grande schermo senza il consenso di nessuno dei coinvolti, né della famiglia della moda, né di Reggiani da poco tornata in libertà, né delle figlie della stessa, una delle quali è stata eliminata dalla storia. Ma andiamo con ordine.

 

House of Gucci, una storia d’amore e ambizione

Ridley Scott racconta una storia d’amore e ambizione, una storia in cui una donna di umile estrazione sociale si innamora di un ereditiere e lo spinge a sfruttare al massimo la sua posizione, lo induce a prendere in mano le redini della sua vita e a pretendere ciò che gli spetta. Una volta che ci sarà riuscita, però, quell’uomo la vede come un ostacolo e la allontana, e a questo punto lei cercherà vendetta, nella maniera più terribile possibile.

A grandi linee la storia di Scott si esaurisce in queste poche righe, e House of Gucci si focalizza in effetti proprio sulla scalata di Maurizio ai vertici dell’azienda di famiglia, stimolato, spinto e guidato da Patrizia, giovane donna ambiziosa che sa quello che vuole, da subito. Eppure, l’ingenuo Maurizio la vede come una via di fuga dalla sua vita fatta di obblighi e di un nome pesante, di un padre che vive nel passato, di uno zio invadente, di un cugino pittoresco, una via di fuga che ben presto diventa una trappola, perché lei è proprio lì che lo spinge, tra le braccia di quelli a cui lui voleva fuggire, sempre più vicino, sempre più stretto, fino a diventare, alla fine, uno di loro. 

Non sappiamo ancora cosa Scott ci trovi nel raccontare le storie della cronaca nera italiana, ma se in Tutti i Soldi del Mondo le sue scelte non avevano particolare personalità, portando ad un film tutto sommato dimenticabile, in questo caso il regista sceglie la strada dell’eccesso. Tutto nel film è caricato, eccessivo, troppo e questa è la prima cosa da tenere a mente, nell’approcciarsi a House of Gucci. Il film è straboccante di emozioni, di eventi, anche di imprecisioni storiche, così come sono sopra le righe le interpretazioni, il trucco prostatico e non, gli accetti esasperati, le spalline, la lacca, il rossetto. Tutto, nel film, è troppo, ma dopotutto anche la storia vera lo è, una pagina di cronaca così assurda che si fatica quasi a considerarla vera. 

Un cast all star sopra le righe

E su questo carrozzone così impostato sono saliti tutti gli interpreti, da Adam Driver che, nei panni di Maurizio Gucci è l’unico che conferma il suo talento uscendone con dignità, a Lady Gaga/Patrizia Reggiani, straordinaria interprete che potrebbe ambire a diversi riconoscimenti, come la nomination ai Golden Globes anticipa, fino a Jared Leto, impacciato, imbarazzante Paolo Gucci, una macchietta che nel circo di House of Gucci non sfigura per niente, e alle icone Jeremy Irons e Al Pacino, i quali fanno il loro mestiere a fronte di personaggi non particolarmente sfumati o dettagliati. 

house of gucci lady gagaUn altro elemento da tenere in considerazione è che Ridley Scott non era affatto interessato a offrire una rappresentazione storica accurata. Gli anni sono sbagliati, la città in cui si svolgono le riprese è un’altra, la coppia protagonista ebbe due figlie, insomma, quelli che potrebbero essere considerati errori marchiani, sono semplicemente elementi che non interessano al regista concentrato invece nella rappresentazione dell’eccesso, come detto prima. Per cui House of Gucci non è tanto un film biografico quanto una soap opera familiare, un melo che si racconta la sua storia, molto lontana dai fatti. 

Sulla base di tutto questo, House of Gucci potrebbe effettivamente essere il trionfo del trash che si ama odiare, per chi ama il genere, il classico film che si ama odiare oppure soltanto un fallimento senza appello. Questo poi dipende da gusto personale. Quello che però non è stato quasi mai sottolineato e che il film, seppure non adeguatamente sviluppata e illuminata, presenta una parabola di affermazione maschile completamente guidata dal femminile. La storia di Patrizia Reggiani che guida e manovra le scelte e i movimenti del marito per farlo effettivamente arrivare sul tetto dell’azienda è un potentissimo esempio di ribaltamento di ruoli di genere classicamente intesi il cui potenziale non è stato riconosciuto neanche dai filmmaker stessi.

House of Gucci è il trionfo dell’eccesso attraverso il quale si mette in scena, senza nessuna accuratezza storica, una storia veramente accaduta che esattamente come il film è eccessiva e sopra le righe. Sarebbe stato un ottimo materiale per una stagione di American Crime Story, se non fosse che, a dispetto dei buffi accenti con cui recitano gli attori, è tutta “roba” made in Italy.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
house-of-gucci-ridley-scottHouse of Gucci è il trionfo dell’eccesso attraverso il quale si mette in scena, senza nessuna accuratezza storica, una storia veramente accaduta che esattamente come il film è eccessiva e sopra le righe. Sarebbe stato un ottimo materiale per una stagione di American Crime Story, se non fosse che, a dispetto dei buffi accenti con cui recitano gli attori, è tutta “roba” made in Italy.