Il fico settembrino o fico tardivo nasce da un albero la cui storia gli attribuisce miti e leggende. In India e in Grecia è considerato un albero sacro con le sue foglie a pianta larga utilizzate da Adamo ed Eva per coprirsi. All’albero dei fichi è affezionata la cultura romana in quanto il cesto contenente Romolo e Remo si sarebbe arenato proprio sulle fronde di un albero di fico. Il frutto della tarda estate di Erige Sehiri utilizza il fico per la rappresentazione moderna del lavoro nei campi di questa ragazze adolescenti e donne in Tunisia.
Le protagoniste sono Malek, Fidé, Sana e Mariem: quattro ragazze adolescenti che lavorano durante l’estate in questo campo di alberi di fico. La loro giornata è scandita dai ritmi della raccolta ma Il frutto della tarda estate sottolinea alcuni tratti moderni di queste quattro adolescenti che flirtano, comandano e sognano in grande. L’albero di fico è rappresentazione metaforica della fine dell’estate, degli amori estivi che stanno per essere colti dagli alberi e dell’imminente ritorno a scuola, alla quotidianità. Il film di Erige Seheri sarà al cinema dal 23 marzo.
Il frutto della tarda estate, la recensione
Il sole non è ancora sorto ma Il frutto della tarda estate è già maturo. Malek, Fidé, Sana e Mariem insieme ad altre donne più anziane salgono su un furgone che le porterà a lavoro. Una lunga giornata a raccogliere fichi le aspetta insieme ad altri giovani ragazzi adolescenti. Il film della durata di un’ora e 30 minuti porta sul grande scherma la rappresentazione di una giornata lavorativa di questo gruppo di adolescenti che sono costretti a lavorare durante le vacanze per pagarsi da vivere. Durante questa giornata, la regista Erige Sehiri racconta anche cosa si cela dietro i loro veli, le loro paure e insicurezze che le rendono uguali a ogni altro adolescente al mondo.
Principalmente nel film vediamo una doppia rappresentazione della figura femminile. Le giovani adolescenti sono più risolute, più testarde, meno accondiscendenti e meno sottomesse. Litigano, flirtano, contrattano per ricevere il giusto pagamento dopo una giornata di lavoro. Dall’altra, invece, ci sono le donne più anziane della comunità. Loro hanno vissuto una vita diversa: lavorano senza sosta ma non rinunciano alla loro indipendenza, una volta rimaste vedove, per una società che le vorrebbe a lavorare tra le mura di casa, loro scelgono Il frutto della tarda estate.
Le dinamiche sentimentali interne a Il frutto della tarda estate si intrecciano come i rami degli alberi di fico. Marek e Abdou sono innamorati, vorrebbero iniziare a vivere la loro vita insieme ma il passato e la famiglia di lui sono il vero ostacolo. Parallelamente Sana, a differenze delle sue coetanee, non vuole abbandonare la tradizione e il mondo in cui vive e cerca in Firas, quell’amore antico, mentre lui però è evidente che cerca di distaccarsi il più possibile. Fidé invece non ha un interesse amoroso specifico però è davvero capace a dare fastidio. A differenza delle altre ragazze non indossa il velo dall’inizio del film e flirta con i ragazzi più grandi al frutteto. Le donne più anziane intonano canti verso quegli amori ormai trascorsi e anche per amori mai vissuti.
Un racconto lasciato alla terra
Il frutto della tarda estate è il primo film di Erige Sehiri alla regia. Prima di lanciarsi in questo debutto cinematografico aveva realizzato il documentario Railway Men nel 2018. In questo film di esordio la regista mette al centro le protagonisti femminili come simbolo di una nuova modernità. Il distacco generazionale con le donne più anziane è netto ed evidente. Gli sguardi delle giovani adolescenti sono dritti davanti la telecamera, sfidando il loro interlocutore, a differenze delle controparti più anziane che si rifugiano in racconti del passato.
Interessante come la narrazione di Il frutto della tarda estate sia lasciata completamente alla terra, agli spazi aperti. L’unica volta che vediamo le protagoniste all’interno è sul finale, quando lontane dagli occhi indiscreti sono libere di togliersi il velo, truccarsi, pettinarsi. Una tradizione occidentale alla quale anche le ragazze più giovani si sono ormai abituate per sentirsi libere davvero. Intonando canzoni scabrose sulle suocere, le mamme dei futuri mariti, scandendo bene le parole e promettendo di non essere come loro. Per il resto del film siamo solo concentrati sugli alberi, sui luoghi di questo frutteto che racchiuderanno per sempre la crescita, le lacrime, i primi amori di queste giovani donne. Il film si muove lento dall’alba al tramonto in quella che è la monotonia che accompagna le ultime giornate estive scandite dall’inizio impercettibile del sole che tramonta sempre un po’ prima.
Momenti di spensieratezza ma allo stesso tempo di grossa fatica e sfruttamento. A questo si aggiungono anche le liti adolescenziali per attirare le attenzioni dei ragazzi, dimenticandosi per un attimo dove si trovano e perché sono lì. Invece, lo spettatore sta a guardare assorto la raccolta di questi fichi dagli alberi, la cura con cui si dispongono nelle vaschette ricoperte dalle foglie degli alberi. Il frutto della tarda estate riesce a riunire due generazioni a confronto senza però metterle in contrasto. Gli unici contrasti sono quelli che vivono Malek, Fidé, Sana e Mariem ma appena la giornata è finita basta un po’ di musica a riportare l’allegria. Il frutto della tarda estate mette a nudo una società maschilista che però è in continua evoluzione. Sempre più giovani donne, come quelle ritratte nel film cercano di evadere e non soccombere.